Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (c.d. "decreto IRPEF"), e la sua contestuale entrata in vigore, comincia a prendere corpo la Renzinomics, ovvero la politica economica secondo Renzi. È un primo provvedimento importante, che il Presidente del Consiglio aveva già illustrato nella conferenza stampa del 18 aprile scorso. Subito dopo il varo da parte del governo. Quel giorno, il testo normativo del decreto non era disponibile. I media e i cittadini si erano accontentati ancora una volta della sintesi twittata delle misure. Ora, finalmente, il testo del decreto legge c'è, assistito dalla relazione tecnica, e aiuta a comprendere meglio la natura e la portata degli interventi. La comunicazione politica è un po' sorellastra della verità. E i testi normativi con le relazioni tecniche sono come la scarpetta di Cenerentola: alle sorellastre va sempre troppo stretta.

renzi padoan

Gli interventi contemplati nel decreto sono numerosi. Ma ci sono misure che esplicheranno effetti concreti soltanto in un periodo di tempo lungo (sempre se saranno implementate in modo corretto ed efficace). È il caso di diversi potenziali risparmi di spesa pubblica che la relazione tecnica nemmeno quantifica, dati per acquisiti nella conferenza stampa ma per i quali invece ci sarà da attendere e da lavorare. Per agevolare e accelerare il pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche, il governo Renzi ha difeso bene le posizioni, mettendoci in qualche modo il cappello, ma di veramente nuovo nel decreto non c'è moltissimo. Gran parte delle somme erano state già previste dai governi precedenti, in particolare dal governo di Enrico Letta. Altri provvedimenti hanno impatto finanziario su fabbisogno e saldo netto da finanziare, ma non sull'indebitamento netto della PA. Ed è quest'ultimo saldo, invece, il più indicativo sia del reale impegno economico del governo (è il solo rilevante ai fini dei vincoli europei di finanza pubblica), sia dell'impatto del bilancio pubblico sull'economia (è collegato statisticamente in modo preciso con i conti economici nazionali). Insomma, come al solito, non è tutto oro ciò che luccica.

Gli impegni finanziari concreti e consistenti, quelli che potranno avere un impatto positivo, se non sull'economia italiana, almeno sulle tasche dei destinatari (quelli fortunati), si riducono a due interventi: lo sgravio fiscale per i redditi da lavoro dipendente sotto i 26 mila euro lordi annui, e la riduzione del 10 per cento dell'IRAP per le imprese. Nel decreto ci sono anche altre disposizioni con effetti finanziari consistenti, ma si tratta degli aumenti di imposta necessari per la copertura dei due sgravi fiscali. Quindi avranno un impatto sicuramente negativo sulle tasche di altri destinatari (quelli tartassati). È tutto sommato consistente anche l'impegno alla riduzione delle spese per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche (2,1 miliardi di euro nel 2014), ma su questo capitolo non è da escludere l'apertura di un contenzioso politico tra governo, regioni ed enti locali, con ricadute imprevedibili anche sulla prossima legge di stabilità. Il Presidente del Consiglio si è impegnato politicamente in modo molto chiaro su entrambi gli interventi fiscali, ma agli occhi di tutti il vero cavallo di battaglia di Renzi è indubbiamente lo sgravio IRPEF.

Il Presidente del Consiglio, consapevole di avere puntato su questa misura gran parte della propria credibilità politica, ha più volte garantito che gli 80 euro in più al mese sono strutturali, e non una regalia una-tantum. Le disposizioni scritte del decreto, però, ci dicono che lo sgravio IRPEF non è un intervento di carattere strutturale, bensì una misura transitoria in attesa della legge di stabilità. È proprio così, infatti, che recita l'incipit dell'articolo 1 comma 1 del decreto legge: "1. In attesa dell'intervento normativo strutturale da attuare con legge di stabilità ...."!. Lo stesso articolo, che sempre al comma 1 dispone lo sgravio fiscale e la sua applicazione, al successivo comma 3 precisa nuovamente: "3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano per il solo periodo di imposta 2014"!. Il testo normativo non poteva essere più chiaro di così.

