Il Crocifisso rimosso
Diritto e libertà
Mi è sempre piaciuto il Crocifisso a Scuola, sulla cattedra a proteggere la comunità dell’apprendimento e del futuro in formazione, rappresentazione di una sofferenza che è riuscita a eccedere il semplice e immediato significato di sconfitta e morte.
In quel contesto – ma anche negli ospedali o negli edifici pubblici – il Crocifisso in Italia ha svolto un ruolo eminentemente “religioso” e “cattolico” nel senso che – senza mai essere totem escludente o esoterico – ha comunicato alla stragrande maggioranza degli italiani – credenti, infedeli o credenti in “altro” – un messaggio di speranza che valica il presente, le regole del mondo, la tragedia del tempo, aprendo una breccia – come un’icona – su un Regno diverso, su un potere senza comando coercitivo che ha spesso funzionato da contraltare scettico nei confronti delle orgogliose acquisizioni politiche di partito o statuali; come uno scudo di protezione e valore per il Singolo, la persona, la sua primazia rispetto ogni costrutto, ogni ideologia, ogni collettivismo organizzato.
In questa opposizione paradossale allo spirito del mondo, alle sirene del successo o, per converso, alla disperazione del nichilismo materialistico, il Crocifisso davvero è “cattolico” non nel senso confessionale del termine ma nel senso originario ed etimologico di viatico universale – secundum totum – per l’edificazione e la salvezza.
Credo che nessun sincero studente ebreo o musulmano si sia mai sentito aggredito da Cristo in croce e per quanto riguarda i laici, beh, davvero basta citare Croce e il suo laicissimo e storicista “non possiamo non dirci cristiani” per capire che la sterile opposizione ateo/razionalistica è sempre stata, appunto, astratta, ideologica, fuori dalla storia. E oggi? Salvini – quello del Rosario contro immigrati, rifugiati, Rom e reietti… mancano solo pubblicani e fedifraghe – attraverso i suoi parlamentari leghisti ha depositato una proposta di legge per rendere il crocifisso “obbligatorio”, coercitivo, repressivo, statale e, dunque, simbolo di potere.
Il Crocifisso, in breve, deve essere dunque scosso dal suo significato estetico, teologico e morale per divenire un’utile arma di identificazione nazionale e, quindi, di esclusione. In fondo, a ben vedere, davvero nulla di nuovo sotto il cielo: i teologi gnostici all’alba dell’eone cristiano – i c.d. Monarchiani - tentarono l’identificazione anti trinitaria tra l’unico sovrano celeste e l’augusto monarca terreno e, successivamente, Eusebio di Cesarea fece della Croce di Costantino insegna e talismano da cui derivare la legittimazione del sacro come fondamento del potere mondano, sua giustificazione. E quanti, poi, gli epigoni medioevali!
Tutte eresie contro le quali – ben prima di Erik Peterson e del suo “Il Monoteismo come problema politico” così amato da Papa Ratzinger – fu sant’Agostino a rivendicare l’ortodossia di una Pace in Cristo che è ben diversa dalla passeggera pace augustea, di un’unicità trinitaria che non trova alcuna analogia nell’Unità politica perché ogni regno mondano, ogni “dio mortale”, è destinato prima o poi a essere travolto dalla sua natura transeunte.
È l’escatologia cristiana, in ultima analisi - il Regno che ci attende, la vera cittadinanza celeste, la sostanza delle cose sperate - a secolarizzare e a desacralizzare ogni potere, ogni ideologia, ogni costruzione politico istituzionale: una cura di umiltà e concretezza che giunge, in fine, ad interpretare la politica solo come servizio per il bene comune, sempre aperto sul baratro dell’errore, dell’infondatezza, della auspicabile revocabilità delle scelte prese allorquando gli effetti ledano i diritti innati della persona.
In questo contesto eminentemente “debole” e relativista, quindi, la mossa di Salvini si svela per quello che è: la torsione interessata e infedele della Pietà in arcigno segno di differenziazione etnica. E davvero - allo specchio di questo pseudo Crocifisso - Dio è morto e, solo per questo, davvero andrebbe definitivamente rimossa la sua ombra dalle pareti delle scuole.
Per altro verso, da un punto di vista giuridico occorre precisare che, prima dell’iniziativa leghista, la fonte giustificativa della presenza del Crocifisso negli arredi scolastici o in altre P.A. sembra proprio aver seguito la morbida e mite evoluzione di una coscienza collettiva che, come detto, ha progressivamente purificato il simbolo nel suo significato universale: antichi regi decreti tuttora in vigore, polverose circolari ministeriali, consuetudini spontanee e condivise, pronunce giurisdizionali sul caso concreto (le più interessanti sono quelle del Consiglio di stato del 1988 e del 2006) hanno riconosciuto l’inutilità di una legge in materia, e l’arroganza implicita in un nuovo possibile intervento normativo sulla questione che può avere, oggi, una sola ratio: la burocratizzazione della Fede declassata a instrumentum regni.
L’intimo valore extra confessionale e allo stesso tempo religioso e trascendente del mite Crocifisso a Scuola ha significato, invece, tutt’altro: non l’identità muscolare di una singola tradizione ma la porta d’accesso per la libertà, la dignità, l’eguaglianza e la tolleranza universale … elementi di un prezioso sacrario che hanno trovato dimora anche nella nostra Carta fondamentale come fondazione trascendente della laicità.