Obama guevara

Una frase attribuita a Fidel Castro circola da diverso tempo, soprattutto sui social network: “Estados Unidos vendrà a dialogar con nosotros cuando tenga un presidente negro y haya en el mundo un Papa latinoamericano” (gli Stati Uniti verranno a parlarci quando avranno un presidente nero e nel mondo ci sarà un Papa latinoamericano). Si tratta di parole pronunciate nel 1973 (si presume), e che rilette oggi fanno un certo effetto.

Barak Obama, primo afroamericano alla casa bianca, nei giorni scorsi è stato in visita ufficiale a Cuba. La prima visita ufficiale di un presidente americano sull'isola dopo quasi novanta anni. E tutto questo è accaduto proprio mentre in Vaticano c'è un papa sudamericano, al quale peraltro viene attribuita la riuscita del rinnovato dialogo. Molti sono rimasti colpiti all'idea che il lider maximo possa avere previsto il futuro con oltre 40 anni di anticipo. Ma sarà proprio tutto vero?

La leggenda della “profezia di Castro” nasce dal racconto di un anziano tassista de L'Avana, tale Eduardo de la Torre. Nel lontano 1973, quando era un giovane studente, conobbe il giornalista inglese che durante una conferenza stampa aveva rivolto a Castro una domanda sui rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti. La testimonianza del tassista, circa un anno fa, è stata raccolta dallo scrittore argentino Pedro Jorge Solans, e l'aneddoto di Castro-Nostradamus ha fatto rapidamente il giro del mondo.

A voler esser pignoli, non c'è nessun riscontro concreto a sostegno di quanto scrive Solans, se non, appunto, la testimonianza del tassista cubano. Per il resto, nessun altro si ricorda del fantomatico giornalista, né si conosce la data precisa della conferenza stampa nella quale Castro avrebbe pronunciato la frase. Pare si tratti di una bufala: Castro, probabilmente, quelle parole non le ha mai pronunciate.

Il racconto pubblicato da Solans ha ricevuto già diverse smentite. Tuttavia, il fascino della profezia di Castro non ne è stato minimamente intaccato. È probabile che la nascita di questa nuova leggenda sia destinata a rimanere un giallo, un altro mistero della storia. Una ipotesi fantapolitica sulla quale, magari, potranno divertirsi giornalisti di oggi e romanzieri di domani. Non sarebbe certo la prima volta che accade una cosa simile. Troppo spesso il mondo, tra la razionalità e la leggenda, volta le spalle alla prima per lasciarsi stregare dal fascino della seconda. Tanto vale farsene una ragione e stare al gioco, dare per buono il racconto di Solans e portare a galla le non poche perplessità che emergono da questa vicenda, vera o falsa che sia, per scoprire che alla fine anche questa leggenda si presta a interpretazioni diverse e contrastanti.

Come gli sarà mai venuta in mente una simile profezia a Castro, nel 1973? La morte violenta, non molti anni prima, di due storici leader neri americani non lasciava molte chance all'ipotesi di un presidente di colore. Alla casa bianca sedeva il repubblicano Nixon. Nemmeno l'ipotesi di un papa latino americano aveva grandi chance. A parte le statistiche, che non deponevano molto a favore (l'ultima elezione di un papa non italiano risaliva al 1522), era difficile immaginare che la teologia della liberazione, così vicina alla dottrina marxista e a Castro stesso, potesse approdare in Vaticano senza colpo ferire. Che senso aveva profetizzare la distensione nel contesto di in uno scenario futuro a dir poco improbabile?

E poi, i comunisti la loro profezia ce l'avevano già. “Noi vi seppelliremo” disse Kruscev a Nixon, proprio in quegli anni. Una sintesi molto chiara di quello che avrebbe dovuto essere il trionfo del comunismo e la sconfitta del mondo capitalista (e degli americani prima di tutto).

Perché mai Castro, in una fase che conosceva l'apice dello scontro tra i due blocchi, avrebbe dovuto formulare una profezia diversa? In un momento in cui erano forti le ingerenze della CIA in Sudamerica. Il "piano condor", l'alleanza con le dittature sudamericane, la guerra alle opposizioni filocomuniste. Anche nel sudest asiatico, gli americani avevano bombardato a tappeto il Vietnam con le operazioni Linebacker nel 1972. E stando sempre al racconto di Solans, pare che Castro rilasciò quella intervista proprio al ritorno di un viaggio in Vietnam.

Con ogni probabilità il lider maximo, nel 1973, non voleva pronunciare una profezia ma un anatema. Quello che (forse) disse, evocando circostanze impossibili da immaginare all'epoca, voleva significare che mai e poi mai Cuba e gli Stati Uniti sarebbero tornati a dialogare, e che il solo esito possibile dello scontro sarebbe stato il trionfo della revoluciòn e la sconfitta degli americani. Un anatema perfettamente in linea con la visione di Kruscev. Un anatema che di quella visione, come sappiamo, avrebbe poi condiviso anche il destino.

Tutta la faccenda è soltanto un equivoco, allora. La leggenda di Castro-Nostradamus e della sua profezia è solo un autoinganno collettivo, il tentativo di mantenere vivo il mito di un personaggio di indiscutibile spessore, ma la cui parabola politica rimane legata a una ideologia che alla fine è stata perdente.

Tutt'altro che una profezia, questa leggenda, in realtà, racconta il fallimento dello storicismo. Superato ancora una volta dalla storia, che ha sempre più fantasia degli uomini e che in questo caso ha voluto addirittura farsi beffe delle loro previsioni, facendo in modo che quell'anatema si realizzasse proprio come l'antitesi di se stesso: la visita di un presidente di colore e la presenza a Roma di un Papa latinoamericano non coincidono con il trionfo, ma con la definitiva abdicazione di un regime ormai troppo vecchio e la liberazione di un intero popolo dalla persecuzione dei fantasmi tristi del '900.

Mi fermo qua. Posso anche tornare coi piedi per terra e smettere con la fantapolitica. Perché a questo punto, che il vecchio tassista abbia detto o no la verità, non fa più una grande differenza.