Lo Stato di dritto spiegato al Governo italiano, a partire dai balneari
Diritto e libertà
Le spiagge sono una risorsa "sicuramente scarsa", ha precisato il Consiglio di Stato la settimana scorsa. In senso economico, ma anche fisico. Lo sapevamo tutti, tranne il Governo.
C’è voluta di nuovo, così, la suprema magistratura amministrativa a ribadire che la scadenza delle concessioni balneari, già decretata al 31 dicembre 2023, deve essere rispettata.
Rigettando il ricorso presentato dai proprietari di uno stabilimento di Rapallo - i Bagni San Michele – il Consiglio di Stato ha così sottolineato che i Comuni non devono applicare la legge che concede la proroga delle concessioni: "La disposizione introdotta dalla legge n. 14 del 2023" - si legge nella sentenza - "dovrebbe e deve essere essa stessa disapplicata".
"Dando applicazione alla sentenza della Corte di Giustizia Ue" - ha proseguito la Corte - “si deve dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale".
Scontate le reazioni della maggioranza di Governo.
"Il Consiglio di Stato ha qualche problema con le misure, sia delle coste italiane che delle proprie competenze. Esiste una legge dello Stato che proroga al 31 dicembre 2024 le concessioni balneari e, dato che il potere legislativo spetta al Parlamento, la magistratura deve far rispettare quella legge, non boicottarla", ha affermato il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega.
Una presa di posizione che ci offre un’occasione ghiotta per ricordare al Governo che cos’è lo Stato di diritto.
Nella originaria veste di rule of law, il principio di legalità e supremazia della legge ha fatto la sua comparsa in epoca moderna sul suolo britannico, per arginare lo strapotere del regnante sui propri sudditi e limitarne l’arbitrio.
Tradizionalmente, nella sua originaria versione, il principio di legalità è stato così riferito specificamente al potere esecutivo e la rule of law è stata la più autorevole alleata dei parlamenti nella loro lotta per concorrere nell’esercizio della sovranità all’interno di un dato territorio.
Una delle definizioni più chiare della rule of law nella sua versione originaria la si deve a Frederich Von Hayek: «messe da parte le questioni tecniche, rule of law significa che il governo in tutte le sue azioni è vincolato da norme stabilite e annunciate in anticipo: norme che rendono possibile stabilire con ragionevole certezza in che modo l’autorità userà i suoi poteri coercitivi in determinate circostanze, e che rendono possibile agli individui programmare i propri affari sulla base di tale conoscenza» (F.A.HAYEK, La via della schiavitù, 1944, Milano, Rusconi, 2007, p. 123).
Una società organizzata sub legem e non più sub hominem è una società che si è sognata libera, fino a che anche le leggi non si sono dimostrate efficace strumento di prevaricazione per la tirannia della maggioranza.
E qui veniamo al punto: nell’epoca contemporanea, la legge ha dimostrato di non poter avere sempre ragione. E l’ha dimostrato con tragica e funesta concretezza, con i soviet, le corporazioni, i partiti unici, le leggi razziali, gli editti del Duce, del Führer e di altri ispirati interpreti di quella che puntualmente è stata spacciata come vera volontà dei popoli.
Ci sono volute sofferenze e misfatti indicibili per capire che la legge stessa andava domata e giustiziata. Occorreva innanzitutto premunirsi contro le stesse maggioranze politiche, che, pur democraticamente elette, con leggi votate dal parlamento avrebbero potuto pregiudicare i diritti fondamentali dei cittadini e sconvolgere l’assetto della separazione dei poteri.
Lo avevano ben previsto i Padri Fondatori americani, che temevano moltissimo la “dittatura della maggioranza”, consapevoli che una società, come quella americana rivoluzionaria, potesse esprimere dal suo seno una rappresentanza politica potenzialmente totalitaria.
Rule of law è divenuta Rechtsstaat e poi Stato costituzionale di diritto.
Le Costituzioni sono divenute leggi fondamentali (più) difficilmente modificabili a tutela del pluralismo, della libertà e dell’uguaglianza, alle quali ogni atto dello stesso parlamento deve uniformarsi.
Nel frattempo, gli ordinamenti si sono fatti multilivello, nell’Europa abbiamo trovato un altro giudice a Berlino (un altro livello di tutela contro gli abusi di governo e parlamento) e lo Stato costituzionale di diritto si è fatto garante d’ultima istanza di un perimetro più ampio e condiviso con altre comunità (oggi 27).
Rispetto alla legge interna, la legge europea funziona come una specie di legge costituzionale, perché è alla prima sovraordinata: sotto la Costituzione vi è la legge europea e sotto la legge europea la legge interna. Lo dice la stessa Costituzione (art. 117 Cost.)
Lo Stato costituzionale di diritto, che è anche uno stato gerarchico delle fonti, impone di giustiziare – come ha fatto il Consiglio di Stato – le norme italiane difformi dalle norme europee. E la legge italiana difforme da una legge europea va disapplicata: ci si deve comportare come se non esistesse.
La legge di proroga delle concessioni balneari è un atto del Parlamento. Ma è un atto abusivo perché contrario alla legislazione europea, che è a propria volta garantita dalla stessa Costituzione. Lo Stato costituzionale di diritto oggi è tutto questo.
Nella sostanza, si tratta sempre di una guarentigia figlia delle prime guarentigie scritte nella Magna Charta. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Ma la tentazione del potere, sia esso di governo o di legislazione, è rimasta immutata.