Intervista a Federico Donato, presidente della Camera di Commercio Italiana a Singapore.

Spalletta Singapore grande

Dopo l'abolizione della doppia imposizione fiscale, l'Italia ha di recente rimosso Singapore dalla lista nera dei paesi considerati paradisi fiscali, una situazione che inibiva gli investimenti italiani nella città-Stato.
Singapore non ha mai dichiaratamente visto nelle black list un ostacolo agli investimenti, ma un rasserenamento nei rapporti tra i due stati è senz'altro importante. Lavoro a Singapore da dieci anni, e il rapporto tra i due paesi non è mai stato migliore. Credo che il miglioramento del quadro normativo agevolerà sicuramente gli scambi. Negli ultimi due anni si sono susseguite molte più visite istituzionali che negli ultimi quindici: nell'ordine Terzi, Archi, Pinotti, Lupi, due volte Della Vedova e infine Padoan. Si sono innescati dei cambiamenti che hanno portato alla firma del trattato sulla doppia imposizione fiscale, a un'intesa sulla collaborazione tra le Pmi e alla partecipazione all'Air Show, la fiera più importante nel settore aerospaziale. Diciamo le cose come stanno: le visite hanno beneficiato di un sottostante cruciale, il miglioramento del quadro macroeconomico. Fino al 2011, la crisi dell'euro rendeva difficile per gli investitori asiatici ipotizzare investimenti in Europa e in Italia.

L'uscita dalla black list renderà anche i fondi di investimento di Singapore, GIC e Temasek, più aperti a operazioni nel nostro mercato? Le trattative per un loro ruolo nel Fondo Strategico hanno preso una nuova direzione, ad esempio...
A parte l'investimento di Psa (Port of Singapore Authority, ndr) sul porto di Genova, ad oggi non c'erano in effetti state grandi operazioni. L'auspicio è davvero che l'Italia si attrezzi a ricevere il più possibile investimenti provenienti da Singapore e dall'area Asean.

Memorabile l'acquisizione nel 2011 da parte della Menarini del gruppo Invida (azienda di Singapore leader del biofarmaceutico, Ndr) da Temasek: un'operazione da 250 milioni di dollari. Nuove acquisizioni in cantiere?
Nel 2014 la Camera di Commercio ha assegnato il business award al gruppo Segafredo Zanetti per l'acquisizione del Bon Caffè per un valore di 80 milioni di dollari, facendo ottenere al gruppo italiano un'esposizione su tutta l'aerea Asia-Pacifico. Dopo Menarini, sebbene non siano più state concluse operazioni di quel calibro, la qualità degli investimenti rimane alta. Anche le aziende che hanno già una presenza nell'area possono strutturarsi meglio grazie alle semplificazioni normative. Singapore non ha solo fondi sovrani, ma anche imprenditori. Il gruppo Millennium, per fare un esempio, ha acquistato il Boscolo Palace di Roma per un valore di 85 milioni di euro. Il turismo in Italia è un settore che può attrarre molti investimenti. La fiducia nel nostro paese è tornata alta, come dimostra anche il rinnovato interesse per il calcio italiano: prima l'acquisizione dell'Inter da parte dell'indonesiano Erick Thohir, ora la trattativa del thailandese Bee per il Milan...

