legge elettorale grande

 

Il 20 e 21 settembre 2020 gli italiani verranno chiamati alle urne per confermare o meno la legge di modifica costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. 

Va da se che qualsiasi modifica della Costituzione, ma questa in particolare ancor di più, comporta una serie di possibili serie conseguenze che meriterebbero una più approfondita analisi. In questa sede mi limiterò a discuterne solo su tre aspetti.

Cominciamo dall’aspetto che riguarda le motivazioni che hanno spinto alcune forze politiche, in primis il Movimento 5 Stelle, a cavalcare l’onda populista anti casta che ha generato questo provvedimento di modifica della carta, esse sono sostanzialmente due:

a) I parlamentari Italiani sono scandalosamente strapagati (leggi “i privilegi”).
b) L’Italia ha troppi parlamentari (leggi “le poltrone”).

Per quanto riguarda il taglio degli emolumenti dei parlamentari, i 5 stelle non sono stati i primi ad interessarsi della questione. Ad esempio, nel 2011 il Governo Berlusconi in un decreto legge aveva inserito un provvedimento con il quale si imponeva di retribuire i parlamentari ad un livello non superiore alla media europea. Tale decreto dava mandato ad una commissione, presieduta dal Presidente dell’ISTAT, di monitorare e calcolare il costo medio dei parlamentari europei. Questa Commissione, presieduta dall’allora Presidente Giovannini, dopo circa un anno gettò la spugna, giungendo alla conclusione che per vari motivi, non ultimo la forte differenza di tassazione tra i vari paesi europei, non era possibile stabilire un tetto retributivo agganciato alla media europea. Quindi non si tratta di un argomento semplice come sembra.

Per la mia analisi prenderò in esame i dati riportati in un articolo di Marco Cucchini pubblicato sulla voce.info nell’agosto del 2019. La situazione italiana viene confrontata con quella di altri 3 paesi europei: Francia, Germania e Regno Unito. Tutti questi paesi hanno un sistema bicamerale come quello italiano, ma mentre per le camere basse le funzioni sono simili, non si può dire lo stesso per le camere alte. Infatti, ci sono forti differenze in termini di modalità di nomina, carico di lavoro, funzione e composizione dei 4 “Senati”. Per semplicità, confronterò la situazione dei 4 paesi prendendo solo in considerazione i dati relativi alle 4 camere basse, riportati in tabella, che sono decisamente più comparabili.
In maniera semplice ed eloquente, questi dati smentiscono entrambe le motivazioni dei sostenitori del Referendum.

 

Paese

Camera

Membri

Elettori/MP

Indennità mensile

Collaboratore

Francia

Assemblea Nazionale

581

81489

14.000

a carico dell’Assemblea

Germania

Bundestag

628

98089

14.400

a carico dell’Assemblea

Regno Unito

Camera dei Comuni

650

72012

12.200

a carico dell’Assemblea

Italia

Camera dei Deputati

630

80916

18.000

a carico del parlamentare

Italia

Camera dei Deputati

post riforma

400

127442

 

a carico del parlamentare

Fonte: M. Cucchini la voce.info 

*Il numero è variabile, comunque intorno a 600 fonte: M. Cucchini la voce.info 27.08.19

Se ne deduce che:
1) Attualmente, il numero dei deputati italiani è perfettamente in linea con quello degli altri paesi europei.
2) La retribuzione mensile percepita dal deputato italiano, anche se più alta rispetto a quelle degli altri parlamentari nazionali europei, tiene conto che in Italia lo stipendio dell’assistente parlamentare è a carico del singolo deputato, negli altri paesi è a carico dell’assemblea.

Quindi, non è vero che il numero dei deputati è esorbitante rispetto alle altre democrazie parlamentari europee e non è vero che i nostri parlamentari sono strapagati, dato che lo stipendio degli assistenti parlamentari di Francia, Germania e Regno Unito, anche se non pagato direttamente dai parlamentari, comunque rimane un costo per i cittadini di quei paesi.

E allora dov’è lo scandalo? Dov’è l’anomalia spendacciona Italiana?

