Brevi linee guida per le Guidelines Ue sul Natale
Diritto e libertà
La Commissione Ue, ha diramato 32 pagine di “linee guida sulla comunicazione”, dirette ai suoi funzionari, in cui, tra le altre cose, in vista del Natale, ammonisce a non parlare di Natale. In sintesi: “Non tutti celebrano le feste cristiane, siate sensibili”.
Laicità. Sensibilità. Inclusività, che è l’ultimo modo alla moda per non dire niente. Brevi suggerimenti, dall’ultimo posto in sala a Lor Signori della ribalta chiacchierina.
Voltaire, anche se era un uomo bianco ricco eccetera, spiegava, alla voce “Tolleranza” del Dizionario Filosofico, che bisognava moltiplicarle le religioni, non ridurle; con la consueta lepidezza didascalica: “…se in uno stato ci sono due religioni, faranno a scannarsi, se ce ne sono trenta, vivranno in pace”.
E come pensano, questi analfabeti di Bruxelles, di agire laicamente, se già un solo simbolo, di una sola religione, suscita offesa?
Voltaire mise in luce proprio la radice di questo morbo riduzionistico, smascherando quello che si cela dietro ogni richiesta di proibire; riferendosi ai Cristiani dei primordi, e alla loro vocazione “espansionistica”, rilevava che “gli Ebrei non volevano che la statua di Giove fosse a Gerusalemme; ma i Cristiani non volevano che stesse neppure in Campidoglio”.
È il “non volere che” il problema, dice Voltaire. Se si comincia a “non volere che”, state pur tranquilli che dietro c’è una volontà di dominio; e concludeva osservando che San Tommaso lealmente riconosceva: “se i cristiani non detronizzarono gli imperatori, fu perché non lo poterono fare”.
Perciò, ammesso che questi sedicenti cultori della laicità sappiano quello che dicono, delle due l’una: o, com’è probabile, per rozzezza culturale, volendole sostenere, hanno invece posto in pessima luce le “altre religioni” nella loro interezza (ma è ovvio che il riferimento corre essenzialmente ai musulmani): quando avrebbero dovuto porre una questione limitata, parziale; ma, a quel punto, avrebbero dovuto ammettere che si trattava di una sensibilità fanatizzata e, pertanto, non solo da non assecondare, ma da esporre alla pubblica riprovazione.
O, come a volte capita agli ipocriti, hanno tradito quello che, per opportunismo, superficialità o ambizione personale, volevano sottacere; e cioè che chi vuole proibire, vuole dominare.
Ora, è possibile che si tratti di un’iniziativa destinata a ridimensionarsi: sebbene, certa “tolleranza negativa”, negli ultimi anni, abbia avuto modo di appuntarsi, com’è noto, su ogni sorta di fondamento naturale o culturale.
Tuttavia, per evitare che l’unica alternativa alla caccia al musulmano o all’ebreo (che, però, non “milita” in termini estroflessi ma, al contrario, introflessi), diventi la caccia al cristiano (qualsiasi cosa s’intenda con l’aggettivo) occorrerà, in nome della laicità, e non di una sua caricatura, proprio guardarsi dal presentare “le altre religioni” come vogliose unicamente di proibire, di sottrarre, di negare.
Che è l’unica via certa, storicamente sperimentata, per avviarsi ad un incubo universale di dolore e di morte.