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C’è un confine sottile, ma decisivo, tra la ragionevolezza delle norme penali e il rischio di deresponsabilizzazione diffusa. E la Corte costituzionale, con la sentenza n. 105 del 2025, lo ha tracciato con fermezza: il reato di imbrattamento di cose altrui non è in contrasto con la Carta.

Il Tribunale di Firenze aveva rimesso alla Consulta una questione che, nella forma, sembrava tecnica, ma nella sostanza toccava un nervo scoperto della nostra convivenza civile: è proporzionato punire penalmente l’imbrattamento – anche quello apparentemente “minore” – in un’epoca in cui il danneggiamento semplice è stato depenalizzato? La Corte ha risposto che sì, lo è. E lo ha fatto rifacendosi non solo a un principio giuridico, ma anche a una scelta di politica legislativa che non può essere sindacata dal giudice delle leggi se non nei casi di manifesta irragionevolezza. Non è questo il caso.

Nel contesto urbano, l’imbrattamento – sottolineano i giudici costituzionali – non offende solo la proprietà privata ma incide su un interesse collettivo: quello alla vivibilità e al decoro delle città. Lo sfregio a un muro condominiale, un graffito non autorizzato o un getto di materiale organico contro una facciata non sono atti neutri, ma episodi che, sommati, concorrono al degrado e al senso di impunità. La risposta penale, anche minima, diventa allora uno strumento di presidio simbolico della legalità.

La Corte ha anche ricordato che il legislatore – nel recente d.l. n. 48/2025, convertito con modificazioni dalla legge 9.6.2025, n. 80 – ha rafforzato proprio questa linea, introducendo una nuova figura di reato di deturpamento che mira a colpire condotte seriali e reiterate, segno di un disagio che non può trovare soluzione nella semplice archiviazione giuridica.

Questa pronuncia non può che essere accolta con favore. In un momento storico in cui si tenta di sminuire ogni forma di offesa al patrimonio, la Corte riafferma un principio fondamentale: lo spazio urbano è un bene comune, e la sua tutela passa anche dalla repressione degli atti di imbrattamento. Bene ha fatto il legislatore a irrigidire il trattamento punitivo. E bene ha fatto la Consulta a riconoscerne la piena legittimità costituzionale.