Inoltre, c'è un aspetto per certi versi divertente nel modo in cui è scritto l'articolo 1. Infatti, al comma 1 non riporta soltanto le disposizioni per lo sgravio fiscale temporaneo, ma anche la promessa dell'intervento strutturale. Se così stanno le cose, il comma 3 non stabilisce soltanto la disapplicazione dello sgravio dal 2015, ma anche la "disapplicazione della promessa". In un certo senso, è come se il comma 3 disponesse che a partire dal 2015 la promessa può essere "rimangiata". Questo è un po' buffo. Ma la colpa è del diavolo: fa le pentole e si scorda sempre dei coperchi. Le cifre della relazione tecnica del MEF, dal canto loro, confermano che lo sgravio IRPEF non è strutturale, perché le coperture finanziarie sono sufficienti soltanto per il 2014 ma non per gli anni successivi. I 7,4 miliardi delle riduzioni fiscali IRPEF e IRAP sono coperti per metà da misure una tantum. Tali sono, infatti, 600 milioni di euro dalla sostitutiva sulla rivalutazione dei cespiti aziendali, 1,8 miliardi dalla rivalutazione delle quote Bankitalia, 650 milioni di maggiore IVA derivante dallo sblocco dei debiti della PA, 400 milioni di tagli al bilancio della difesa e 150 milioni dalla razionalizzazione delle sedi RAI.

Sempre la relazione tecnica conferma che l'intero intervento di sgravio fiscale è una operazione sostanzialmente redistributiva. Il costo degli sgravi IRPEF e IRAP graverà anzitutto sui redditi di natura finanziaria, sui quali viene aumentata l'aliquota di imposizione al 26% con un maggior gettito netto stimato in oltre 700 milioni di euro per il 2014 e oltre 2,5 miliardi di euro "a regime". In secondo luogo, vi è anche l'aumento dell'imposizione fiscale sui redditi dei cespiti agricoli. Si introduce l'IMU sui terreni montani e collinari, che prima ne erano esclusi, si elimina una esenzione IVA sui piccolissimi imprenditori agricoli e si rimodula l'incentivo al fotovoltaico sui terreni agricoli. Le misure di questo secondo gruppo valgono 400 milioni di euro di maggiore gettito nel 2014 e 450 milioni a decorrere dal 2015, di cui 350 milioni di nuova IMU! In estrema sintesi, due terzi dello sgravio concesso nel 2014 ai lavoratori dipendenti sotto i 26 mila euro e alle imprese è finanziato da una redistribuzione del gettito fiscale a carico di altre categorie di redditi e di contribuenti. Per altro, l'insieme dei contribuenti fortunati e quello dei tartassati hanno sicuramente una parte in comune. Per coloro che rientrano in questa intersezione, vantaggi e svantaggi si compenseranno in tutto o in parte, e quando va bene nelle loro tasche resterà ne più ne meno di quello che c'era prima.

Insomma, una Renzinomics dal nome nuovo ma dal sapore antico. In chiusura, c'è un altro aspetto che merita di essere sottolineato. Lo sgravio IRPEF, per il momento, è una-tantum e aspetta di diventare strutturale con la prossima legge di stabilità. Oltre metà degli aumenti di gettito varati dal decreto legge, invece, sono strutturali già da ora. Avete provato a immaginare cosa accadrebbe se lo sgravio fiscale non venisse confermato dopo il 2014? Se non l'avete ancora fatto, vi dico quello che immagino io. Gli aumenti strutturali delle imposte sui redditi di natura finanziaria e sui cespiti immobiliari del settore agricolo, in nessun caso saranno revocati. E diverranno fonte di ulteriore gettito permanente per lo Stato. In questo malaugurato scenario, lo sgravio fiscale promesso dal governo sarà ricordato dai posteri come il pretesto per aumentare una volta di più, e in modo permanente, la pressione fiscale. Quello che nelle intenzioni politiche doveva essere un provvedimento per venire incontro all'economia si trasformerebbe così in una vera e propria trappola per cittadini e contribuenti. A quel punto non ci resterebbe che citare una ultima frase proverbiale: "la via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni".