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Francesco Sicignano è un padre di famiglia. Ha 65 anni. È il pensionato di Vaprio d'Adda che poco più di un mese fa uccise a colpi di arma da fuoco un ladro che si era introdotto a casa sua. Risulta indagato per omicidio. Avrebbe sparato alle spalle del malvivente mentre questo stava già scappando. Lo avrebbe colpito alle spalle sulle scale, non in cucina come invece Sicignano sostiene.

Sicignano è un duro. Secondo lui la ricetta per rendere il mondo un posto più sicuro è dare più armi a tutti e mandare l'esercito a rastrellare i delinquenti. Da quando ha sparato a quel ladro, Sicignano ha trovato ospitalità in quasi tutti i programmi televisivi e radiofonici di punta. Da Paragone, da Cruciani, da Del Debbio. E ovviamente da Barbara D'Urso, dove in una tranquilla domenica pomeriggio ha condito il suo proclama parabellico con le seguenti espressioni: "il dito te lo dico io dove te lo devi ficcare", "ma che cazzo stai dicendo?", "non dica cazzate", "lei non ha capito una mazza", "ma vada a farsi benedire", "porca puttana", "non mi rompete le balle", con Salvini che annuiva compiaciuto, il pubblico che dispensava applausi scroscianti e con la D'Urso che lasciava fare a quest'uomo il suo show trash e brutale. Di domenica pomeriggio. Una tranquilla domenica pomeriggio.

Francesco Sicignano oggi è un uomo popolare. Per molti, moltissimi, è un eroe. Di più, un opinion maker. Che viene intervistato all'indomani di un fatto di cronaca simile a quello che lo ha visto protagonista. Da oggi Sicignano è anche candidato nella lista di Forza Italia per le prossime comunali di Milano. Nonostante abbia sempre votato MSI e nonostante l'appoggio avuto da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini, Sicignano ha scelto Silvio Berlusconi. Spiega lui stesso perché: "ci piace a entrambi la gnocca".

Alberto Solesin è un padre di famiglia. Non ha ucciso nessuno ma gli hanno ucciso una figlia, Valeria, durante l'attacco terroristico del 13 novembre scorso al Bataclan di Parigi. Di lui si sa poco, perché di lui si è scritto abbastanza poco. Ha parlato moltissimo della figlia e niente di se stesso. Non è diventato il protagonista di quella pornografia del dolore e dell’indignazione che spopola nella tv popolare e nella politica, non ha urlato alle telecamere, non ha detto di "averne pieni i coglioni", non ha invocato leggi speciali. Non ha speculato su di una disgrazia, che, secondo la logica comune, l’avrebbe autorizzato a prendersela con tutto e con tutti, a fare la morale al mondo e a tutti i “nemici”, cioè a tutti quelli che non la pensano come lui.

Ai funerali di Stato per la figlia, ha scelto il rito civile e ha invitato i rappresentati di tre diverse religioni: cristiana, ebraica e musulmana. Quando gli hanno chiesto di parlare, ha detto questo: "Qualcuno ci ha detto in questi giorni che la nostra famiglia ha rappresentato un esempio di compostezza e dignità. Mi è capitato di sentire parole tali, quasi che noi potessimo significare un esempio per molti. Se questo è appena lontanamente vero, questo era dovuto. È dedicato a tutte le Valerie e Andrea che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono". Ragazzi, ha poi aggiunto, che come Valeria "vogliono un futuro migliore".

Nelle due vicende si rispecchiano le storie di due famiglie che hanno subito un trauma, e le storie di due padri che hanno affrontato in maniera totalmente differente il proprio dramma. L'uno, Sicignano, che ha subito una violazione di proprietà privata, cavalca fieramente il fatto di aver ucciso il ladro. L'altro, Solesin, a cui hanno ucciso la figlia, prova a contrastare, anche simbolicamente, la spirale della violenza che ha inghiottito Valeria.

Sicignano e Solesin non hanno solo idee e uno stile evidentemente diversi. Non sta in questo la loro vera differenza. La differenza non sta nel fatto che Sicignano è di destra e Solesin sembra di sinistra; eppure ci sono tanti pacifisti e intellò gauchisti che si muovono in pubblico e gridano e insultano e offendono il loro “nemico” esattamente come fa Sicignano. E ci sono molte persone che difendono civilmente il diritto all’auto-difesa e all’uso personale delle armi senza ergersi a maestri e vendicatori del male universale. La differenza tra i due sta piuttosto nel modo di vivere e di usare pubblicamente la propria disgrazia e di esercitare la difficile responsabilità di chi è chiamato a raccontare il dolore della violenza e del sangue versato.

Sicignano e Solesin hanno anche due modi diversi di essere padri e di fare lezione di vita della propria esperienza. Il modo diverso in cui questa lezione è stata accolta – il tifo da stadio per il primo, la diffidenza per la correttezza politica del secondo – è un termometro preciso della febbre dell’opinione pubblica e ci dice molto di come sarà l’Italia nel prossimo futuro. Tra pochi mesi, quando la corsa elettorale per le comunali di Milano entrerà nel vivo, pochi si ricorderanno di Alberto Solesin e delle sue parole composte nel momento più tragico per un padre e per un uomo. Tutti, invece, rivedranno in tv i proclami (e le parolacce) di Francesco Sicignano. Con lui vincerà certo l’Italia, ma quella sbagliata.