Il secondo aspetto che vorrei analizzare è anche quello che più salta all’occhio, questa legge non riforma l’attuale assetto del Parlamento fondato sul bicameralismo perfetto, non risolve nessuno dei problemi relativi al buon funzionamento delle camere, non cambia l’iter attuale di approvazione delle leggi, semplicemente taglia il numero dei parlamentari, nello specifico i Deputati passerebbero da 630 a 400 e i Senatori da 315 a 200. Punto.
La riforma quindi punta a ridurre solo il numero dei rappresentanti del parlamento democraticamente eletti dal tanto evocato popolo, questo cozza non poco con l’ideologia di un partito come i 5 stelle che si è fatto paladino, strenuo difensore e interlocutore privilegiato diretto dei supposti desiderata e bisogni del popolo.
Se si smettesse di giocare con la carta costituzionale solo a fini propagandistici per dare lustro a un ormai decadente movimento politico e si volesse veramente migliorare in maniera efficace il processo di formazione delle leggi, tagliare i costi di stipendi e poltrone che gravano sulla collettività, si potrebbe fare una cosa molto semplice: eliminare un ramo del Parlamento, ad esempio il Senato. In questo caso oltre al costo degli stipendi dei 315 senatori, si risparmierebbero tutti i costi relativi al funzionamento di una camera,. Parliamo di una cifra intorno al mezzo miliardo di euro, mica noccioline (fonte senato.it). In questo modo si snellirebbe il meccanismo di formazione delle leggi italiane, eliminando la doppia approvazione da parte di Camera e Senato e senza compromettere la rappresentanza democratica del parlamento.
Meglio tagliare gli usceri che i parlamentari, almeno questi ultimi devono farsi eleggere (dal popolo) ogni 5 anni.

Ma invece no, per i 5 stelle la rivoluzione copernicana promessa passa dalla sola riduzione del numero di coloro che hanno il compito di fare le leggi.

Infine, il terzo aspetto che è anche il più sconcertante e dagli esiti decisamente più nefasti. Se guardiamo nella quarta colonna della tabella il numero degli elettori per ogni singolo deputato è attualmente in Italia di circa 81 mila, se al referendum dovessero prevalere i “si”, il numero di elettori per singolo deputato passerebbero a circa 127 mila. I collegi elettorali uninominali già troppo grandi, diventerebbero enormi aumentando la distanza tra eletti ed elettori e rendendo più difficile per il singolo deputato fare campagna elettorale nel suo collegio. Lo stesso dicasi per i collegi proporzionali, le liste dei candidati (purtroppo) bloccate del Rosatellum peggiorerebbero diventando sempre più corte. Tutto questo andrebbe a vantaggio dei partiti, ovvero delle Segreterie di partito che saranno bene accorte a preferire l’inserimento di fedelissimi mediocri ominicchi a scapito di talentuosi spiriti liberi. Se poi la legge elettorale semi proporzionale attuale diventasse una legge elettorale proporzionale pura, come si paventa, allora la partitocrazia verrà definitivamente restaurata come era una volta, anzi peggio di una volta, almeno nella prima Repubblica i partiti funzionavano meglio e c’era una migliore selezione della classe dirigente rispetto alla disastrosa situazione attuale.

Nelle mani di pochi leader di partito si concentrerà il potere di formazione delle liste dei candidati che diventeranno ancora più supini ai loro ordini, soffocando il dissenso e il confronto. Dopo aver distrutto quel che resta della democrazia interna dei partiti, si passerà ad annientare quel che resterà della nostra democrazia parlamentare, rendendo i due rami del parlamento italiano delle camere piene di pigia-bottoni a comando del leader populista di turno, magari designato da una S.r.l.
Il ciclone populista in salsa 5 Stelle che doveva rivoluzionare il paese, aprire il Palazzo come una scatola di tonno e portare il Cambiamento, il Nuovo, ripropone con questo referendum il triste e vecchio destino gattopardesco delle riforme all’italiana, cambiare tutto per non cambiare niente.