Il 'radicale' Ilya Yashin e l’Occidente alleato e amico
Diritto e libertà
Quanti hanno deciso di restare in Russia senza restare in silenzio di fronte alla guerra mossa contro l’Ucraina come Ilya Yashin - un esponente dell’opposizione e consigliere in una delle municipalità della città di Mosca - finiscono per essere arrestati con l’accusa di diffondere notizie false correndo il rischio di essere condannati a 10 anni di galera.
Dal carcere tramite il suo canale Telegram Yashin racconta la sua quotidianità e descrive la condizione nella quale si trova chi, in Russia, prova a vedere la realtà come è e non così come viene quotidianamente rappresentata dai media russi. In un post di qualche giorno fa racconta di aver ricevuto per posta una raccolta dei commenti pubblicati dai sostenitori del regime di Putin secondo i quali Ilya Yashin è un radicale ed il posto dei radicali è in carcere, specialmente in tempo di guerra. A questi commenti reagisce chiedendosi retoricamente se allora il termine “radicale” – contrariamente a quanto normalmente si pensi – non significhi “giusto”. Scrive questo perché parlando di sé stesso può dire di essere stato un membro di partiti legali, di aver partecipato a legittime procedure elettorali, di aver guadagnato la fiducia degli elettori. Ed aggiunge, poi, a sostegno della fondatezza del suo dubbio, che ha sempre pagato le tasse onestamente e che “in tutta la sua vita non ha rotto una sola finestra e non ha mai visto una bottiglia molotov”.
Ma a differenza di quel che a lui appare evidente, una persona di questo tipo in Russia viene identificata come soggetto coinvolto in attività estremiste da chiudere in carcere. E se così stanno le cose si chiede, di seguito, allora chi è che invece non viene considerato un “radicale”. La risposta a questa seconda domanda retorica che Yashin si dà è la seguente: in Russia non è accusato di essere un “radicale” “l’uomo che ha trascinato la Russia in diverse guerre e ha minacciato di ridurre il mondo intero in ceneri nucleari. (Quello) che bandisce i partiti di opposizione e brucia il campo pre-elettorale con il napalm. (Colui che) intimidisce la sua gente ordinando loro di picchiare i civili, mettendoli in prigione per aver lanciato un bicchiere di carta o dicendo ad alta voce la frase No alla Guerra”.
La conclusione di Yashin è desolante e drammatica: “Mi guardo intorno e non riesco a capire quando siamo finiti di fronte ad uno specchio nel quale il nero diventa bianco ed il bene ed il male cambiano il loro posto”. Ma tutto ciò non lo ha indotto a rassegnarsi, ad abbandonare la Russia ed a perdere fiducia nel fatto che i suoi concittadini prendano coraggio e scoprano di poter diventare più forti del regime di Putin. Ma perché ciò accada è necessario che di Ilya Yashin si occupino i media – come hanno cominciato a fare – e la politica europea ed italiana. Occorre che Ilya Yashin possa continuare a sentirsi un radicale e dunque una persona giusta, in forza della necessaria radicalità del suo impegno a sostegno del diritto dei cittadini ad essere informati e a poter decidere, e per la piena affermazione del principio per il quale “la legge è uguale per tutti”, da considerarsi come strumento essenziale per la difesa dei diritti umani fondamentali di fronte a qualunque “regime”. È necessario che Yashin senta di avere dei “compagni” di strada anche al di fuori dei confini della Federazione Russa e che reciprocamente - come ha detto lui stesso nell’intervista video rilasciata a Süddeutsche Zeitung pubblicata sul suo canale Youtube – noi sentiamo di poter avere nei cittadini russi dei possibili alleati.
Ma perché questo accada va scongiurato il rischio che tra qualche anno – durante la detenzione alla quale sta andando incontro per aver chiamato le cose con il loro nome e dunque l’operazione speciale in Ucraina come una criminale guerra di aggressione – si ritrovi a dover riconoscere, come aveva già fatto drammaticamente Anna Politkovskaja nel suo Diario il 26 ottobre 2004, che “Tra l’altro, l’Occidente non potrà esserci d’aiuto (…) L’Occidente preferisce la vodka, il caviale, il gas, il petrolio, gli orsi e un certo tipo di persone…L’esotico mercato russo segue il solito copione. L’Europa e il mondo non chiedono altro alla sesta parte del globo terrestre”.
Ilya Yashin i suoi concittadini russi così come le istituzioni e l’opinione pubblica ucraine che non accettano di scambiare una tregua (o un accordo di pace) con il diritto anche di chi abita nelle terre occupate dalle truppe di Putin a poter vivere in uno stato impegnato a vincolarsi al rispetto delle regole dettate dai trattati internazionali nonché di quelle dell’Unione Europea, devono poter contare sul fatto e verificare che l’Occidente, questa volta, possa essergli d’aiuto e nello stesso tempo divenga più forte ed incisivo riconoscendoli come alleati in un rapporto di amicizia e di cooperazione resistente e sincero, non come quelli che Putin ha voluto instaurare nel corso degli anni con i suoi amici occidentali.