logo editorialeComprensibilmente, oggi a prevalere è la dimensione "soggettiva" del fenomeno renziano e della sua ascesa al potere: l'entusiasmo giovanile, l'esibizione di una normalità arciprovinciale ("ma che scorta, son di Rignano...") e quindi ruffianamente arcitaliana, la fiducia sfrontata di chi, come direbbe il Cav., sente di avere il sole in tasca e di potere così illuminare un cammino che altri vedono oscuro e periglioso. Sbaglierebbe però chi vedesse in questo tratto qualcosa di superficiale e effimero.

Le leadership politiche sono anche un fatto di personalità e di "fisico". Il carisma, che nelle società della comunicazione assume più la forma orizzontale e persuasiva della simpatia che quella verticale e trascinante della forza, è una cosa politicamente seria e non è solo immagine. Mobilità energie, risveglia passioni, disordina e quindi ravviva la dialettica delle idee. I personaggi di quello che Berlusconi chiama spregiativamente il "teatrino della politica", essendone il principale interprete nonché impresario, non sono "maschere" sempre uguali a se stesse come quelle della commedia dell'arte. Sono tutti - i maggiori come i minori - rappresentazioni dello spirito del tempo, sono tutti, a loro modo, autobiografie della nazione. Quello che con la leadership di Renzi irrompe è certamente un tempo nuovo, che non ha però ancora dimostrato di essere migliore.

Sul questo piano "soggettivo" Renzi ha vinto la partita con Letta prima ancora di giocarla e spera di schiantare gli avversari esterni e interni, costringendoli ad inseguirlo lungo una strada, di cui intende inventare giorno per giorno la direzione, in un rapporto diretto e quindi anche sorprendente con l'opinione pubblica e con i suoi sentimenti. La luna di miele di Renzi con gli italiani, peraltro, non è una conseguenza, ma una causa della sua decisione di soppiantare Letta e dell'abiura del giuramento "mai a Palazzo Chigi senza passare dal voto".

Però il piano "oggettivo" non scompare, né si dissolve. E su questo piano Renzi va veloce, ma non sembra sapere dove va e neppure dove vuole andare. Il toto-ministri del suo esecutivo è la rappresentazione perfetta del tutto e del nulla della sua idea di governo. Da Montezemolo a Gino Strada, passando per Moretti e Epifani (ma Ichino, no), strizzando l'occhio a Della Valle e a Landini. Una sorta di concentrato di "grandi intese" politico-sociali, di supergoverno trasversale di celebrità, un album Panini dove uomini di mondo e uomini di potere fanno bella mostra di sé, uno accanto all'altro.

È evidente che Renzi ha tante rogne, ma un unico vero problema politico: come negoziare a Bruxelles condizioni diverse sul fronte del cosiddetto rigore finanziario e come negoziare a Roma le riforme necessarie per persuadere i guardiani dell'eurozona di non trovarsi dinanzi all'ennesimo "prendi i soldi e scappa" della politica italiana. Sono due negoziati durissimi, che ruotano attorno a soldi e interessi veri, al modo di funzionare dell'Ue, ma soprattutto al modo di non funzionare dell'Italia. È questa la vera sfida di consenso che attende Renzi e a vincerla non gli serve un governo da copertina, ma un'idea chiara e un preventivo realistico dei ricavi e dei costi dell'operazione. Di politici italiani "simpatici" che non se la sentivano di fare cose troppo "antipatiche" in Europa ne hanno già seppellito un altro, con una risata.