Grazie agli interessi percepiti dallo Stato sui Monti bond, il prestito statale a Mps, l'Italia ha rispettato nel 2013 il 3 per cento del rapporto deficit/Pil. Conclusione positiva e paradossale (assente sulla stampa, ovviamente) di un dibattito brutale sui "soldi regalati alle banche".

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Come nel mito della caverna raccontato da Platone, così nel dibattito pubblico attuale siamo spesso influenzati dalle ombre distorte lungo la parete, finiamo per considerarle oggetti e soggetti concreti e rifiutiamo la realtà. C'è una vicenda, non banale, che oggi racconta meglio di altre perché l'Italia politica di oggi vive in una caverna.

Ricordate la vicenda dei Monti bond, le obbligazioni emesse dal Monte Paschi di Siena e acquistate dallo Stato italiano come misura di sostegno all'istituto finanziario? A fine 2012 e inizio 2013, nel pieno della campagna elettorale per il rinnovo del parlamento, imperversava la tesi dell'equivalenza tra prestito a Mps e gettito annuale dell'Imu sull'abitazione principale: circa 4 miliardi di euro. Non solo dal M5S, ma soprattutto dalle fila del centrodestra berlusconiano si levavano voci contro il governo Monti "per aver regalato alle banche i soldi della prima casa".

Difficile spiegare alla folla inferocita che una cosa è un prestito e un'altra è il gettito annuale di un'imposta; complicatissimo, nei tempi brevi concessi da una campagna elettorale, addentrarsi nelle differenze sostanziali tra i vecchi Tremonti bond e i Monti bond, i primi molto generosi con le banche e i secondi invece più severi e rigorosi.

Soffermiamoci sulla differenza tra i due strumenti. I Tremonti bond avevano un'interesse minore rispetto ai titoli disciplinato dall'esecutivo Monti, prevedevano il pagamento degli interessi da parte della banca solo in presenza di utili distribuiti (questo sì era un regalo, ampiamente sfruttato dal Mps nel 2011), erano rinnovabili senza limiti e potevano essere convertiti in azioni per lo Stato creditore soltanto su richiesta della banca.

I Monti bond hanno invece un tasso di interesse più alto, che aumenta col passare del tempo fino a diventare un tasso proibitivo, per indurre il debitore ad un rapido rimborso; nel caso di mancata distribuzione di utili, la banca è costretta a corrispondere gli interessi in azioni, mentre nell'eventualità del mancato rimborso dei bond, il loro valore viene cambiato in azioni della banca stessa, con o senza il suo consenso. Insomma, atteso che la concessione di un credito agevolato concesso dallo Stato alle banche è pur sempre una forma discutibile di intervento pubblico nell'economia, i Monti bond superavano di gran lunga i rischi di moral hazard insiti nei Tremonti bond. Ma in campagna elettorale erano proprio i sodali di Tremonti a gridare allo scandalo contro l'esecutivo tecnico.

Veniamo ora all'attualità. Una notizia dei giorni scorsi è la diffusione delle cifre sugli interessi che Montepaschi dovrà corrispondere allo Stato italiano: 554 milioni. Si arriva a questo conto salato sommando 329 milioni di euro di interessi maturati nel 2013 sui 4,1 miliardi di titoli utilizzati dalla banca per irrobustire il proprio capitale, più i 135 milioni di euro maturati fino a giugno sui 3 miliardi che l'istituto rimborserà con l'aumento di capitale di giugno da 5 miliardi, più ulteriori 90 milioni di "extracosti" derivanti dal maggior prezzo al quale la Fondazione Mps venderà le proprie azioni ai nuovi soci sudamericani di Finteci e Btg Pactual (il regolamento dei Monti bond prevede che, in caso di cessione di un pacchetto di titoli a un prezzo superiore rispetto a quello sottostante al valore di emissione dei nuovi bond, ci sia un aggiustamento del valore nominale su cui viene calcolato il coupon). Insomma, l'operazione di sostegno alla banca senese sta fruttando risorse all'erario, così come peraltro avviene con tutti i titoli sottoscritti dallo Stato per supportare le istituzioni finanziarie private.

Eurostat pubblica annualmente e per tutti i paesi membri i dati relativi ai profitti netti (gli interessi attivi al netto di quelli passivi) relativi a queste attività di sostegno pubblico del settore finanziario: il confronto tra l'Italia e i principali paesi europei offre spunti importanti. Anzitutto, fino al 2013 incluso, il valore pro capite del sostegno italiano alle istituzioni finanziarie è di gran lunga inferiore a quello di Germania e Regno Unito, ma anche di paesi più piccoli.

Sui tassi d'interesse c'è poi la vera sorpresa: nell'ultimo anno per cui abbiamo informazioni complete, il 2012, i proventi da interessi sulle attività delle banche in difficoltà sono stati per lo Stato italiano di circa 710 milioni di euro, a fronte di 106 milioni di interessi passivi impiegati per la raccolta dei fondi prestati alle banche (risultato netto: + 606 milioni); nel 2013, in assenza finora di dati sugli interessi passivi (presumibilmente non lontane da quelle del 2012, si registrano entrate per 716 milioni di euro.

Queste maggiori entrate per lo Stato hanno concorso (e in tal senso Eurostat le tratta) al rispetto del limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. A parità di altre condizioni, cioè senza considerare gli effetti sistemici che un eventuale diniego del prestito statale a Mps avrebbe prodotto, si può affermare che senza questo "investimento" statale, l'Italia avrebbe sforato nel 2012 e nel 2013 il parametro del 3%, rispettato invece al pelo.

Ebbene, avete forse letto commenti e analisi su questa vicenda? Si è per caso concesso a queste cifre un decimo del tempo occupato mesi fa dalla polemica elettorale sul prestito a Mps? No, assolutamente no: si parla invece di complotti internazionali orditi alle spalle dell'Italia, di Bilderberg, di tecnocrati servi delle banche e di cose simili. Oltre la caverna, nel mondo reale, ci sarebbe da fare un dibattito rigoroso sull'assetto del sistema italiano del credito, sul grado di concorrenza e di solidità delle istituzioni finanziarie private, sulla governance partitocratrica delle fondazioni bancarie, sul ruolo ridotto giocato in Italia dal private equità e dal venture capital. Ma nella caverna chi prova a convincere gli altri con temi e argomenti concreti non viene ascoltato, nella migliore delle ipotesi. Molto più spesso, viene sbeffeggiato.

Si ringrazia Valerio Polidori per la segnalazione della notizia.

@piercamillo