Conte big

In tempi di crisi la totalitarizzazione massmediaticista della politica senza qualità imprigiona per sempre l’intermediazione. Non c’è filtro, non c’è tempo. C’è solo la conta dei morti, l’angoscia di un tempo che giorno dopo giorno appare infinito, la domanda impensabile: se fosse questo il prossimo tempo futuro?
La politica senza qualità ascolta tutti e raccoglie pareri e consigli. I massimi esperti. Le competenze. La cifra della risposta è ordine sparso, disordine istituzionale: l’incertezza come chiave della comunicazione post democratica. Nel paese degli anarchismi socialmente sopportati come forma di reazione e sostentamento, l’uomo qualunque non ci fa caso più di tanto.
La riserva di legge dell’art. 16 della Costituzione rimane scritta sulla carta. Non importa se si tratta di quella con la “C” maiuscola. La salute non può aspettare i tempi della democrazia, soprattutto di quella italiana. Tutto vale, quando niente conta.
In tempi di crisi la totalitarizzazione massmediaticista diventa la soluzione, l’architettura perfetta per il salvatore deresponsabilizzante che giace perenne nell’inconscio collettivo della nazione. Il framework c’è, il momento anche, forse per fortuna, non si vedono interpreti. Si cita Churchill, ma il citarlo rende l’ora, già buia, ancor più oscura e grottesca.
In tempi di crisi la dimensione pubblica, che è intermediata per definizione, si annichilisce indifesa. Perché si spopola. In tempi di crisi anche la televisione pubblica, prima dogma intoccabile della politica senza qualità, può essere messa da parte.
Rimangono solo Rocco, la dimensione totalizzante di un social network, il follower come suddito, il cittadino totale e il traffico logaritmico come destinazione divina.
La politica come scientologia non conosce etichetta, perché è fatta per destrutturare le convenzioni e sostituirvi la visione nuova, quella della esistenza all’ombra del mainframe.
Al Washington Post la politica nuova raccontò che la democrazia diretta, resa possibile dalla rete, porterà alla destrutturazione non solo delle attuali organizzazioni politiche, ma anche di quelle sociali. La società rimane il bersaglio grosso, la politica è solo un ostacolo.
In fondo, le istituzioni valgono quello che valgono, antiquati orpelli che la politica senza qualità ha contribuito a demolire perché non li sa decifrare.
Inutile disquisire di forme in tempi di crisi? “Se poni una questione di sostanza, senza dare troppa importanza alla forma” - diceva Giovanni Falcone - “ti fottono tanto nella sostanza che nella forma”.
In fatto di istituzioni, soprattutto in tempi di crisi, la forma è sostanza perché costituisce rituale immediatamente decifrabile dalla comunità che quelle istituzioni si è data.
La forma istituzionale social, invece, è fuga dalla sostanza. E dalla comunità.