renzo piano grande

Renzo Piano è probabilmente l’architetto italiano più conosciuto a livello internazionale, da molti anni lavora e sviluppa i suoi progetti in tutto il mondo. Di origine genovese, ha sempre voluto mantenere uno dei suoi studi a Vesima, nel ponente della città. In occasione della tragedia del ponte Morandi che ha comportato 43 morti a causa del crollo di una parte del viadotto autostradale, Renzo Piano ha voluto donare alla città un'ipotesi progettuale per il rifacimento dell’infrastruttura.

La proposta è stata accolta a braccia aperte dai rappresentanti delle istituzioni genovesi e liguri, che a suon di conferenze stampa altisonanti hanno glorificato il gesto del maestro dell’architettura di fama mondiale. Senza entrare nel merito di molti aspetti che necessiterebbero più adeguate e approfondite trattazioni (disegno e caratteristiche tecniche del ponte, aspetti procedurali e di fattibilità tecnica, gestione finanziaria, rapporto con altri progetti come quello della gronda ecc. ecc.), stupisce la natura mediatica degli eventi che ha visto presente l’archistar. Da sempre grande progettista, ma anche abilissimo comunicatore, Piano ha sempre saputo parlare e far conoscere le proprie opere ad un pubblico vasto ed eterogeneo, non solo di addetti ai lavori e specialisti. Alla classe politica fa comodo il coinvolgimento di un’archistar in previsione di un ritorno d’immagine, ma il grande nome ha davvero il potere taumaturgico che molto spesso gli viene attribuito?

A prima vista si sarebbe portati a dire che la figura dell’archistar abbia riscosso un notevole successo tra le amministrazioni comunali dei più diversi colori politici e fra i più eterogenei soggetti imprenditoriali per il fatto di saper presentare, al momento giusto, progetti eclatanti, prevedibilmente di buona qualità architettonica e capaci di attrarre investitori accelerando il processo di realizzazione. Le cose stanno veramente così?

Negli anni più recenti, anche in Italia, alcune domande sono sorte sul ruolo delle archistar nell’ambito dei processi di trasformazione urbana: accelerano le procedure burocratiche? Attirano finanziamenti per la realizzazione dei progetti? Provocano un aumento dei valori immobiliari? Creano legittimazione nell’opinione pubblica e affidabilità per operazioni che altrimenti non lo avrebbero?

In realtà i progetti delle archistar variamente discussi o presentati sono molti, ma quelli che si realizzano sono in numero molto ridotto e quando ciò avviene, il progetto risulta poi molto diverso rispetto a come era stato inizialmente impostato. Talvolta accade perfino che il grande nome dello star system internazionale non sia più presente e il progetto sia affidato a un professionista locale. L’archistar è abile ad alimentare e a stimolare i dibattiti anche quando il processo si blocca o si trasforma: basta una semplice intervista giornalistica e il processo si riapre.

Se in una prima fase si credeva che l’archistar potesse velocizzare tempi e prassi burocratiche, numerose evidenze empiriche di ciò che è accaduto in numerose città italiane sembrano dimostrare il contrario. I primi anni Duemila hanno segnato, anche in Italia, una diffusione “epidemica” di progetti di archistar, ma oggi si può verificare come molti siano rimasti sulla carta, solo alcuni si sono realizzati (quasi sempre con costi molto più alti rispetto alle previsioni) e molto spesso polemiche molto accese si siano manifestate.

Alla luce di queste considerazioni, l’operazione mediatica che ha visto protagonista Renzo Piano a Genova con la sua proposta per Ponte Morandi pone interrogativi di notevole portata e di varia natura. Un conto è una proposta, un conto un progetto realizzato, non bastano presentazioni e conferenze stampa affinché avvenga una concreta realizzazione di un’opera. Le politiche pubbliche sono cose complesse, non mancano imprevisti, problemi maligni, circoli viziosi, questioni sfuggenti. Le semplificazioni non servono a nessuno, soprattutto non servono ai cittadini.