Lo scontro tra Tosi e Salvini ripropone un refrain che sembra ragionevole, ma non lo è. Il sindaco di Verona accusa il segretario della Lega di volere rinchiudere il centro-destra in un ridotto estremista e protestatario, fatto su misura per la sua leadership, ma incompatibile con la costruzione di una coalizione sufficientemente ampia e credibile per poter contendere effettivamente a Renzi il governo del Paese.

Abbraccio Salvini Tosi

L'alternativa, per il veronese (che oggi peraltro deve scegliere non se uscire dalla Lega o rimanervi, ma se farsi espellere adesso con questo pretesto, o più avanti con uno diverso), è la costruzione di una coalizione plurale e inclusiva, che vada da Passera alla Meloni, ma trovi (o magari inventi) un baricentro moderato, lontano dalle suggestioni lepeniste.

Tosi ha ragione a sostenere che la leadership Salvini è una condanna per le ambizioni di vittoria del centro-destra e una vera e propria assicurazione sulla durata del potere PD; ma ha anche ragione quando sembra credere che la soluzione al problema possa avvenire semplicemente "per diluizione", mischiando tutti i liquidi ancora disponibili in dispensa, per correggere il grado alcolico del composto e renderlo quantomeno bevibile al mitologico elettore mediano?

Questa è una visione semplificata e del tutto irrealistica. Per chi ci si volesse cimentare, un centro-destra di governo o, come usava dire un tempo, "europeo", andrebbe costruito interamente contro quel che rimane della coalizione forza-leghista, in totale e radicale alternativa alle parole d'ordine, ai sentimenti e alle proposte politiche che Salvini imbraccia nella sua foga agitatoria e nel suo disegno razionalmente nichilista.

Quel mix di sovranismo economico-monetario, autarchismo ideologico-culturale e paranoie anti-mondialiste non può star dentro, in queste quantità, a nessun contenitore che abbia l'ambizione di rappresentare un'opzione di governo e non, come si sarebbe detto un tempo, una radicale "alternativa di sistema".

In Italia, a differenza che negli altri paesi europei, non c'è neppure più un conflitto tra una destra "normale" e una destra anomala ed estremista. È rimasta solo la seconda. Quel che rimane della prima è di fatto (coerentemente) un pezzo della coalizione renziana e viene (altrettanto coerentemente) fermato dalle guardie di frontiera in camicia verde ogni volta che tenta, come per le prossime regionali, un improbabile ritorno a casa.

Insomma, il progetto di un centro-destra maggioritario in Italia non può che ripartire da un discorso orgogliosamente minoritario, interamente al di qua del muro ideologico nazionalista che è diventato il nuovo complicatissimo confine della politica europea.