Focalizziamoci sugli investitori di Singapore in Italia. Ricordiamo che sempre Temasek Holding ha investito nei porti di Genova e Venezia attraverso una consociata. Logistica, quindi; distribuzione (Pam); Gic è poi attraverso Sintonia azionista di Atlantia e socio di Fiat Industria. In quali settori si concentreranno gli investimenti nel nostro Paese?
Singapore ha un'economia diversificata. Non contano solo i servizi, il manifatturiero incide per il 20% sulla composizione del Pil - un dato interessante se confrontato con la Francia (16%) e la Cina (37%). Il turismo è sicuramente un settore predominante: Singapore ha grandi catene alberghiere e l'Italia ha bisogno di attrarre sempre più turisti. A Singapore interessano inoltre i nostri brand, dal luxury al retail - penso all'acquisto di Rinascente da parte dal thailandese Central. Il Fondo sovrano ha fatto importanti investimenti nel portuale, Psa vede il baricentro in Italia per la centralità e la presenza nel Mediterraneo. La brevettistica: non solo le start-up legate a internet, ma tutto ciò che abbia contenuto tecnologico, dalla biotecnologia al farmaceutico. Nel 2014 il maggior numero di brevetti è stato depositato in Europa. L'Asia ha ancora bisogno di fare un salto qualitativo, e acquisire know how anche indirettamente attraverso i brand. Gli investimenti strategici dei fondi sovrani non bastano.

Quanto sono fondate le indiscrezioni che vorrebbero Temasek puntare a un ingresso in Telecom?
Non mi sorprenderebbe.

L'adesione dell'Italia all'Aiib come socio fondatore porterà maggiori investimenti italiani anche a Singapore?
Per l'Italia aderire all'Aiib è stata una scelta intelligente. Tuttavia, dobbiamo osare di più. Il nostro paese controlla il 5-6% della Banca Asiatica di Sviluppo, ma l'impronta sui progetti infrastrutturali rimane debole. L'Europa è il primo investitore al mondo in quest'area, oltre il 60% degli investimenti transitano da Singapore; l'Italia all'interno dell'Europa è il sesto paese investitore. Oggi è l'Asia il mercato dove le aziende possono fatturare. Da questo punto di vista, Singapore è un hub intono al quale gravitano i 600 milioni di abitanti dei paesi Asean. È qui che serve una presenza istituzionale italiana più stabile e strutturata, per sostenere le imprese italiane.

L'economia di Singapore mostra segni di rallentamento: la crescita nel 2014 è stata del 2,8% in calo rispetto al 2013 (+3,9%); nel 2015 si attende una cifra anche inferiore. Secondo molti analisti, la causa va ricercata soprattutto nella crisi globale che contrae la domanda, e quindi il manifatturiero. La crescita lenta deve preoccupare o si tratta, come in Cina, di una "nuova normalità"?
Nessuno può aspettarsi che i tassi di crescita registrati negli anni passati dalle economie asiatiche possano continuare all'infinito. La global economy ha rallentato. Singapore, terzo pil procapite al mondo, ha un'economia matura, non è plausibile attendersi tassi di crescita da secondo mondo. Oggi l'investitore medio si sente più sicuro a investire a Singapore che a Hong Kong, visti i recenti fatti. L'economia singaporeana risente delle logiche internazionali: il rallentamento dell'economia globale e la contrazione della domanda non possono non riflettersi in una crescita più contenuta. Anche per questo motivo Singapore ha sempre cercato di mantenere un livello alto di crescita manifatturiera.

Dopo la morte del padre fondatore Lee Kuan Yew - nelle parole di Obama "un visionario che guidò l'indipendenza nel 1965 per farne uno dei paesi più prosperi del mondo d'oggi" - il modello Singapore basato sull'efficienza dell'amministrazione pubblica sarà ancora sostenibile?
Lee ha creato una classe dirigente competente e ha preparato la transizione con successo (non era più primo ministro dal 1992, NdR). Lo stato continua a investire molto nella formazione. I migliori cervelli sono impiegati nel pubblico perché cresciuti e nutriti dal pubblico - a discapito, per assurdo, del mondo dell'imprenditoria. Il modello Lee è rodato e non vedo grossi cambiamenti per ora. Le elezioni tra meno di 12 mesi potrebbero essere un ulteriore passaggio, dopo la morte del fondatore, verso un paese che deve reinventarsi. Il problema di Singapore è di essere condannata all'eccellenza. Quando la velocità del sistema verrà meno, la sfida sarà trovare un nuovo modello senza copiare dagli altri – perché di modelli cui ispirarsi e da adattare, oggi, non ce ne sono più.