palestina libera grande

Anziché chiarirsi appare sempre più ambigua e grottesca la vicenda della cancellazione del convegno su Israele dal titolo "L’unica democrazia del Medio Oriente: dalle origini al 7 ottobre", che si sarebbe dovuto tenere il prossimo 7 maggio presso l’Università Statale di Milano, su iniziativa delle associazioni Pro Israele e Italia-Israele.

Inizialmente sembrava che la cancellazione fosse stata concordata tra ateneo e organizzatori, grazie alla moral suasion della Questura, di fronte alla minaccia di violenze e disordini. Poi sia l’Università che le autorità di pubblica sicurezza si sono dissociate da questa ricostruzione.

La Statale ha fatto sapere che “la scelta di trasformare l'incontro in modalità online, non certo di annullarlo, è stata assunta dal Rettore Elio Franzini dopo attenta valutazione delle condizioni ambientali interne ed esterne all’Università, nell'intento di minimizzare i rischi per la sicurezza del pubblico e dei relatori, sentita anche la Digos” e solo a seguito di questa scelta prudenziale gli organizzatori avrebbero scelto di annullare l’evento, senza neppure comunicarlo all’ateneo.

In seguito la Questura ha invece comunicato “di non essere mai stata preventivamente interessata” della questione e di non avere quindi “potuto sviluppare alcuna valutazione in merito agli eventuali rischi connessi allo svolgimento dell’iniziativa".

Fermo restando che le versioni della Statale e quella delle autorità di pubblica sicurezza non possono essere entrambe vere, né entrambe false, la cosa più rilevante e più grave è l’unico punto in cui le ricostruzioni non divergono, cioè la trasformazione di un evento in presenza in un evento on line disposta dal rettore della Statale.

Proprio questa scelta, che avrebbe dovuto salvare capra e cavoli, è una capitolazione totale alla logica dell’esclusione fisica degli ebrei dall’Università e l’accettazione, per ragioni di ordine pubblico, della loro discriminazione, sia pure temperata da una ruffiana exit strategy telematica. Non può sfuggire né al rettore né agli altri organi dell’ateneo milanese che fare un convegno sul canale Zoom della Statale non risolve, ma certifica il problema del bando degli ebrei e delle organizzazioni pro Israele dalle aule delle Università. Un bando che vale solo per loro, e soprattutto che è “accettabile” solo per loro.

Se una organizzazione suprematista che inneggia al Ku Klux Klan minacciasse di violenze un convegno sulla storia della schiavitù e della segregazione razziale, a nessuno verrebbe in mente di relegare relatori e partecipanti in un “ghetto digitale” per ragioni di ordine pubblico. Chiunque, proprio chiunque, chiederebbe di usare tutte le misure di sicurezza disponibili per consentire loro di stare lì, proprio lì. Fisicamente, con le loro facce e i loro corpi, dentro quelle aule.

Invece se bande teppistiche che inneggiano ad Hamas e alla liberazione della Palestina from the river to the sea minacciano gli ebrei o i difensori del diritto di Israele a esistere e essere riconosciuta come una democrazia, intimando loro di stare fuori dall’Università, è più o meno unanimemente accettato che la soluzione sia tenerli fuori di lì. La loro discriminazione cessa di essere un problema e diventa una soluzione burocratica,  tanto più sinistra quanto più inevitabile e condivisa.