Le sigarette non sono più simbolo di ribellione, forza e autonomia. Il fumo non è più erotico, come ai tempi di James Dean, e la sua immagine è associata all’idea della debolezza e della dipendenza, oltre che della malattia. L’immagine del “fumo tecnologico” – e-cig e riscaldatori di tabacco – è legata invece a un’idea di normalità, modernità e soprattutto di attenzione alla cura di sé. E se fosse questa la nuova frontiera del cool?

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Dimenticate la sensualità di Clark Gable, Gary Cooper, John Wayne avvolti in una densa coltre di fumo. Il fascino della sigaretta non esiste più, mentre quello della e-cig e del più recente “tabacco riscaldato” non è mai esistito. Perché svapare, e sbuffare vapore qua e là, non è un gesto da eroe ma, al contrario, equivale a un’ammissione di debolezza, a una dichiarazione di caducità: le cattive abitudini, suggerisce la sigaretta elettronica, non fanno più per noi. Quale oggetto, allora, soppianterà il tabacco nell’immaginario da sex symbol ribelli? Oppure è proprio il concetto di ribellione a non funzionare più e i nuovi device sostitutivi delle bionde sono diventati l’orpello perfetto per ostentare una normalità davvero cool?

Nel dubbio, un dato è certo: quella attuale non è più l’epoca della capnolagnia – il feticismo del fumo, appunto, secondo cui il desiderio erotico sarebbe generato dal semplice fatto di vedere una persona con la sigaretta in bocca. E se per tanto tempo fumare è stato per le donne un segnale di emancipazione e modernità, Nouvelle vague docet, adesso è più vero il contrario. La dipendenza dal tabacco è associata a una sorta di debolezza della volontà, alla poca cura di sé, alla incapacità di abbandonare abitudini dannose. Altro che virilità: nel 2017 James Dean avrebbe tracannato un estratto di frutta e verdura piuttosto che aspirare una Marlboro accesa – e, magari, il succo lo avrebbe pure fotografato postandolo con l’arcinoto hashtag #greenjuice.

Ma per quale ragione, nonostante la diffusione capillare, i nuovi prodotti da fumo a rischio ridotto non hanno preso il posto nell’immaginario erotico ed emotivo delle più dannose antenate? Eppure qualche celebrity ha provato a trasformare la sigaretta elettronica in un feticcio. L’ha utilizzata, infatti, Johnny Depp nel film The Tourist, nei panni del sensuale e scapigliato Frank Tupelo. È stato beccato a svapare pure Leonardo DiCaprio ma, piuttosto che confermare, così, l’immagine da ragazzo allegro e incostante, tutto da conquistare, ha fatto la figura del rammollito – perché, oltre a un po’ di pancetta, adesso deve provare a buttare via pure quel pezzo di metallo fumante. Tra le donne, invece, Sienna Miller, Katy Perry, Jenny McCarthy – protagonista di uno spot per la compagnia BluCig – e persino Lindsay Lohan, ragazzaccia per eccellenza, sono state paparazzate mentre aspirano da una sigaretta elettronica. Ma niente. L’e-cig non è il nuovo oggetto del desiderio, almeno eroticamente parlando.

Se, però, l’aggeggio di metallo non provoca lo stesso – vecchio – effetto ormonale di una fumata vera e propria, una ragione c’è. I nuovi dispositivi del “fumo tecnologico” sono un oggetto sostitutivo: prendono il posto di. In quanto tali sono per definizione manchevoli, derivati, identificati per negazione. Non solo. Hanno anche un marcato carattere privativo, depotenziano la sigaretta, togliendole qualcosa. Nascono per privarla della pericolosità in termini di salute, ma cancellano così un’intera narrazione, strettamente correlata al concetto stesso di pericolo, nella quale il protagonista preferisce al proprio duraturo benessere il piacere di un fugace momento.

Nella sostanza, da un punto di vista narrativo, funzionano più o meno come la birra analcolica trangugiata da un quarantenne che vent’anni prima vantava hangover proverbiali ed epiche gesta da sbronzo. Il vaping non solo non evoca ribellione, sregolatezza, noncuranza delle norme. Al contrario, ha persino un’aria da rimedio medico, è una sorta di terapia a portata di borsetta, una resa alle buone maniere, una pubblica dichiarazione. «Scusate, miei cari – suggerisce – è arrivato il momento di prendermi cura di me.» Concetto nobilissimo, ma poco in linea con l’immagine del sex symbol.

