Che ne è della guerra, anzi della tregua, ovvero della pace tra Israele e palestinesi? Anche di questo si è discusso, poco, all'annuale assemblea dell'Onu appena celebrata, dove l'attenzione sul Medio Oriente è stata forte, certo, ma per Isis (o Isil o Is), Iraq, Siria non Gaza e West Bank.

Di quello hanno discusso solo le parti direttamente interessate, il Primo ministro Benjamin Netanyahu per Israele, e il Presidente dell'Autorità Palestinese, Abu Abbas, in rappresentanza del popolo palestinese – il popolo senza Stato - che Abu Mazen rappresenta a dire il vero poco, essendo il capo dell'Autorità che dai palestinesi di Gaza non è considerata tale; e guidando la forza politica che fu di Arafat, Al Fatah, che oggi tra tutti i palestinesi, West Bank incluso, ha molti meno voti di quanto ne abbia Hamas. L'organizzazione terroristica che ha condotto all'ultima guerra a Gaza, ha conquistato ancora più popolarità nel West Bank, dove Al Fatah ha il suo polmone vitale, dopo la performance guerrafondaia estiva.

Tuttavia è l'AP – e non Hamas - l'interlocutore unico che Israele ed Egitto, oltre alle organizzazioni internazionali riconoscono. La tregua raggiunta alla fine di agosto sancisce che sia l'Autorità palestinese a gestire i valichi con l'Egitto e Israele, non le milizie di Hamas, che pure sono quelle che controllano militarmente il territorio di Gaza. Abu Mazen dunque torna ad essere un player decisivo sulla Striscia perché così hanno deciso non i palestinesi ma tutti gli altri, Usa e Onu compresi.

Alle Nazioni Unite, il leader dell'Autorità palestinese ha accusato Israele di genocidio e posto le sue condizioni per la pace: "Non accetteremo meno dell'indipendenza dello Stato di Palestina, con Gerusalemme Est capitale, su tutto il territorio palestinese occupato nel 1967, e di vivere in pace e sicurezza accanto allo Stato di Israele, e risolvere la questione dei rifugiati sulla base della risoluzione 194."

Netanyahu, intervenuto dopo, non è stato da meno quanto a eccellenza retorica. Ribaltate le accuse di Abbas con le foto dei razzi di Hamas installati nei cortili dove giocano i bambini, ha invitato gli astanti a non credere alle balle palestinesi perché "Hamas è Isis e Isis è Hamas", ed entrambi – ha spiegato - sono pericolosi ma mai quanto l'Iran, che si sta facendo la bomba atomica sotto il nostro naso coccolandoci a colpi di interviste patinate.

Il risultato mediatico è stata l'indifferenza. Il risultato politico, la noia. Obama e Netanyahu si sono incontrati dopo lo speech del Primo Ministro israeliano, ma al di là dei fondamentali, tra i due la divergenza di vedute copre una serie di dossier che va dal modo in cui trattare la libertà dei palestinesi alla politica dei settlement, che per Obama sono "provocazioni", per Netanyahu legittimi "quartieri" ebraici.

Oratoria da Nazioni Unite a parte, Israele e palestinesi sono già nel pieno delle trattative dirette, e segrete, che sono tuttavia diventate pubbliche grazie allo scoop del quotodiano Ynet proprio mentre a New York il capo del governo israeliano e il Presidente dell'Autorità palestinese si rinnovavano le ragioni della reciproca ostilità.

@kuliscioff