logo editorialeUn'occasione sciupata per la Rai e per il "servizio pubblico", qualunque cosa questo concetto ormai significhi. La fiction sulla vita e le opere di Adriano Olivetti, andata in onda in due puntate lunedì e ieri sera, avrà anche avuto un buon successo di pubblico (oltre 6 milioni di telespettatori per la prima puntata, quasi il 23% di share), ma non ha offerto suggestioni profonde, né ha reso seducente l'aspetto più importante della vicenda di Olivetti: l'imprenditore-gentiluomo artefice del futuro, in un'Italia frizzante e affamata di benessere e innovazione.

La storia appare oltremodo romanzata, i personaggi sono stereotipati (Adriano il santo, il concorrente cattivo, il collaboratore arrivista, il collaboratore buono e il complotto degli americani) e l'intera rappresentazione finisce per danneggiare l'icona di Olivetti, banalizzandola. Chi scrive non è un esperto cinematografico, ma da spettatori medi non si può fare a meno di notare che ormai esiste in Italia una "burocrazia delle fiction": il buon Luca Zingaretti é buono per tutte le stagioni (da Perlasca a Montalbano, da Borsellino al sergente Saverio di Cefalonia) e si alterna ormai a Beppe Fiorello; colori, luci, fotografia, suoni e riprese sono sempre gli stessi, stantii e soporiferi. La sensazione é che ormai la produzione non punti a creare un mercato per il suo prodotto, ma si limiti a fornire ad un pubblico ormai vecchio e pigro la sua dose quotidiana di storielle buoniste.

Quanti ventenni sono stati ammaliati dalla rappresentazione di Olivetti? Quanti avranno concluso la serata sognando di costruire una nuova Lettera 22 o di lavorare nel team di ingegneri che alle dipendenze di Olivetti realizzò il primo calcolatore elettronico? Pochi, perché una fiction come quella andata in onda ieri e l'altro ieri non ne avrà catturati molti di spettatori giovani. La Rai servizio pubblico questa volta ha fallito il suo intento (se esiste) pedagogico, la Rai operatore di mercato sta pericolosamente rinunciando al pubblico del futuro.

Adriano Olivetti era uno Steve Jobs degli Anni Cinquanta, è vero quel che si è detto presentando l'opera televisiva. Dati alla mano, l'Italia dei primi venti anni del Dopoguerra è stata più "californiana" di qualsiasi altro Paese europeo. In un tempo di crisi come quello attuale, quanto sarebbe utile ricostruire un immaginario seducente e stimolante, da proporre agli "spiriti animali" nostrani e da esportare nel mondo, per soppiantare il bunga-bunga e simili miserie! "Adriano Olivetti - La forza di un sogno" non servirà purtroppo allo scopo.

  • PS. Mentre ieri sera riflettevo su tutto ciò, dopo la seconda puntata della fiction, è iniziata una puntata di Porta a Porta dedicata all'aumento delle separazioni e dei divorzi.

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