A giugno dello scorso anno l'euro ha cominciato a deprezzarsi sensibilmente rispetto al dollaro. Più o meno nello stesso periodo il prezzo del petrolio cominciava a calare, anche se per il crollo vero e proprio bisognerà attendere l'autunno. Infine è arrivato l'annuncio dell'inizio del Quantitative Easing, una poderosa immissione di liquidità nell'economia da parte della Banca Centrale Europea.

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Una congiuntura molto positiva, anche se proprio da queste pagine Amedeo Panci aveva ridimensionato la portata del fenomeno, almeno per l'Italia. In ogni caso, secondo molti osservatori una congiuntura come quella attuale rappresenterebbe una manna dal cielo per il pachiderma europeo appesantito dai suoi squilibri interni. Un treno da prendere al volo, soprattutto per i paesi più in difficoltà

Oggi è possibile osservare, nella produzione industriale, una serie temporale sufficiente a delineare un trend. Come hanno reagito le economie europee in questi mesi? I paesi che abbiano isolato, Germania, Francia, Spagna e Grecia hanno marcato tutti una tendenza complessivamente in ripresa, anche se in misura e con andamenti differenti da paese a paese, in linea con la media dell'area euro. Sì, anche la Grecia.

Fa eccezione l'Italia, l'unico paese il cui dato sulla produzione industriale di febbraio 2015 (precedente all'annuncio del Quantitative Easing) risulta più basso rispetto a giugno 2014, e che non sembra beneficiare in maniera tangibile della congiuntura favorevole, alla quale potremmo al limite attribuire il merito di avere evitato guai peggiori. Un rachitismo in linea più con la storia degli ultimi anni (o decenni?) che con la retorica governativa degli ultimi mesi.