Può essere considerato ormai un "grande classico" della politica italiana: come se la legge elettorale attualmente vigente non fosse stata approvata in Parlamento qualche anno fa, ma concepita in un oscuro laboratorio alieno e precipitata sulla Terra, tutti i maggiori partiti si scagliano ciclicamente, ogni tre/quattro mesi, contro l'abominevole Porcellum di Calderoli, sospirano pensando alle virtuose norme utilizzate presso le altre democrazie occidentali, ne sperimentano ibridazioni più o meno inquietanti, istituiscono tavoli , danno mandato ad alcuni loro rappresentanti di rilasciare interviste indignate, ma sempre promettono che entro poco tempo gli italiani "torneranno finalmente a scegliere i loro rappresentanti", e che se finora non ci si è riusciti è colpa degli altri.

Si replica in questi giorni. In Senato, il Pd - mentre il suo probabile prossimo segretario annuncia di svelare a breve la "sua" riforma - ha presentato in commissione Affari costituzionali un ordine del giorno, sostenuto anche da Scelta civica e da Sel, a favore dell'istituzione del "doppio turno di coalizione"; il Pdl e il Movimento Cinque Stelle lo hanno affossato: 11 voti a favore (Pd, Sc e Sel), 10 contrari (Pdl e Lega) e l'astensione dei cinque stelle (che al Senato, come si sa, vale voto contrario). 

Nulla di sorprendente e nulla di nuovo. Per i leader di partito, una legge che permette di fatto di scegliersi personalmente i propri deputati e senatori (ovvero "la fedeltà premiata") è una benedizione. E lo è a maggior ragione per i partiti a trazione carismatica, che siano di Berlusconi o di Grillo e Casaleggio. E se il premio di maggioranza abnorme, assegnato senza alcun criterio, promette anche a coalizioni rabberciate 'o miracolo della governabilità, i premi regionali al Senato permettono ai perdenti di consolarsi con la speranza che chi vincerà non avrà vinto.

Ma soprattutto appare chiaro ormai come il dibattito sulla legge elettorale si stia trasformando in un diversivo, uno dei tanti, con cui le forze politiche sperano di "buttare in caciara" qualunque discorso serio, e perciò impegnativo e a lungo termine, sul futuro della democrazia italiana.

Intendiamoci: che il Porcellum sia osceno è fuori di dubbio. Ma che basti cancellarlo con un colpo di spugna per trasformare d'incanto il sistema politico italiano in un esempio di efficienza e di virtù, è assai discutibile. Pensare di cambiare la legge elettorale a valle senza rivedere a monte, e in coerenza, l'intero assetto istituzionale è esattamente la ragione del disastro attuale. E pensare di farlo senza capire, o fingendo di non capire, che nessuna legge potrà mai imporre alle forze politiche regole che possono darsi esclusivamente da sole, non migliora certo le cose.

Finché, dei due maggiori partiti italiani, uno persevererà nello sfornare primarie ogni sei mesi e ogni volta con regole diverse, e l'altro continuerà a oscillare davanti ai capricci del Re Sole, non servirebbe forse nemmeno la migliore delle riforme. Figuriamoci l'ennesimo pasticcio al ribasso.