Di glifosate abbiamo scritto su Strade tante volte, di confirmation bias anche. Non ci illudiamo, dunque, che con dati e numeri si riescano a dissipare gli allarmismi su uno degli erbicidi più economici ed efficaci al mondo: per chi è sensibile al marketing terroristico del bio e del "naturale", a poco valgono le spiegazioni approfondite.

glifosate

Tanto per ricordare ancora una volta i paradossi del terrorismo alimentare a fini di marketing, diciamo subito che lo Iarc, l'agenzia dell'Oms che ha classificato il glifosate tra i "probabili cancerogeni", ha detto ben di peggio ("sicuramente cancerogeni", come le sigarette e l'amianto) delle carni lavorate e dell'etanolo. Ossia, salumi e vini. Eppure i vari "alfieri del ben mangiare", interpellati a ogni occasione dai principali quotidiani nazionali per ricordare quanto il glifosate sia brutto e cattivo, certo non consigliano di bandire istantaneamente questi alimenti dal consumo, ma anzi, continuano a commerciarli, peraltro a prezzi non proprio economici, e a consigliarli, in quanto punta di diamante del buon cibo made in Italy. Delle due l'una: o, se le classifiche Iarc vanno prese come verità rivelata, com'è stato nel caso del glifosate, dobbiamo ipotizzare un complotto segreto di Slow Food per far venire il cancro ai buongustai a forza di sopressa e di Barolo, oppure, più probabilmente, le classifiche Iarc vanno prese cum grano salis - sperando non sia cancerogeno pure quello.

Sarà forse che il glifosate non è abbastanza chic, perché troppo economico? Ormai, su alcune superfici, diserbare un ettaro può arrivare a costare meno di 10 euro: non proprio un prezzo "slow food", evidentemente. Meglio promuovere presunte alternative "naturali", ancora sotto brevetto, a differenza del glifosate, e molto, ma molto più costose - nonché, ad oggi, meno efficaci.

Sia come sia, riteniamo valga comunque la pena di segnalare, ai nostri lettori appassionati di questo tema e, in generale, a chi voglia imparare di più sulle metodologie usate a livello internazionale per definire "rischio" e "pericolo" insiti nelle sostanze con cui veniamo a contatto, un articolo divulgativo molto completo pubblicato sul Foglio online di giovedì 5 aprile dal professor Angelo Moretto dell'Università di Milano. A partire dall'apparente contraddizione per cui lo Iarc ha dichiarato il glifosate "probabilmente cancerogeno", mentre molti altri organi internazionali sono giunti alla conclusione che esso non ponga rischi di cancro per l'uomo, il professore spiega che sono l'impostazione e la metodologia operativa dei diversi studi ad essere profondamente differenti, e quindi a portare a risultati diversi, in alcuni casi apparentemente opposti.

Per usare le sue stesse parole, Moretto scrive per "far capire al grande pubblico, ai decisori e alle istituzioni quello che per i tecnici del settore è generalmente chiaro: la differenza fra pericolo (caratteristica astratta e adimensionale) e il rischio (stima quantitativa della probabilità che un evento avverso possa accadere), quest’ultimo solo strumento utile a prendere decisioni operative. Mentre decisioni prese solo sulla base del pericolo sono fuorvianti e inducono reazioni sproporzionate e inutili allarmismi nella popolazione".

Lo Iarc redige le proprie classifiche secondo il parametro del pericolo: se rileva che una sostanza, anche a concentrazioni ed esposizioni completamente inverosimili fuori da un laboratorio per esperimenti, anche su un campione non rappresentativo, innalza anche di pochissimo le probabilità di cancro, ebbene, il dado è tratto: è "probabilmente" cancerogena.

Inoltre, osserva il professor Moretto, nel caso in specie "Iarc ha analizzato solo una parte degli studi sperimentali disponibili, mentre in alcuni casi ha utilizzato sommari di Epa (Environmental Protection Agency, l'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente) o Jmpr (Joint Fao/Who meeting on pesticide residues, a cui lo stesso Moretto dichiara di partecipare da 30 anni in quanto invitato come esperto, NdR). In questo modo ha perso informazioni significative, quelle stesse informazioni che hanno contribuito alla conclusione di Jmpr sulla non-cancerogenicità di glifosate. Inoltre, nella valutazione della genotossicità, Iarc ha preso in considerazione anche gli studi con prodotti commerciali di composizione non nota e che, oltre al glifosate di purezza non nota, contenevano altri componenti raramente identificati. Questi studi, nei quali non è possibile attribuire a un composto specifico gli effetti osservati, hanno confuso il quadro generale, in particolare quello relativo agli studi con glifosate di cui era nota la purezza e che sono risultati quasi tutti negativi, come riportato dal Jmpr. Da questa incompleta e imprecisa valutazione che non ha, fra l’altro, preso in considerazione e adeguatamente bilanciato dati quantitativi, è derivata la conclusione Iarc sulla cancerogenicità di glifosate".

L'articolo spiega con dovizia di dettagli come sia possibile che l'Organizzazione mondiale della Sanità, sulla cancerogenicità del glifosate, sia giunta a conclusioni completamente opposte rispetto alla propria "costola" Iarc, e ricorda che non è questo l'unico caso in cui ci sono stati giudizi contraddittori: cita infatti il caso del malathion, molto usato nei Paesi in via di sviluppo per combattere la zanzara anofele, vettrice di malaria, e classificato dallo Iarc nel gruppo 2A, ossia "probabilmente cancerogeno". Come il glifosate e come, fa notare Moretto, la malaria stessa.

Quale utilità, per la vita pratica di tutti noi, possa avere una classifica che pone a pari merito la malattia e la sostanza che consente di debellarla lasciamo al lettore l'arduo compito di deciderlo; che utilità abbia, viceversa, per i maestri del cherry-picking a chilometri zero, sempre pronti a sventolare i dati Iarc sulla pericolosità dei prodotti che avversano e ad ignorare quelli, spesso uguali o più gravi, sui prodotti che invece promuovono, è abbastanza chiaro.

*Questo articolo vi è gentilmente offerto da un autore che preferisce restare anonimo, e che, anziché ingerire gli appena 230 chili di pasta al giorno necessari affinché i residui di glifosate (eventualmente) presenti possano (forse) fare un qualche effetto sul suo fisico, preferisce scavarsi la fossa in maniera più sicura, scrivendo fino alle tre di notte: il lavoro notturno, avverte infatti premuroso lo Iarc, è "probabilmente cancerogeno". Esattamente come il glifosate. Ed ecco perché, signori, non vedrete mai un ristorante Slow Food aperto di notte.