"Siamo di peso al mondo, a stento ci bastano le risorse, e maggiori sono i nostri bisogni, più alti sono i nostri lamenti, poiché la natura già non è più in grado di sostenerci. In effetti le pestilenze, le carestie, le guerre e la rovina delle civiltà sono un giusto rimedio, uno sfoltimento del genere umano arrogante". Tertulliano, che scrisse questa frase nel più celebre dei suoi trattati, il De Anima, visse a Roma all'epoca degli imperatori Settimio Severo e Caracalla.

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Eppure, nonostante i quasi 2000 anni trascorsi e le innumerevoli evidenze contrarie (no, non siamo ancora estinti, sarà tempo di prenderne atto), la teoria secondo la quale la quantità di risorse disponibili sia immutabile e il mondo sia in pericolo a causa dell' ingordigia del genere umano continua a fare proseliti.

Non solo tra i "decrescisti" più ossessionati, tipo Serge Latouche. Proprio l'altro ieri, nel salutare dalle pagine del Corrierone la presentazione della cosiddetta Carta di Milano, che nelle intenzioni degli estensori dovrebbe costituire l'eredità più pesante dell'Expo2015, la presidenta Boldrini ha ribadito, a grandi linee, lo stesso concetto: "Ottocento milioni di persone patiscono la fame cronica, due miliardi sono affette da malnutrizione, altri due miliardi sono in sovrappeso. E ancora: ogni anno va sprecato un terzo della produzione alimentare globale, circa 1,3 milioni di tonnellate, una quantità che sarebbe sufficiente a nutrire chi è affamato".

Cifre reali, senza dubbio, e sconvolgenti, ma che andrebbero inserite nella corretta prospettiva storica per comprenderne la portata. Il mondo al quale la Boldrini fa riferimento non è più quello di Tertulliano, e nemmeno quello di 60 anni fa. Anzi, proprio sessant'anni fa, negli anni 50, a soffrire la fame non erano 800 milioni di persone, ma un miliardo e mezzo, su una popolazione globale di due miliardi e mezzo di persone. E, attenzione, questo non vuol dire che oggi abbiano accesso al cibo 700 milioni di persone più di prima, come sarebbe lecito ritenere. No, perché nel frattempo la popolazione della Terra ha superato quota 7 miliardi. Sono più di sei miliardi di persone, quindi, quelle che oggi il nostro pianeta è in grado di sfamare, mentre le disuguaglianze tra ricchi e poveri si vanno sempre di più riducendo.

I dati che la Boldrini, come anche Salvatore Veca e la fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che hanno curato la redazione della Carta di Milano, vorrebbero usare per dimostrare l'insostenibilità di un modello di sviluppo fondato sull'innovazione tecnologica e sul libero mercato, dimostrano proprio l'esatto contrario. Il mondo della "sovranità alimentare" a cui la Carta fa riferimento come prospettiva auspicabile per i popoli della Terra, è proprio quello che grazie al cielo ci siamo lasciati alle spalle e da cui oggi anche i paesi più poveri stanno faticosamente riuscendo a uscire, in cui ogni regione del pianeta doveva fare affidamento, per il sostentamento dei suoi abitanti, del poco che riusciva a produrre.

Un concetto, proiettato nella realtà di oggi, che assume le sembianze, queste sì "insostenibili", di un paternalismo protezionista in un Occidente ricco e spaventato dalla crescita dei paesi in via di sviluppo. La prossima volta che vorremo scolpire un testo memorabile in tema di alimentazione e sviluppo, proviamo ad affidarne la redazione a un'istituzione scientifica, piuttosto che a un filosofo marxista e a una fondazione intitolata alla memoria di un discutibile personaggio dell'antagonismo violento degli anni sessanta.

Se volete avere un'idea di come sia cambiato il mondo, e di come sia cambiato indiscutibilmente in meglio, provate a giocare con l'infografica interattiva a questa pagina. Sull'asse delle ascisse il reddito pro-capite, su quella delle ordinate l'aspettativa di vita. E' un passatempo utile, in attesa dell'inaugurazione di Expo2015.