Lista donneEst

Chiuso il programma, risolto il problema. Dev’essere quanto pensato dalla dirigenza Rai dopo lo scandalo generato dalla lista di 'motivi per scegliere una fidanzata dell’Est'. È un ciclo ormai cui siamo abituati: nella miriade delle cose sbagliate, brutte e fatte male cui siamo sottoposti quotidianamente, ogni tanto qualcuna viene intercettata dalla rete dei social. Si ingigantisce, alimenta un’ondata inarrestabile di indignazione collettiva (che fortunatamente sublima in meme dopo qualche ora) e bisogna correre ai ripari.

Nel merito della questione di questi giorni, l’infografica è quello che è: una lista cretina per trattare in maniera cretina un argomento cretino. Un prodotto di internet, tra l’altro, e in particolare sembra provenire da un rimaneggiamento di un post satirico della pagina L’Oltreuomo. Purtroppo non è la lista il problema. Si trattasse dell’errore momentaneo di un autore di mano un po’ troppo leggera, non sarebbe poi così grave. Così come non è neanche la misoginia – indubbia – che traspare a preoccupare. È l’intero contesto della trasmissione, e di quel segmento in modo particolare, a restituire un immaginario grottesco e deprimente.

“Parliamone sabato” è l’incarnazione televisiva di un salotto italiano di casalinghe a basso reddito over 50, di cui si solleticano istinti e paure. Nel caso specifico, se ne trae un quadro che mette in scena un patetico circo a tre: in un vertice una moglie ormai stanca e non più attraente, col suo carico di angosce di mezza età e tensioni quotidiane, in un altro un marito zotico e abbrutito, mosso solo da un primordiale istinto sessuale verso l’avvenenza dalla scaltra sanguisuga dell’est che occupa il terzo vertice. È una rappresentazione da cui nessuno esce vivo, di uno squallore inemendabile.

C’è la sconfitta delle mogli italiane e del loro patrio orgoglio ferito, la vuota stupidità del maschio in canotta abbindolato dall’arguta perfidia della minaccia venuta dall’est su un tacco 12. Tutto nella cornice di ridicola superficialità con cui si tratta il tema, al netto della lista: da Anita Ekberg “donna dell’Est” all’immaginario stereotipato con cui è montato ogni lancio.

È un quadro desolante, lo è umanamente e lo è intellettualmente e lo è in un certo senso anche artisticamente, per chi la televisione la pensa di mestiere. La TV del disimpegno è una cosa apprezzabile per chi scrive, perché TV è anche intrattenimento, leggerezza, piacevole avanspettacolo. La TV della degradazione, di contro, ha delle colpe. Sono quelle del nulla salottiero, degli “opinionisti” che ciarlano restituendo un’immagine di un Paese triste, svilito, dandoci la conferma che non c’è nessuna volontà di analisi, né di riflessione, solo il gusto di rimestare nel torbido.

Bisognerebbe chiedersi, allora, qual è il ruolo della Rai pubblica, TV di stato, se non sa offrirci né programmi di approfondimento né programmi di intrattenimento. Quale sia il senso di finanziare quella che si traduce spesso in un’operazione culturale di svilimento del Paese, tramite palinsesti pagati con le tasse dei suoi stessi cittadini. Sarebbe bello poter far sì che la prossima riproposizione di un quadro avvilente come quello di cui si è discusso ieri e oggi non diventi un argomento di cui si deve occupare la politica. È, anche questo, degradare un altro pezzo di Paese.

PS: Questo pezzo attinge a piene mani da un lucidissimo post Facebook di Francesco-Paolo Maria Di Salvia, che ringrazio.