La senatrice Taverna accorsa a Tor Sapienza e respinta, a male parole grilline, come una politica "accattona" è insieme il simbolo dell'estremo trionfo e dell'irrimediabile fallimento della scommessa del M5S. Lo sfanculamento della politica sfanculatrice è la dimostrazione dell'impossibilità pratica oltre che della inconsistenza teorica dell'antipolitica "istituzionale".

Taverna TorSapienza

Sarà più difficile ora per il M5S (che, sia chiaro, non è affatto finito) continuare a coltivare l'illusione di stare dentro il Palazzo continuando ad assediarlo dall'esterno e ostentando una programmatica ostilità alle responsabilità e compatibilità di governo. Un non-partito personale che nel 2013 aveva conquistato un elettore su quattro, promettendo di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, e che per oltre un anno si è ben guardato dal "mischiarsi" con la politica, scopre di portare anch'esso lo stigma della Casta e si vede addebitare il conto della vergogna.

Grillo non ha inventato affatto l'antipolitica, che è da almeno un secolo la fogna carsica della politica italiana, pronta a esondare e ad allagare il Palazzo quando si intasano i tombini del "mercato politico". Dal fascismo al berlinguerismo, passando per il qualunquismo, l'Italia ha conosciuto vari stili antipolitici, uniti dal culto della propria diversità e dalla pretesa di una superiorità morale rispetto alle colpe e alle porcherie dei politici.

Nella Seconda Repubblica sono stati ideologicamente antipolitici anche il manipulitismo e il berlusconismo. Nella Prima come nella Seconda Repubblica, peraltro, antipolitica e partitocrazia hanno felicemente convissuto, facendosi da spalla, all'interno dello stesso partito. Si pensi al PCI o alla Lega.

La diversità dell'antipolitica "digitale" di Grillo rispetto all'antipolitica "analogica" dei suoi predecessori è di avere rotto anche l'ultimo legame formale tra organizzazione politica e attività istituzionale e di avere democraticamente trionfato promettendo, niente meno, che il superamento della democrazia. L'abolizione, per occupazione "totalitaria", del Parlamento e l'auto-scioglimento del M5S al raggiungimento del 100% dei voti. La fine della politica democratica e l'instaurazione dell'immediato auto-governo del popolo.

Anche questo magheggio ideologico finirà, forse più lentamente degli altri - di quello mani-pulitista, ad esempio - perché Grillo se ne starà fino all'ultimo giorno all'opposizione di tutto e di tutti e non si farà pescare come Di Pietro o come Bossi con le dita nella marmellata. Ma anche quando finisse o si ridimensionasse a una misura non come oggi ostativa del normale gioco democratico ci sarebbe, comunque, il problema di sostituire con qualcos'altro la vulgata antipolitica, che occupa interamente il lessico di opposizione e sinistramente imbastardisce anche il discorso politico di governo (si pensi al penoso scaricabarile tra governo nazionale e governi locali sulla responsabilità dei disastri ambientali).

Ma questo qualcos'altro - anche come scommessa di minoranza - né si vede, né si sente. La cosa che più gli si avvicina è ovviamente la "svolta" renziana, perennemente a cavallo tra innovazione e rottamazione, tra istanze-pro e parole-contro. Non si può dire che sia niente, ma è poco. La post-antipolitica, che parte da una diversa e realistica "etica del discorso" tra elettori e eletti, è ancora tutta da inventare.

@carmelopalma