Montagnier Paragone grande

Nelle piazze in cui sabato si è manifestato contro la strategia anti-Covid dell’esecutivo insieme a tanta indignazione e a qualche verità, c’erano anche tanta demagogia e troppe strumentalizzazioni. Il ritorno del grillismo con altri mezzi, insomma. Ma, forse, questo fenomeno è anche stato il prodotto della decisione di giudicare la pandemia un’emergenza, di fronte alla quale non potevamo più permetterci il rispetto dello stato di diritto.

I non vaccinati non salveranno il mondo, come vorrebbe Montagnier (o chi per lui). Non c'è riuscito neppure il cristianesimo, figuriamoci... Ed è normale che sia così. Purtroppo si muore da sempre e si continuerà a morire per cause molteplici, che non dipendono certo dai vaccini, al contrario di quanto sembrano profetizzare e auspicare le folle no-vax.

I non vaccinati hanno certamente diritto a non essere discriminati e a protestare con forza per il rispetto dei diritti fondamentali che considerano violati. Ma la bieca macchina del fango presente su tutti i giornali di oggi è proporzionale alle follie e ai deliri messi in campo nelle loro piazze. E i deliri messi in campo nelle piazze sono il prodotto, circolare e ricorsivo, dell'estremismo sanitario degli ultimi due anni. Non è stata una “strategia della tensione” concepita a tavolino. È stato un cortocircuito tra emergenzialismo e cospirazionismo, tra un’utopia di salvezza universale e la paranoia di un complotto universale.

Anche per evitare queste polarizzazioni e per scongiurare il rischio che la volontà del bene sfoci in una incontrollata e involontaria produzione di male, all'ingegneria sociale utopica sarebbe preferibile, popperianamente, una strategia gradualistica e fallibilistica, che rifiuti di iscrivere verità scientifiche assolute in tavole della legge altrettanto assolute . Conosciamo tutti la parabola dell'ultima delle grandi utopie novecentesche: il marxismo. Dalla prospettiva del riscatto sociale e della liberazione politica dei lavoratori frustrati al regime dei gulag il passo è stato breve.

Le piazze di ieri trasudavano demagogia, insieme a tutti i dispositivi già abusati da un grillismo sul viale del tramonto. Riduzionismo manicheo, semplificazione, insieme a una malsana utopia di rinnovamento. Quest'ultima speculare, paradossalmente, al temuto progetto mondialista denominato “Great Reset”. Non abbiamo bisogno di salvatori e prospettive salvifiche o messianiche, di un nuovo umanesimo e di una nuova economia. Servirebbe, più laicamente, un ritorno alla civiltà del diritto.

Ecco perché sarebbe più utile concentrarsi sulla sentenza del TAR del Lazio, che ribalta la strategia del Ministero della Salute sull’obbligo di “paracetamolo e vigile attesa” rispetto alle cure domiciliari precoci e sul sostanziale divieto di altri trattamenti. In una situazione in cui il culto religioso del connubio scienza-politica non avesse travolto ogni forma di razionalità giuridica, non si sarebbe dovuti arrivare al Tar per comprendere che l’imposizione generalizzata di un protocollo di cura, per ciascun medico e per qualunque paziente, “si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale”.

La libertà del medico ovviamente trova riscontro nella sua responsabilità rispetto all’appropriatezza dei trattamenti proposti al paziente, ma la pretesa di ingabbiarla in un protocollo di stato è insensato, a maggior ragione rispetto a una malattia nuova, su cui si sa poco e in cui il procedere degli studi può anche dimostrare che cure ritenute inizialmente valide e consigliate presentano seri rischi, come nel caso del paracetamolo, che, consumando il glutatione, un antiossidante molto potente, rischia di “disarmare” i pazienti rispetto ai fenomeni ossidativi prodotti dal Covid.

Non possiamo dire quante vite, dall’inizio della pandemia, avrebbe potuto salvare una maggiore attenzione e una maggiore presenza da parte dei medici di base nelle fasi iniziali della malattia, ma i livelli di letalità del Covid in Italia, di circa il 50% superiori a quelli di Regno Unito, Francia e Spagna e di circa il 15% superiori pure a quelli della disastratissima Germania, non possono trovare spiegazione solo nel destino cinico e baro e nel fatto che l’Italia tra questi è il paese più vecchio, considerando che le differenze della letalità eccedono di gran lunga quelle della demografia.

L’impressione è che la stretta sulle cure domiciliari facesse parte della logica di una campagna vaccinale, fondata sul principio: per il Covid l’unica cura è il vaccino. Il risultato è stato quello di trasformare la “non-cura” di Stato in un pezzo di una strategia fatta di ricatti e di obblighi surrettizi. Insomma, niente cura per chi si ammala, tanto non serve e niente diritti per chi non si vaccina, tanto non se li merita. Il risultato sono i deliri delle piazze no-vax e i deliri contro le piazze no-vax.