Il prezzo della pace
Diritto e libertà
Se le piazze pacifiste hanno un merito, è quello di dimostrare una cosa che a chi chiede "pace" a Putin ancora non è molto chiara: che in Europa si può invocare la pace, in Ucraina si può invocare la pace, ma farlo in Russia vuol dire rischiare la galera, anche solo per aver portato dei fiori all'ambasciata ucraina con i propri figli.
Da San Pietroburgo a Vladivostok c'è la concreta possibilità di farsi 15 anni di carcere per aver semplicemente pronunciato la parola "invasione"; ci sono chiusure di TV e giornali indipendenti (questa sì che è censura verso opinioni e voci diverse, non i tg e i quotidiani italiani!), ci sono arresti di massa senza riguardo per bambini e anziani reduci.
Questa libertà di dissentire, di essere in disaccordo, di informarci, ci distingue da quello che Putin vuole oggi instaurare in Ucraina, adesione alla NATO o meno. E forse, dopo, altrove.
Siamo disposti a chiamare "pace" una cosa del genere? Esiste una pace senza una giustizia? Non è vero che non stiamo cercando di parlare con Putin: Macron continua a chiamarlo, lo ha chiamato Scholz, Erdogan lo chiama, lo chiama Bennett, anche la Cina manifesta in modo ambiguo le proprie perplessità e chiede di fermare l'aggressione.
Ma mi pare sia chiaro a tutti, anche ai più riottosi alla logica e alla cronologia dei fatti, che così come Putin ha dato inizio alla guerra è solo Putin che può interromperla: la differenza tra chi guarda le cose ad occhi aperti e chi invece con il pensiero immagina un mondo che non è reale, è che i primi vedono che Putin sta rifiutando qualsiasi cosa di diverso da una resa senza condizioni degli ucraini. Non è esattamente lo spirito con cui chiamare a dei negoziati, suona piuttosto come un rabbioso ultimatum.
"Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è..." il vero prezzo della pace che chiedete: la schiavitù di un popolo a un altro.
Una schiavitù, bisogna dirlo chiaro, che darà il via libera a tutti i violenti aggressori che vogliono vendicare il passato del proprio Stato, che non c'è nessun limite alla loro azione contro i propri vicini. Dobbiamo costruire un mondo di pace, possiamo farlo. Girarsi dall'altra parte mentre un popolo e la giustizia muoiono sotto le bombe dell'esercito russo, come in Cecenia vent'anni fa, è semplicemente il modo sbagliato di provarci.