Ogni romano, dicono i dati, dona ad ATAC un'ora e mezzo della propria giornata. Il ritratto sconfortante di una città immobile e congestionata, il cui servizio di trasporto pubblico locale batte tutti i record negativi d'Europa. 

 

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«Vuoi un consiglio? Portati dietro le scarpe da ginnastica». Così, 15 anni fa, la collega più cool e ben informata, romana de' Roma, mi ha accolto in ufficio. Con una massima sulla vita urbana tutta per me: nata, cresciuta e laureata in provincia. E con la mentalità delle fresche frasche (ndr: delle campagne a nord della Capitale) accolsi il suggerimento: «Che fissazione!».

E invece no. Aveva ragione lei. La stra-cittadina, quella per cui Monteverde Nuovo è periferia, la tipa che i tacchi se li porta appresso e li infila in bagno prima di entrare nella sala riunioni. Perché a Roma, se vuoi arrivare in tempo, devi comportarti come nella savana: mettiti a correre.

Lo diceva la collega e lo conferma l'indice per la mobilità pubblica di Moovit, l'applicazione che traccia i mezzi pubblici e informa gli utenti sui tempi di arrivo. Attraverso le informazioni raccolte sull'andamento del trasporto pubblico locale, Moovit aiuta anche a scoprire come gli abitanti di un'area urbana si muovo ogni giorno con i mezzi pubblici e permette di comparare le informazioni ottenute con quelle provenienti da altre città. Ebbene, secondo l'indice le persone aspettano sotto la gialla palina di Atac in media 20 minuti. Non solo: oltre il 39% degli utenti se ne sta là per un tempo ancora più lungo. E se il milanese imbruttito attende soltanto 11 minuti, nel resto d'Europa nessuno invecchia sotto la pensilina come a Roma: 11 minuti di attesa sono calcolati a Madrid, 12 a Parigi, 14 a Lisbona, 13 a Londra e 10 a Berlino. La metà. Persino agli ateniesi va meglio che ai romani: 18 minuti. Qualche dato per confortare chi scende in strada e prova ad avvistare un autobus in lontananza? Bogotà e Los Angeles. Due città congestionate dove gli abitanti della condividono la pazienza dei romani.

Non solo, però, il romano aspetta. Per arrivare al lavoro compie anche percorsi arditi. Il 74% degli utenti del trasporto pubblico, infatti, effettua almeno un cambio. Ossia: attende due mezzi distinti per compiere un solo viaggio. Il 29% delle persone che attraversano Roma compiono addirittura due interscambi per approdare alla meta. E per raggiungerla – con fatica - ci mettono in media 79 minuti. In altre parole: ogni romano dona ad Atac circa un'ora e mezza della propria giornata. Un obolo fatto di tempo e di vita. Una vera Odissea Quotidiana, per dirla con il nome del blog che un gruppo di utenti ha deciso di curare dal 2012 per raccontare il disagio circolante sui mezzi pubblici capitolini.

Gli autori per fare il punto sull'andamento del tpl redigono la sintesi di ogni settimana in cui raccontano di guasti, inefficienze, difficoltà. Un esempio: i sette giorni dal 22 al 28 ottobre scorsi. Martedì: blocco della Metro C, alle 07.40 di mattina, per un guasto tecnico. Nella stessa giornata, la sera, le scale mobili della fermata Repubblica della Metro A cedono al passaggio dei tifosi del Cska di Mosca. Bilancio: 24 i feriti, alcuni gravi. Il giovedì, invece, tocca alla Metro B: si ferma, in entrambe le direzioni, dalle 09.20 alle 10.00, a causa di un blackout elettrico. Finita qua. No. Il giorno successivo: lo sciopero generale. Attenzione, però, scrivono gli autori del blog: fino alla mezzanotte di domenica c'è sempre tempo per un flambus.

E se un blog non è una fonte ufficiale da cui trarre informazioni, il romano medio, armato di scarpe comode e pazienza, può trarre le proprie conclusioni attingendo al rapporto Ecosistema Urbano sulle performance ambientali delle città, pubblicato a fine ottobre e redatto da Legambiente con la collaborazione scientifica dell'istituto di ricerche Ambiente Italia e quella editoriale de Il Sole 24 Ore. Lo studio dedica un approfondimento proprio al tema del trasporto pubblico e traccia lo stile di mobilità delle capitali europee in base ai mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti casa-lavoro. In 17 delle 31 città analizzate meno della metà degli abitanti, scrivono i ricercatori, si serve della macchina privata come veicolo principale. Si guida pochissimo a Copenaghen, Parigi, Budapest, Amsterdam, Vienna, Helsinki, Stoccolma, Oslo. Al contrario a Roma prevale l'uso dell'automobile con la quale avvengono oltre il 50% degli spostamenti. Inoltre, qui, si pedala pochissimo.

Sul fronte Italia, invece, tra le città con il maggior numero di spostamenti col tpl, a piedi e in bicicletta, nelle quali oltre il 50% dei viaggi urbani avviene su bus, tram, camminando o pedalando, ci sono Bolzano, Pisa, Firenze, Milano, Torino, Bologna, Venezia. Ma non Roma. La quale però conquista un posto in classifica. Quella delle 20 città più congestionate d'Europa con tempi di percorrenza più lunghi del 40% rispetto a quella che potrebbe essere la durata dei tragitti in condizioni di traffico normali. O, in altri termini, con un sistema di trasporto pubblico adeguato. I problemi sono finiti? No, ci rimettiamo anche in termini di salute. A causa dell'inefficienza e della poca affidabilità del trasporto pubblico la città è un grande garage. Qui circolano più di 600 auto ogni 1000 abitanti. A Londra, per dire, 350.

E se la responsabilità non è solo di Atac, ma della mancanza di progettualità e di infrastrutture, da mesi ormai la città attende il PUMS, il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Alla ideazione delle proposte hanno partecipato anche i cittadini con una consultazione pubblica online attraverso al quale hanno anche selezionato le idee più convincenti e urgenti. La risposta potrebbe essere sintetizzata così: metro, metro, metro. E - non secondario – piste ciclabili.

Se, però, i dati non bastassero a motivare verso il cambiamento, una piccola storia. La collega con le scarpe da ginnastica nello zaino si è trasferita, se ne è andata da Roma. Io ci sono rimasta: lavoro da freelance, sono diventata mamma, non mi spostavo più negli orari di punta finché mio figlio non è cresciuto e la mattina lo accompagno a scuola. A piedi, rigorosamente a piedi. Che in venti minuti d'attesa il quartiere, belli miei, l'abbiamo lastricato tutto.