La retorica del tiranno è, tutto sommato, molto semplice, come semplice e banale può rivelarsi il male più assoluto: prima ancora che alla diffusione di menzogne, si può ricorrere al rovesciamento della realtà e dei punti di vista.

Se ci si è preparati bene il terreno con anni di propaganda e repressione dura delle voci critiche, il gioco può risultare molto facile.
E’ così che l’invasione dell’Ucraina può diventare un’operazione speciale volta a proteggere gli abitanti del Donbass da un “genocidio” e il governo ucraino un regime neonazista sviluppatosi dopo il “colpo di stato” del 2014.

Inutile, ormai, spiegare che in Donbass non vi sia mai stato alcun genocidio e che la rivoluzione di piazza Maidan del 2014 abbia, al contrario, posto fine al tentato colpo di mano del presidente filo-russo Janukovyč, infine deposto dallo stesso Parlamento.
Oggi, in questo drammatico anniversario, ci interessa tornare sulla questione della c.d. “espansione della NATO”.

Sostantivo perfetto - espansione - per attribuire all’Occidente (e all’Occidente soltanto) le colpe dell’invasione e depistare l’opinione pubblica.

Si tratta di un sostantivo perfetto perché fatto apposta per nascondere un dato fondamentale: il fatto che la NATO sia stata concepita per crescere attraverso adesioni spontanee e democratiche, non certo attraverso invasioni e occupazioni territoriali.
Così, si può anche avere la mala fede di sostenere persino che fu la NATO a lanciare il proprio attacco alla Russia, provocandone poi la legittima reazione, ma si tratta di un travisamento della realtà.
Alcuni fatti.

Il 24 agosto 1991 il Parlamento dell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina adottò l'Atto di dichiarazione d'indipendenza dell'Ucraina che venne poi sottoposto a referendum: votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti) e tra di essi 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì" all’indipendenza.

Qualche mese dopo, l’Ucraina aderì spontaneamente, e in netta opposizione all’ormai morente regime sovietico, al Consiglio di Cooperazione Nord Atlantico, organo istituito dagli Alleati nel dicembre 1991 per promuovere il dialogo e la cooperazione con gli ex avversari del Patto di Varsavia al termine della Guerra Fredda.

Nel 1994 l’Ucraina aderì anche al programma NATO Partnership for Peace .

Le relazioni fra la NATO e l’Ucraina si rafforzarono poi con la firma della Carta sul Partenariato Distintivo del 1997, che istituì la Commissione NATO-Ucraina (NUC) per portare avanti la cooperazione fra le parti.
Cooperazione che nel tempo venne via via approfondita, vedendo l'Ucraina contribuire attivamente a operazioni e missioni a guida NATO.

In questo clima di cooperazione generale, nello stesso 1997 la Russia firmò con la NATO l’Atto fondativo di mutua cooperazione e nel 2002 Putin stesso sottoscrisse a Pratica di Mare un nuovo accordo di collaborazione con la NATO, pur essendosi già macchiato del sangue della pesante repressione cecena del 1999.
L'adesione diventò un obiettivo formale dell'Ucraina nel maggio 2002, quando l'allora Presidente Leonid Kuchma dichiarò pubblicamente di volerla perseguire volerla perseguire ufficialmente.

Anche Viktor Yushchenko, che successe a Kuchma come presidente nel 2005, chiarì la sua aspirazione all'adesione alla NATO, firmando una richiesta per il Piano d'azione per l'adesione (MAP) al vertice NATO di Bucarest nell'aprile 2008.

La NATO, tuttavia, scelse di non dare seguito alla richiesta, il che dimostra come essa non abbia mai cercato di "trascinare" l'Ucraina nell'Alleanza, ma che, al contrario, fu l'Ucraina a volersi avvicinare.

Eloquente sul punto il Washington Post in un editoriale del 2014 intitolato “Quella volta che l’Ucraina tentò di aderire alla NATO e la NATO disse no”.

L'amministrazione del presidente Viktor Yanukovych, salita al potere nel 2010, rovesciò le politiche filo-occidentali perseguite dai precedenti governi, adottando una legge che escludeva l'obiettivo dell'adesione alla NATO dalla strategia di sicurezza nazionale del Paese e impegnava l'Ucraina a una politica non allineata.

La NATO rispettò tale decisione, continuando a lavorare con lei sulle riforme nel quadro esistente della Commissione NATO-Ucraina, in accordo con il desiderio dello stesso governo ucraino.

Nel frattempo, nel 2008 la Russia era intervenuta pesantemente nel conflitto interno in Georgia, appoggiando i ribelli e riconoscendo infine le nuove repubbliche separatiste (un po’ lo schema che si sta cercando di portare a termine nel Donbass). Ciò iniziò a suscitare i primi seri allarmi.

Fu poi l’illegale occupazione russa della Crimea nel 2014 ad accrescere i timori dei Paesi Baltici e dell’Ucraina di subire attacchi e invasioni su più larga scala, e furono questi timori a portare l’Estonia, la Lettonia e l’Ucraina, e pure la Finlandia e la Svezia, a rivedere le proprie dottrine militari e di difesa, cercando un legame ancor più stretto con la NATO.

Per tale ragione, nel giugno 2017, il Parlamento ucraino adottò una legge per ripristinare l'adesione alla NATO come obiettivo strategico di politica estera e di sicurezza e sempre per tale ragione nel 2019 lo stesso Parlamento adottò un corrispondente emendamento alla Costituzione ucraina.

Come si vede, si tratta di un lungo percorso cominciato nel 1991, nient’affatto caratterizzato da una “espansione” della NATO, bensì dalla spontanea richiesta di una sempre maggiore inclusione da parte dell’Ucraina.

Putin la sua guerra all’Ucraina e all’Occidente l’ha persa nel 1991, quando cadde l’impero sovietico e le ex repubbliche dell’URSS, tolto il giogo, iniziarono a cercare sempre maggiore libertà.