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Quando ero piccolo, ogni tanto, mia mamma preparava un piatto molto buono - e di cui mio padre andava piuttosto ghiotto - fatto con il pane rimasto dai giorni precedenti. Una cosa abbastanza comune derivante dalle società povere in cui buttare via il cibo era davvero un peccato mortale. Si chiama pane dorau, o pani dorau a seconda delle zone. Pane dorato. Banalmente: pane fritto, dopo essere stato bagnato con l’uovo e, in alcune varianti, anche con il latte. Tutto naturale: il pane spesso era quello tipico ‘fatto in casa’ , le uova erano delle galline del vicino, il latte era delle vacche di uno zio pastore. L’olio per la frittura era extravergine d’oliva.

Ingredienti ‘naturali’, ma il risultato - per quanto buonissimo - non è un pasto salutare. Al di là della frittura in sé, il pane, contendo amido, sviluppa con la normale cottura una sostanza che si chiama acrilammide, cancerogena nei test di laboratorio sugli animali e classificata come probabilmente cancerogena per gli esseri umani dallo Iarc. Si sviluppa con i processi di trasformazione ed è presente in un sacco di cibi che consumiamo, come le patate, i biscotti ma c’è anche nel caffè. L’acrilammide probabilmente accompagna i nostri pasti fin da quando è stata inventata la cottura dei cibi ma nessuno - tranne forse i crudisti - imbastisce campagne per sconsigliarci di cuocere.

C’è chi invece negli ultimi anni ha inventato una campagna di successo contro i supposti danni alla salute provocati dall’olio di palma. “Olio di palma: per l’Efsa contiene sostanze cancerogene!”. È il titolo, con tanto di punto esclamativo (poi rimosso) con cui il Fatto Alimentare ha scritto l’ultimo capitolo della vicenda, ripreso un po’ da tutti gli organi di informazione, Rai compresa, che hanno semplicemente diffuso la ‘velina’. Vi si dice che l’olio di palma - usato moltissimo dall’industria alimentare - sia pericolo per la nostra salute e che quindi andrebbe eliminato e sostituito con altri olii o grassi.

Solo che si tratta di conclusioni arbitrarie tratte da uno studio lungo, dettagliato e di difficile lettura realizzato dal CONTAM - il gruppo di esperti scientifici dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) sui contaminanti nella catena alimentare - che ha analizzato la presenza di tre sostanze potenzialmente nocive derivanti dai processi di trasformazione di un gruppo di grassi e olii vegetali, tra i quali c’è l’olio di palma. Lo studio è stato richiesto dalla Commissione europea e serve per stabilire, con la migliore approssimazione possibile, l’esposizione al rischio che noi consumatori affrontiamo mangiando cibi comunemente in commercio che contengono quelle sostanze, realizzate con quegli olii e grassi.

L’Efsa ha esaminato la presenza di tre sostanze, dicevamo, e sono queste: i glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi. Sono sostanze che si formano durante le normali lavorazioni alimentari, soprattutto quando gli olii vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200° C). Gli olii presi in considerazione sono quello di palma, di palmisto, cocco, mais, arachidi, colza, girasole e le margarine.

I più elevati livelli di GE, come pure di 3-MCPD e 2-MCPD (compresi gli esteri) - afferma l’Efsa - sono stati rinvenuti in oli di palma e grassi di palma, seguiti da altri oli e grassi”. Cosa significa? Significa che tutte e tre le sostanze poste sotto osservazione sono presenti in tutti gli olii presi in considerazione, ma nell’olio di palma i livelli sono maggiori e anche di molto.

Particolare attenzione merita la presenza di GE che per i suoi effetti genotossici e cancerogeni ormai quasi sicuri sarebbe meglio non avere nei cibi, tanto che l’Efsa non ha neppure calcolato un livello di sicurezza, ma solo un margine di esposizione. “Nel valutare le sostanze genotossiche e cancerogene che sono presenti accidentalmente nella catena alimentare - spiega la sintesi per i media realizzata dal CONTAM - l'EFSA calcola un cosiddetto 'margine di esposizione' per i consumatori. In generale, maggiore è il margine di esposizione, più basso è il livello di preoccupazione per i consumatori. Il gruppo ha concluso che i GE sono un potenziale problema di salute per tutte le fasce d’età più basse e mediamente esposte, nonché per i consumatori di tutte le età che risultino fortemente esposti”.

