Il terremoto del 2012 sarebbe stato indotto dalle attività estrattive? Finalmente il rapporto della commissione scientifica incaricata dalla regione Emilia Romagna è pubblico. Vale quindi la pena andarlo a leggere, per vedere quel che dice davvero.

bencivelli - Copia

Facciamo un esempio. In qualche cassetto buio di un qualche funzionario statale c’è un corposo rapporto scientifico. È stato commissionato da una Regione italiana a un gruppo di esperti chiamati a dire se i terremoti che hanno squassato il suo territorio siano stati causati dalle attività estrattive. Un’importante rivista scientifica americana fa lo scoop e ne scrive: dice che quel rapporto sta in quel cassetto da almeno un mese, e che non viene pubblicato per ragioni di imbarazzo. Subito dopo, il rapporto appare sul sito della Regione, e tutti lo possono leggere gratuitamente e per intero online. C’è un rapporto causa – effetto tra questi due eventi? La Regione ha pubblicato perché la rivista ha rivelato il suo imbarazzo? O la Regione ha pubblicato dopo la news di Science e il rapporto è temporale e non causale?

La differenza, in alcuni casi, è determinante. Possono succedere cose prima di un certo evento, senza che quelle cose siano la causa dell’evento stesso. Succedono prima e basta. E poi si tratta anche di mettersi d’accordo su che cosa significhi "prima", perché noi uomini abbiamo una finestra di osservazione sul mondo assai limitata rispetto ai tempi di certi fatti naturali.

L’esempio, lo avrete riconosciuto, è preso da un episodio vero: la Regione è quella dell’Emilia – Romagna e la rivista scientifica è Science. Il rapporto esiste davvero. E l’imbarazzo sarebbe causato (ma questo lo sostiene Science) da eventuali ripercussioni economiche della pubblicazione: dalle decisioni su future trivellazioni in regione, sempre più improbabili, e su quelle in corso da decenni, che potrebbero essere sospese. Chiarito il concetto di causalità, adesso che è online e non è più segreto vale la pena di aprire il rapporto, e leggere che cosa dice davvero sulle attività estrattive e sulla possibilità di un nesso causale con i terremoti dell’Emilia di due anni fa.

A scanso di equivoci, diciamo subito che il rapporto è lungo duecento pagine ed è molto complesso: che non basta la buona volontà per leggerlo e capirlo, ma che, come per quasi tutto, ci vogliono competenze specifiche. Che è in inglese, perché la commissione è internazionale, quindi da parte di un lettore ingenuo sono possibili traslazioni semantiche e perdite di sfumature. Ma anche che le conclusioni sono pubblicate con la traduzione in italiano e sono decisamente chiare.

Per esempio, si dice che i due quesiti a cui la commissione internazionale doveva dare risposta erano i seguenti:

«1. è possibile che la crisi emiliana sia stata innescata dalle ricerche nel sito di Rivara, effettuate in tempi recenti, in particolare nel caso siano state effettuate delle indagini conoscitive invasive, quali perforazioni profonde, immissioni di fluidi, ecc.?

2. è possibile che la crisi emiliana sia stata innescata da attività di sfruttamento o di utilizzo di reservoir, in tempi recenti e nelle immediate vicinanze della sequenza sismica del 2012?»

Il sito di Rivara è nel modenese ed è famoso perché è stato al centro delle proteste più accese su web e non solo. La Erg avrebbe dovuto realizzarvi un sito di stoccaggio di gas, cioè avrebbe dovuto usare una cavità nel sottosuolo per immagazzinarvi d’estate il metano che di inverno usiamo per riscaldare le nostre case (sì, le nostre, non quelle di Gotham City). Avrebbe dovuto, perché poi la Regione ha detto di no. C’è chi dice che siano state comunque effettuate perforazioni per studiare l’agibilità del progetto, e che queste perforazioni avrebbero comportato l’immissione di liquidi, i quali avrebbero potuto lubrificare la faglia e scatenare il terremoto.

C’è anche chi ne ha approfittato per fare confusione e per parlare di fracking, il temuto fracking (in italiano fratturazione idraulica), che in Nord America e in Est Europa si pratica a tutto spiano per estrarre idrocarburi intrappolati in giacimenti difficili. Il fracking è sotto osservazione perché ha diverse ricadute ambientali importanti (ma anche l’impiego dei derivati di quegli idrocarburi nei motori delle nostre automobili ne hanno, a voler essere pignoli) e perché alcune procedure associate sono state spesso sospettate, e pesantemente, e a ragion veduta, di stimolare la formazione di terremoti. Comunque il fracking in Italia non si pratica. E ci sono pochi dubbi: è impossibile da nascondere. Richiede enormi quantità di acqua e grandi spazi, tanti buchi per terra e grandi strutture in superficie. E poi sul territorio italiano non ci sono giacimenti di gas del tipo giusto. Quindi in Italia il fracking non si pratica. Ma andiamo con ordine. Sempre le conclusioni del rapporto, sempre in italiano, sempre senza ambiguità di traduzione. Cominciamo da alcune premesse.

Si distinguono due tipi di terremoti antropogenici, cioè causati dalle attività dell’uomo: quelli indotti, in cui è stata l’attività umana a provocare un terremoto che altrimenti non si sarebbe verificato, e quelli innescati, in cui l’attività umana ha accelerato la presentazione di un evento sismico che sarebbe avvenuto comunque, ma un po’ più in là nel tempo. Non si può dire quanto più in là. Ma si può dire che il fattore umano scatenante è stato l’ultimo passetto verso il terremoto. Come la mentina dei Monty Python.

