Lo strano caso della legge Quintarelli: piaceva a tutti, qualcuno non la vuole più
Innovazione e mercato
(Public Policy - stradeonline.it) C'e una legge in approvazione al Senato che slitta di settimana in settimana. Dopo una approvazione unanime alla Camera, il suo percorso nelle commissioni è stato liscio come l'olio. Poi, quando mancava un solo voto per divenire legge, qualcosa si è inceppato.
E' una legge a favore della concorrenza e della protezione dei consumatori che prevede sanzioni per eventuali danni ai consumatori derivanti da discriminazioni fatte dai produttori di telefonini e dagli operatori di telecomunicazioni. Il primo firmatario è Stefano Quintarelli, informatico con una solida reputazione sia in parlamento che, in precedenza, nell'industria.
A fine giugno, nella forma di una velina pubblicata sui quotidiani Corriere e Stampa, sono emersi dei mal di pancia di Apple che spaventavano il lettore prospettando un blocco delle vendite di iPhone in Italia. Una vera e propria fake news, denunciava dettagliatamente lo stesso Quintarelli sul suo blog. Una fake news deflagrata sui siti nostrani (ma smentita su siti specializzati esteri). Quintarelli afferma inoltre di avere chiesto delle rettifiche, che non sono state pubblicate.
Gli articoli attribuivano l'iniziativa al Movimento 5 Stelle ed una contrarietà del PD renziano. Un strana forma di contrarietà, data l'approvazione unanime alla Camera e nelle commissioni. Ancora di più se si vede che i relatori nelle commissioni sono stati tutti renziani, il relatore alla Camera è il renziano Coppola, presidente della Commissione d'inchiesta sul (cattivo) uso dell'informatica nella PA ed il relatore al Senato è il renzianissimo Margiotta, membro della direzione nazionale del PD. Già questo imporrebbe una riflessione tra politica e qualità dell'informazione dei media mainstream.
Contro la legge, oltre ad Apple, si è mossa Asstel, una parte di Confindustria che racchiude gli operatori di telefonia (che gli iPhone vendono) motivando con argomentazioni da azzeccagarbugli e contestate sempre dallo stesso Quintarelli.
Nel dettaglio, la legge, in caso di discriminazioni di traffico o di App che producano un danno ai consumatori, offre un percorso sanzionatorio semplificato rispetto alle lunghe procedure antitrust. Sebbene le sanzioni previste siano estremamente ridotte rispetto alle possibili sanzioni antitrust, è comprensibile che le aziende non gradiscano che venga meno quella che è, in molti casi, una sostanziale immunità della loro possibilità di orientare il mercato condizionando le scelte dei consumatori.
Dopo la calendarizzazione al Senato decisa a fine maggio, l'iter della legge ha subito una repentina frenata con ripetuti rinvii e una ventilata possibilità di approvazione di un emendamento qualsiasi, per modificare il testo in modo da doverlo rinviare alla Camera, consegnandolo all'oblio. Il tutto dopo un iter parlamentare sino a quel momento "trionfale - usando le parole di Quintarelli - con 56 riunioni in 13 commissioni tra Camera e Senato con oltre 500 parlamentari che hanno esaminato ed approvato il testo in 15 votazioni, quasi sempre unanimi".
E sarebbe un inspiegabile cambiamento di rotta di 180 gradi da parte del PD e del Governo rispetto al precedente "assenso e piena condivisione dei contenuti della legge". Quando si dice della rilevanza dell'interesse dei cittadini, della volontà del parlamento, della concorrenza.
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