Macerie terremoto

Ci sono i terremoti e ci sono tante altre catastrofi naturali, in Italia ne abbiamo una triste esperienza. E ad ogni evento drammatico, come questo ennesimo sisma che ha devastato un pezzo del nostro bellissimo Paese, 'riscopriamo' la fragilità del nostro patrimonio abitativo, l’inadeguatezza delle costruzioni, il pericolo che incombe su buona parte del territorio nazionale.

Tra qualche giorno, passati i primi durissimi momenti in cui la priorità assoluta è salvare vite, assicurare agli sfollati una vita dignitosa e purtroppo piangere i morti di questa immane tragedia, verrà il momento di pianificare la ricostruzione. Ma si è già aperta, nel dibattito pubblico come nelle discussioni private degli italiani, la riflessione sulla necessità di migliorare la qualità e la sicurezza delle nostre abitazioni di fronte ai grandi rischi della natura.

Per il terremoto che ha colpito Accumoli, Amatrice, Pescara del Tronto e le altre splendide e sfortunate località del centro Italia, lo Stato assumerà su di sé la responsabilità della ricostruzione. Distinguiamo però due aspetti: da un lato la ricostruzione di infrastrutture o edifici pubblici e la restaurazione (per quanto possibile) del patrimonio artistico danneggiato; dall’altro la ricostruzione degli immobili privati, sia residenziali che commerciali. A proposito di questi ultimi, bisognerebbe riflettere per il futuro su un cambio del paradigma con cui ci confrontiamo con i grandi disastri naturali. È quanto provammo a proporre nel 2009 con un focus dell’Istituto Bruno Leoni dal titolo “Un contributo di idee per il dopo-terremoto”.

Anzitutto, anziché far gestire interamente la ricostruzione allo Stato, sarebbe forse più opportuno risarcire direttamente i soggetti danneggiati, affidando loro le risorse necessarie ed evitando così che queste siano “preda” di inefficienze, ritardi, sprechi e corruttela da parte della macchina burocratica. In questo modo, lo Stato potrebbe concentrare le proprie risorse umane nel controllo degli standard di qualità di ciò che viene costruito, ricostruito o riparato. Bisognerebbe cioè affidare direttamente nelle mani delle persone e non della burocrazia le risorse, in termini di risarcimento (per la ricostruzione o, in alcuni casi, per un diverso impiego, in quelle situazioni in cui è oggettivamente impossibile ripristinare gli immobili perduti).

Più in generale, superata la comprensibile emozione di questi giorni, sarebbe auspicabile che l’Italia inaugurasse un dibattito lucido e pragmatico. Sempre sul tema delle case e degli immobili privati, siamo oggetto di un grande azzardo morale: sia per l’adeguamento anti-sismico degli immobili che per la stessa presenza di edifici in zone a rischio endemico (caratterizzate da dissesto idrogeologico o da pericoli ancora maggiori, pensiamo alle falde del Vesuvio), c’è una bassa propensione alla prevenzione.

Forse consideriamo in fondo remota la possibilità di essere “proprio noi” vittime di una catastrofe, o forse semplicemente siamo abituati a pensare che spetti comunque allo Stato ripagare, con un finanziamento a piè di lista. Non è un ragionamento peregrino, vista la quantità di tasse che paghiamo. Purtroppo, questo ci fa cadere collettivamente in una trappola, perché i costi della ricostruzione sono enormemente maggiori di quelli della prevenzione.

Nel richiamato focus IBL, l'elemento di riflessione era: e se la soluzione fosse l’introduzione di una “RC Casa”, un’assicurazione obbligatoria sulla casa che copra – tra gli altri rischi – anche quelli dei grandi disastri naturali? L’ipotesi della “RC Casa” non è esente da problemi e importanti caveat: la necessità di un intervento pubblico non scomparirebbe, si dovrebbe accettare una quota di redistribuzione del rischio tra diverse aree del Paese e prevederebbe una franchigia a carico del privato, si rischierebbe di rendere proibitivo abitare in alcune zone dell'Italia ad alto rischio sismico o di altro genere.

Per un approfondimento di questa ed altre questioni, si rimanda al focus. Il vero vantaggio di una “RC Casa”, comunque, sarebbe l’impulso alla riduzione dell’azzardo morale, attraverso l’intervento di un soggetto terzo come le assicurazioni private, che, per proprio interesse, spingerebbe gli assicurati a comportamenti responsabili tesi a contenere gli effetti della calamità. Anzitutto, adeguare la propria abitazione ai migliori standard anti-sismici significherebbe ridurre l'entità del premio da pagare.

Certo, la principale obiezione a una soluzione di questo tipo è di natura fiscale: come d’altronde accade per la RC Auto, l’assicurazione obbligatoria sulla casa sarebbe di fatto una forma di tassazione aggiuntiva, oggi insostenibile. Tutto cambierebbe se lo Stato scegliesse una via coraggiosa: rendere tale "RC Casa" completamente detraibile dalle tasse. Già si parla della necessità di investire decine di miliardi l’anno per i prossimi decenni per mettere in sicurezza il Paese: sarebbe molto più saggio farlo fare direttamente ai cittadini, responsabilizzandoli senza aggiungere ulteriori gravami.