Altra premessa: «numerosi rapporti scientificamente autorevoli descrivono casi ben studiati nei quali l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi in campi petroliferi o geotermici è stata associata al verificarsi di terremoti, a volte anche di magnitudo maggiore di 5. È difficile, a volte impossibile, utilizzare il termine provata per questi casi». Non c’è niente di segreto e la scienza non nasconde proprio nulla. Sono diverse decine di anni che si studiano i terremoti indotti dalle attività umane. Solo che nella stragrande maggioranza dei casi non si può allungare il dito e di dire che quel dato terremoto è stato causato da quella particolare attività.

Infine: «I casi riportati sono solo una piccola percentuale di tutti i casi esistenti di estrazione e iniezione di fluidi, e si riferiscono in gran parte all’aumento di pressione di carico legato a serbatoi molto grandi e a iniezioni di grandi volumi di fluido nella roccia circostante… ». Insomma, i casi sopra citati sono pochi rispetto a tutte le attività estrattive che si praticano sul pianeta e si riferiscono a situazioni in cui numeri e volumi sono molto grandi.

Fine delle premesse, torniamo ai due quesiti. Sul primo la lettura è chiara: «la Commissione ritiene che la risposta al primo quesito sia NO». Proprio scritto così: NO. Niente Rivara. Niente attività segrete a spese della sicurezza della popolazione.

Per il secondo quesito, la Commissione si è concentrata sui due siti estrattivi più vicini alle zone colpite dal terremoto, cioè Mirandola (su cui si trova il giacimento petrolifero di Cavone, attivo dal 1980) e il campo geotermico di Casaglia. La conclusione è questa: «Considerando l’attività nei campi di Cavone e Casaglia, le caratteristiche geologico- strutturali e la storia sismica della zona, la Commissione ritiene che sia molto improbabile che la sequenza sismica dell’Emilia possa essere stata indotta». Quindi che si tratti di un terremoto indotto è molto improbabile.

Resta l’ipotesi terremoto innescato, quello della mentina dei Monthy Pythons. Si legge: «In base alla sismicità storica della zona si può ritenere molto probabile che il campo di sforzi su alcuni segmenti del sistema di faglie nel 2012 fosse ormai prossimo alle condizioni necessarie per generare un terremoto di magnitudo locale intorno a 6». Attenzione: è un’osservazione fatta a posteriori, cioè a terremoto avvenuto. In più, per quanto riguarda le attività estrattive si nota una fluttuazione precedente al terremoto con una repentina variazione in salita di tutti i parametri nel 2011, variazione «che risulta correlata statisticamente con un aumento della sismicità, sia in numero di eventi che in energia». Ma si tratta di variazioni (e di numeri assoluti) circa dieci volte inferiori a quelle dei casi riportati in letteratura. Quindi ecco la conclusione della conclusione:

«La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento di idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico “indotto”. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono di escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento di idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito a “innescare” l’attività sismica del 2012 in Emilia».

Eccola, a volerla proprio cercare, l’ambiguità. Non si tratta di un’ambiguità scientifica: in scienza non si può escludere significa più o meno non ti posso dire di no, capiscimi, perché il rischio zero non esiste, perché io vivo di dubbio, perché sono laico e illuminista, ma al momento non posso proprio dirti di sì e ritengo assai improbabile che sia come stai cercando di farmi dire. Qui poi si precisa bene che, semmai, si tratta di un innesco di un terremoto che prima o poi sarebbe avvenuto. Certo, poco sopra si diceva che è molto improbabile, ma molto improbabile non è come dire impossibile ed è semmai come dire non si può escludere. Anche perché oggi nessuno scienziato di buon senso scriverebbe mai che un evento è impossibile, tantomeno se si tratta di una situazione grave e dolorosa come quella di un terremoto e con i precedenti giudiziari aquilani a cui forse non è inutile alludere.

Infatti il rapporto chiosa: «La predizione dei terremoti è come la ricerca del Santo Graal alla quale si sono dedicate generazioni di studiosi, e mentre si sono fatti significativi progressi nel campo della previsione probabilistica, al momento non è possibile predire in modo deterministico e affidabile quando e dove ci sarà un terremoto e quale sarà la sua intensità». E poi: «Va comunque considerato che tutto l’orogene appenninico sottostante la pianura padana è sismicamente attivo ed è quindi essenziale che alle attività produttive vengano associate azioni appropriate che contribuiscano a gestire il rischio sismico inerente queste attività». Seguono indicazioni per il futuro, per la difesa delle attività economiche, ma anche per la difesa di tutti noi. Si tratta soprattutto di indicazioni per la ricerca scientifica e per la politica che questa ricerca dovrebbe sostenere, ma anche per il monitoraggio delle attività industriali ed estrattive, che nel nostro paese è carente.

Niente di segreto, niente di ambiguo. Viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se il rapporto fosse stato tirato fuori da quel cassetto prima (o indipendentemente dal fatto) che Science decidesse di farci lo scoop.

 

Per saperne di più:

Commissione ICHESE: il rapporto integrale: http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/notizie/primo-piano/commissione-ichese-on-line-il-rapporto-integrale

Matteo De Giuli. "Terremoti ed attività umane: cosa è successo in Emilia?" National Geographic, 17 aprile 2014: http://www.nationalgeographic.it/scienza/2014/04/17/news/qual_il_peso_dellattivit_umana_nel_terremoto_demilia_-2105668/

 Marco Mucciarelli. "Rapporto ICHESE (re)loaded", 17 aprile 2014 http://tersiscio.blogspot.co.uk/2014/04/rapporto-ichese-reloaded.html