L’olio di palma, anche se è il campione indiscusso per quantità, non è l’unico a sviluppare i glicidil esteri degli acidi grassi e le cose nel corso degli anni sono anche migliorate: “La disamina del gruppo ha messo in luce che i livelli di GE negli oli e grassi di palma - spiega ancora l’Efsa - si sono dimezzati tra il 2010 e il 2015, grazie alle misure volontarie adottate dai produttori. Ciò ha contribuito a un calo importante dell’esposizione dei consumatori a dette sostanze”.

Ora, se di fronte a questi dati è sacrosanto pretendere dall’industria maggiore attenzione è anche vero che anche tutti gli altri olii usati ci espongono a un rischio e spingere il consumatore verso prodotti che contengono olii diversi da quello di palma non è affatto una soluzione. C’è poi una curiosità poi che nessuno degli ‘allarmisti’ ha preso in considerazione: l’olio di palmisto (palm kernel oil/fat), quello ottenuto dai noccioli della palma essiccati, macinati e filtrati e che è di qualità molto più scadente dell’olio di palma (in termini salutistici: fa più male), presenta valori in linea - quando non addirittura più bassi - di tutti gli olii vegetali considerati migliori e per i quali nessuno si straccia le vesti. Lo riabilitiamo adesso?

C’è poi un’altra questione che lo studio Efsa non affronta, perché non era il suo obiettivo: l’olio di palma sostituisce spesso il burro perché costa di meno ed in molti casi si ottengono gli stessi risultati finali (non dal punto di vista del gusto magari). Quanto a contaminanti da raffinazione, come si comporta l’olio di palma rispetto al prodotto che sostituisce?

Tirando le somme, l’Efsa ha davvero detto che l’olio di palma è cancerogeno? No. Ha fatto solo un’analisi dell’esposizione al rischio rispetto ad alcuni contaminanti accidentali che troviamo in alcuni cibi in commercio, quando olii e grassi vengono processati ad alte temperature. È vero però che ha posto in evidenza che tale rischio è maggiore in alcuni preparati che contengono l’olio di palma e che sia un’esposizione dipendente dal tipo di alimentazione che si segue. In particolare ha notato che la fascia di consumatori più esposta è quella dei bambini, soprattutto se sono alimentati quasi esclusivamente con cibi processati: "L'esposizione ai GE dei bambini che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione - afferma la dottoressa Helle Knutsen, presidente del gruppo CONTAM - in quanto è fino a dieci volte quella che sarebbero considerata di lieve preoccupazione per la salute pubblica”. Stessa cosa può dirsi per l’esposizione a 3-MCPD (esteri compresi) che è risultata più alta di quanto considerato sicuro nelle fasce d’età più basse (bambini e giovani). Mentre su 2-MCPD non ci sono dati sufficienti.

Volendo dare una lettura in prospettiva, lo studio indica ai regolatori europei probabilmente due strade da percorrere. La prima è quella di chiedere all’industria della trasformazione alimentare una maggiore attenzione e un cambio nei processi produttivi che portino a un abbassamento ulteriore del rischio. E una reazione positiva c’è già stata da parte dell’Aidepi (Associazione industrie del dolce e della pasta italiane) che ha dichiarato il proprio impegno a prendere le contromisure necessarie nel più breve tempo possibile (cosa che non significa affatto che avrebbero finalmente deciso di non usare più l’olio di palma).

La seconda è diretta ai consumatori, soprattutto a quelli più giovani e ai loro genitori, ed è quella più importante. Possiamo tradurla in due parole: varietà alimentare. Sporcarci le mani (e le pentole) e preparaci il più possibile da soli pranzi, cene, colazioni e merende con alimenti sempre diversi e non preconfezionati e già pronti è quello che da tempo ci insegnano e che, puntualmente, sembriamo dimenticare. Ma mangiare una merendina o degli snack saltuariamente non ci provocherà danni alla salute, così come non lo fanno delle braciole alla griglia o il pane fritto preparato dalla mamma una volta ogni tanto. La parola chiave rimane sempre la stessa: moderazione.

@DanieleOppo