Un altro racconto, però, è ancora possibile. Soprattutto con uno sguardo alle nuove generazioni. A svapare, infatti, sono anche i giovani, tanto che, secondo un’indagine curata da GfK e pubblicata da «Forbes» nel 2013 – uno degli anni del boom del device –, sarebbero stati proprio i Millennial a decretare il successo commerciale delle sigarette elettroniche. Addirittura il 44% dei fumatori abituali di sigarette elettroniche rientra nella categoria dei più giovani consumatori. Il motivo? La salute, tra i ragazzi, fa figo. Lo spiega il Global Health and Wellness Report realizzato da Nielsen in 60 diversi Paesi su un pubblico di circa 30.000 consumatori. Il 32% dei Millennial intervistati sarebbe disposto a pagare di più per consumare prodotti più salubri rispetto al 21% dei Baby boomer – i genitori, in sostanza, sono meno attenti alla qualità. Un trend, spiegano gli autori della ricerca, destinato ad aumentare, tanto che addirittura il 41% di chi ha meno di 20 anni è disponibile a spendere più soldi per accedere a beni più salutari. E secondo Le Mills Global Consumer Fitness Survey, indagine realizzata sempre da Nielsen, i Millennial fanno parte della generazione più atletica di sempre, più interessati dei predecessori a prendersi cura del proprio corpo facendo attività ginnica. Insomma: il “fumo tecnologico” è più in linea con uno stile di vita attento al benessere, ed è, in questo senso, un oggetto contemporaneo.

Non è però abbastanza salubre da trasformarsi in un vero e proprio feticcio – anzi, c’è chi contesta la sigaretta elettronica apertamente, come gli ideatori della campagna Still Blowing Smoke, promotori di un video, Vape Lies, che accusa le sigarette elettroniche di avvicinare gli adolescenti e i più giovani alla pericolosa abitudine di fumare, rendendola oltretutto falsamente innocua. Addirittura, per capire se davvero la sigaretta elettronica potesse diventare un simbolo di salute, «Vice», la rivista canadese, ha condotto una indagine durante un festival straight edge – il movimento vicino alla cultura punk che prevede l’astinenza dal consumo di tabacco, alcol e droghe. Dopo una serie di interviste i giornalisti hanno però concluso che no, il vaping non è abbastanza sano da aderire ai canoni degli straight edge, anche se può aiutare le persone a smettere di fumare e quindi a migliorare il proprio stile di vita.

Insomma: la questione relativa alla coolness del fumo di nuova generazione è, in realtà, ancora aperta. Tanto che persino su «Reddit», popolare sito di social news, circola la annosa domanda: “Is vaping for losers?” – ossia: “Svapare è da sfigati?”. E se una risposta univoca non esiste – ognuno risponde con la propria esperienza di vita, ammettendo che si tratta soprattutto di una abitudine passeggera, adottata per riuscire a smettere definitivamente di fumare – c’è anche chi sta provando a rilanciare la moda delle vecchie vere e proprie sigarette. Si tratta di David Sley, fondatore di Hestia Tobacco, compagnia che vende “cicche” naturali, prodotte con tabacco coltivato in fattorie biologiche e rollato in pura carta, con filtri non tossici. April Francis, tra i fondatori del Dose Market di Chicago – spazio concepito come un’area in cui intrattenersi e accedere a prodotti di alta qualità – e abituale consumatrice di Hestia Tobacco, intervistata dal «New York Post» ha spiegato che fumare potrebbe tornare di moda perché equivarrebbe a una vera pratica meditativa. Ti concentri sulla respirazione, inspiri, espiri, e ti rilassi. Se lo fai ogni tanto, in fondo, che male c’è?

Insomma, se la vecchia sigaretta rimarrà il feticcio dei sex symbol tenebrosi degli spaghetti-western, l’eroe contemporaneo, talvolta, tiene in mano una sigaretta elettronica per ostentare normalità e posta subito l’immagine su instagram, dove più di 5 milioni di foto sono pubblicate con l’hashtag #vaping e oltre 2 milioni con #ecig. Oltretutto lui non fuma mica, fa sport. Fa trekking. Una nuova narrazione, quindi, in chiave salutista, bio e vagamente new age. Con buona pace delle massime di Mina, che non potrebbe più cantare che un uomo è davvero tale se sa di fumo

@fedecolonna