Lesbo grande

La crisi politica e umanitaria siriana è una clamorosa smentita dei pregiudizi “populisticamente corretti” post 11 settembre e di tutte le auto-colpevolizzazioni con cui il mondo democratico ha pensato di espiare eroicamente l’impazzimento del mondo non democratico arabo e mediorientale.

La prima smentita riguarda la natura della rivolta contro di “noi”. Non è la conseguenza di una perdurante invadenza imperialistica dell’Occidente ma dalla reazione contro-imperalistica delle varie fazioni diversamente anti-occidentali: da quella dell’alienazione araba rifugiatasi nell’estremismo sunnita, a quella del revanscismo sciita, fino all’espansionismo militaristico della Russia putiniana e della Turchia islamista.

La Siria è il concentrato di tutto questo. Malgrado le minacce di Obama e le linee rosse tracciate sulla carta e mai difese, gli interessi economici e ideologici dell’Occidente non sono proprio stati della partita e ciò nonostante il Paese si è polverizzato, fino a diventare un’entità geografica virtuale e una realtà politica metastatica di tutti i tumori annidati nel corpo del Medio Oriente.

La seconda smentita riguarda la natura ostile (da invasione) dei flussi di profughi siriani che intendono riversarsi verso il territorio europeo, che non sono la conseguenza di una strategia di aggressione demografica (come quella addebitata a Soros dai sovranisti), ma del condizionamento politico da parte dei contoterzisti del “contenimento migratorio”, cioè di Erdogan o dei competitor antieuropeisti sul controllo del pentolone arabo, cioè di Putin.

Il caso siriano è esemplare perché anche cercando con il lanternino non si trova, neppure risalendo nel tempo, una impronta americana, ma solo quelle di Erdogan e di Putin, dell’alleato Nato emancipatosi a player del disordine mediterraneo, e dell’alleato strategico di Trump (non in senso stretto degli Usa) nell’assedio e nel disordinamento del continente europeo, con sovranisti a libro paga e altri pavlovianamente reattivi al rischio del “meticciamento”.

Il paradosso di questa situazione è che l’Unione europea, che ha ora 450 milioni di abitanti, potrebbe (al di là degli ovvi problemi strategico-militari) integrare politicamente e inglobare demograficamente l’intera Siria senza averne alcun danno e anche “ingoiare” da un giorno all’altro in casa tutti i profughi (tra i 3 e i 4 milioni) traendone solo benefici.

Invece i paesi membri dell'Ue - non l'Ue che è la prima vittima e il primo alibi degli "uomini forti" del nazionalismo debole e alienato - stanno facendo la battaglia della vita per buttare a mare qualche decina di migliaia di disperati, ritenendo il pericolo della loro salvezza superiore a quello di un protettorato russo in Siria e magari turco a Tripoli.

In tutto questo, i cialtroni chiamano in causa l’Europa, che sul punto non può esistere, perché gli stati sovrani e i loro onorevoli rappresentanti difendono la sacra prerogativa di arrendersi sovranamente a Putin e Erdogan, pur di sputtanare l’Europa che sono e che disprezzano di essere. I sovranisti continuano a fissare paranoicamente il dito - cioè i profughi - per non guardare la luna terribile che questo dito indica.

Eccolo, perfettamente apparecchiato, l’odio di sé dell’Europa e dell’Occidente. Quos Deus perdere vult, dementat prius.

@carmelopalma