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Ficarra e Picone, Nino Frassica, Claudia Gerini, Elio Germano, Valeria Golino, Flavio Insinna, Noemi, Piero Pelù, Isabella Ragonese, Claudio Santamaria e Pietro Sermonti: tutti insieme appassionatamente in uno spot di Greenpeace Italia per invitare il prossimo 17 aprile a votare sì al referendum e "fermare le trivelle". 

Dodici personaggi dello spettacolo impegnati a "difendere il nostro mare" per tornare finalmente ad ascoltare "il rumore delle onde", farci "il bagno a mezzanotte" e gli "schizzi in acqua", ammirare "le conchiglie, i gabbiani, i pesci". Magari "con qualche sirena". Insomma, "se non le vuoi", il 17 aprile "vota sìììììììì" insieme a Noemi e ferma queste maledette trivelle.

"So' artisti, c'hanno la licenza poetica", si dirà. Peccato però che non abbiano anche quella di raccontare palesi falsità ai già fin troppo poco informati italiani sulla consultazione del 17 aprile.

Infatti, al di là dell'orientamento di ognuno di noi sulla consultazione (votare sì, no o astenersi), al contrario di quello che si afferma nello spot di Greenpeace, il quesito referendario non comporta alcuno stop alle piattaforme di estrazione (le trivelle, in realtà, se ne sono già andate da anni).

Se dovesse vincere il Sì le piattaforme già esistenti in mare entro le 12 miglia dalla costa non cesseranno l'attività, ma continueranno ad estrarre gas e petrolio come se nulla fosse fino alla scadenza della concessione (in alcuni casi trentennale). A tale scadenza nulla giuridicamente escluderebbe che le regioni possano nuovamente prorogarle, al di là della propaganda di questi giorni: questo si stanno affrettando a garantire i veri promotori del referendum - che, è bene ricordarlo, sono alcuni consigli regionali. Oltre le 12 miglia tutto rimarrebbe immutato, anche se il referendum venisse approvato. E non si impedirebbero nemmeno le nuove estrazioni entro le 12 miglia, dato che queste sono già impedite per legge.

Insomma: una dozzina di personaggi famosi che millanta il possibile raggiungimento di un obiettivo che il referendum, per la stessa ammissione dei promotori, non si prefigge. Uno spot che, sfruttando la notorietà e la credibilità dei dodici artisti, crea aspettative su qualcosa che non avverrà perché, banalmente, non è previsto che avvenga.

Chissà se conoscono davvero il contenuto del quesito e hanno sposato questa campagna per convinzione o se, al contrario, hanno solo voluto fare "quelli de sinistra" (in un fronte peraltro molto bipartisan, che comprende anche Salvini, Meloni e Berlusconi)? Perché l'impressione è proprio questa: persone totalmente ignare di quello di cui stanno parlando, che hanno abbracciato una causa "perché fa figo", incuranti del finto messaggio che stanno dando, ma con gli occhi trasognati di chi sta per fare la rivoluzione.

Una naïveté tragicomica che farebbe perfino tenerezza, se non fosse che aggiungono disinformazione su un referendum privo di effetti pratici se non sul lungo periodo, ma pregno di connotati ideologici nel breve, brevissimo termine.