Netanyahu Smotric Ben Gvir

Quanti – me compreso – pensano che sia troppo presto per riconoscere uno stato palestinese e che questa scelta, per nobili o ignobili che ne siano le motivazioni, rischia di apparire solo un’equivoca e inutile dichiarazione di principio, hanno, a maggiore ragione, la responsabilità di evitare che prevalga chi ritiene che per uno stato palestinese sia ormai troppo tardi e che quindi si giustifichi, anzi si imponga il “dal fiume al mare” della Grande Israele, con la segregazione o la deportazione di milioni di arabi.

Non si può (come fanno le piazze e le flottiglie pro Pal) parlare di Gaza e mobilitarsi per Gaza a prescindere da Hamas, come se la guerra in corso e tutte le sue vittime fossero esclusiva responsabilità del Governo Netanyahu e “liberare la Palestina” non significasse in primo luogo liberare milioni di palestinesi da un destino di martiri della guerra santa contro gli ebrei.

Per le medesime ragioni – che non sono solo di verità, ma di serietà politica – non si può continuare a parlare del 7 ottobre e del diritto all’autodifesa di Israele facendo finta di non vedere che la guerra di Gaza oggi non è affatto finalizzata alla liberazione degli ostaggi e al disarmo di Hamas, ma alla trasformazione di Israele in un regime a immagine e somiglianza dei peggiori pregiudizi della propaganda antisionista.

Ci sono molte ragioni per sperare che la società di Israele abbia la forza di scongiurare questa deriva ed è un motivo in più per ritenere dannose e non propizie le fughe in avanti sul riconoscimento della Palestina, che mettono in primo luogo in difficoltà l’opposizione israeliana.

Non c’è più nessuna ragione, invece, per pensare che la difesa di Israele e dello stato ebraico imponga comunque di parteggiare per il Governo Netanyahu e per il suo progetto di fare del sionismo e dell’ideale nazionale ebraico qualcosa di molto simile a ciò che il fascismo fece del risorgimento italiano. Per chiunque voglia faticosamente lavorare per una soluzione di diritto e di libertà al conflitto israelo-palestinese, il problema non è scegliere tra Hamas e il Governo Netanyahu, ma propiziare un'alternativa ad entrambi.

E visto che né nella Striscia nè in Cisgiordania esiste nulla di paragonabile alla maturità e alla vitalità politica della società israeliana, nè esistono condizioni di diritto e di libertà - che in Israele esistono e resistono – perchè questa alternativa possa essere suscitata e sottratta al ricatto del "mors tua, vita mea" e dell'indottrinamento jihadista, la resistenza di Israele sia alla necrofilia di Hamas, sia al clerico-fascismo del Governo Netanyahu è l'unica seria polizza sulla vita e sulla libertà di tutti, arabi e ebrei, nel presente e per il futuro.