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Vorrei che nel sangue italiano si insinuasse l’indizio di ogni razza condannata, il risultamento profondo e duraturo di un’invasione irresistibile che ci trasforma nella generazione di una immensa stirpe meticcia. Vorrei che fossero giovani africani e slavi a perpetuare la pratica dei nostri dialetti moribondi, e a farli rivivere nella fioritura di un orgoglio municipale più genuino e fecondo rispetto a quello istigato a languire senza memoria e senza futuro nella retorica del campanile.

Vorrei che fossero i profughi di Paesi privi di acqua e grano a riattivare i forni spenti delle nostre campagne, e a restituirci le forme desuete del nostro pane antico; che fossero cinesi e indiani a ricordarci i nostri mestieri perduti e ad assumerne la tradizione abbandonata. Vorrei che a sorvegliare la vita dei nostri boschi, dei nostri campi, dei nostri fiumi, dei nostri nevai, fosse uno sguardo vergine abituato alle desolazioni infertili che si affacciano sui nostri confini. Vorrei il rilievo di un profilo berbero sulle monete che remunerano i fruttivendoli e i macellai dei nostri mercati, e che la barba ripartita del sikh adornasse il volto dell’Italia contadina.

Vorrei il suono di un italiano più puro nelle arringhe di un legale malese o mongolo, e che le sentenze emesse in nome del mio popolo fossero scritte con più coscienza, con più umiltà, con più onore, dai figli di schiatte che non hanno conosciuto nessun diritto, nessuna libertà, nessuna giustizia. Vorrei una scuola, un teatro, un cinema, un’editoria, un giornalismo governati da una baronìa immigrata finalmente capace di raccontare l’Italia negletta, il Paese vero e sottaciuto, la disgrazia della vicenda civile che l’ha contrassegnato nell’eredità di una storia contraffatta.

Vorrei che i portatori di religioni estranee potessero insegnarci a diventare fedeli per dura scelta cristiana assolvendoci dalla facilità dell’obbligo cattolico; e che quell’umanità privata del diritto di nascere libera potesse crescere e diffondersi qui, aiutandoci a meritare la libertà cui preferiamo rinunciare.

E vorrei che tutto questo fosse il desiderio almeno di alcuni, anziché il terrore di tanti.

@iurimariaprado