Api

I neonicotinoidi sono i principali insetticidi oggi utilizzati sui campi agricoli. Sono delle molecole simili alla nicotina - da qui il nome - che agiscono a livello sistemico, bloccando le trasmissioni neuronali degli insetti "target". Vengono usati sia per la concia dei semi che per il trattamento delle foglie e al suolo nelle colture bee attractive.

Rispetto ai pesticidi che venivano usati in passato - i neonicotinoidi sono comparsi sul mercato negli anni Novanta, fino a conquistarlo - sono considerati più efficaci e più sicuri per i mammiferi (quindi per noi) e per l'ambiente. Però si stanno dimostrando pericolosi per la sopravvivenza delle api, e ci sono sempre più prove in tal senso.

Uno studio recente, condotto dal Centre for Ecology and Hydrology (CEH) del Regno Unito e pubblicato su Science, lascia pochi dubbi nell'assegnare ai neonicotinoidi un ruolo determinante nella cosiddetta "Sindrome dello spopolamento degli alveari" (SSA o CCD, Colony collapse disorder).

Da alcuni decenni, soprattutto in Nord America e in Europa, si sta assistendo infatti allo spopolamento degli alveari: molte api perdono letteralmente il senso dell'orientamento e non riescono più a fare ritorno a casa e in molti casi hanno difficoltà riproduttive, con danni sia per l'impollinazione che per i produttori di miele. I sospetti sui neonicotinoidi non sono recenti, anche se solo di recente molti Stati si sono mossi con forza per prendere delle cautele, vietandoli in tutto o in parte o, comunque, regolando in maniera più pesante il loro utilizzo.L'Unione Europea, ad esempio, nel 2013 ha ristretto enormemente l'utilizzo di alcuni prodotti (Clothianidin, Thiamethoxam e Imidacloprid) e potrebbe bandirli del tutto a breve.

Lo studio del CEH, costato più di 3 milioni di euro, è il più grande studio sul campo effettuato finora in Europa. Sono stati analizzati i comportamenti di tre specie di api in 33 siti (9 in Germania, 12 in Ungheria e 12 nel Regno Unito) per un totale di circa 2mila ettari coltivati a colza i cui semi sono stati trattati con il Clothianidin, venduto da Bayer CropScience, o con il Thiamethoxam di Syngenta (e confrontati con campi in cui non sono stati usati neonicotinoidi). Lo studio ha il vantaggio di aver monitorato gli effetti dei neonicotinoidi in tre regioni differenti, osservando quindi anche come questi siano diversi a seconda del contesto ambientale.

Il ruolo determinante di questi insetticidi viene confermato: nella stagione della fioritura le api da miele hanno subito gli effetti negativi dell'esposizione ai neonicotinoidi, con una riduzione delle colonie sia nel Regno Unito che in Ungheria. Proprio in Ungheria gli effetti negativi sono persistiti anche durante l'inverno, portando a una riduzione del 24% delle 'api operaie' nella primavera successiva. Nessun effetto di questo tipo sembra invece essere stato rilevato in Germania: secondo uno degli autori dello studio, Ben Woodcock, questa differenza 'positiva' potrebbe essere dovuta all'interazione con altri fattori, come la presenza per le api tedesche di altre risorse per nutrirsi - ad esempio 'fiori di campo' in prossimità delle aree coltivate - e una migliore condizione di salute degli alveari, meno affetti da malattie e parassiti.

Già da tempo la Sindrome dello spopolamento degli alveari è stata spiegata - tra le altre cose (non tutte fondate) - anche evidenziando la presenza di parassiti negli alveari, come Varroa e Nosema, o, ancora, con una dieta sostitutiva (sciroppi anziché il miele prodotto) non appropriata per mantenere alte le difese delle api, con lo stress, con l'arrivo della Vespa Velutina o con l'impatto dei cambiamenti climatici.

Qui sta forse il punto principale: il declino delle api è probabilmente dovuto a una serie di fattori che in certe condizioni - non inusuali - si concatenano tra loro, flagellando gli alveari, ma sembra essere ormai abbastanza chiaro che i neonicotinoidi siano un fattore determinante in molte di queste condizioni. Sia lo studio del CEH che un altro pubblicato nello stesso numero di Science mostrano che l'esposizione a questi pesticidi - che persistono nel terreno anche più di quanto ci si aspettasse - comporta la moria di un numero cospicuo di api e affligge significativamente la loro capacità riproduttiva.

Quel che è stato osservato in Germania (ma anche in altre regioni del mondo in altri studi) non deve portarci a conclusioni semplicistiche e a farci pensare che i neonicotinoidi siano innocui per le api. Il ragionamento dovrebbe essere più complesso e basarsi sulle condizioni specifiche di ogni sito o di ogni macroarea: dove le cose vanno bene (alveari sani, presenza di fonti di alimentazione extra fornita dai fiori di campo, facendo tuttavia attenzione a non farsi prendere troppo la mano da questa idea) i neonicotinoidi forse hanno un impatto non troppo significativo, e quantomeno gestibile, sulla sopravvivenza delle colonie; quando però iniziano ad aggiungersi anche altri fattori (pesti, funghi, scarsa alimentazione delle api) ecco che il loro ruolo diventa estremamente significativo, fino a risultare letale.

Di fatto però il rapporto di coesistenza tra l'uso dei neonicotinoidi e le api è un problema da risolvere (e c'è motivo per pensare che il problema si estenda anche oltre le api), per cui occorrono soluzioni. Non è auspicabile il 'liberi tutti' che alcuni pretendono 'fino a prova contraria' (le prove contrarie, ormai, iniziano a essere ben più di una), ma non è detto che il bando assoluto e permanente richiesto da molti sia la scelta migliore, perché lascerebbe gli agricoltori con armi decisamente spuntate (con quel che ne consegue in termini economici e sociali), potrebbe comportare il ritorno di insetticidi ben più dannosi per l'uomo e per l'ambiente (api comprese) e, in alcune situazioni, come quella tedesca analizzata nello studio del CEH, potrebbe rappresentare una soluzione ingiustamente penalizzante.

Meglio, forse, una policy complessa che valuti caso per caso, regione per regione, coltura per coltura, prevedendo nuovi strumenti di controllo delle pesti, modalità meno impattanti - se ci sono - di utilizzo dei neonicotinoidi (a partire dall'usarli quando veramente servono e non in una generica modalità preventiva), ricorso a rimedi alternativi quando siano dimostrati egualmente efficaci, spingendo fortemente, nel frattempo, per la ricerca di nuove e più sicure soluzioni.