Siamo così sicuri che la minore presenza di donne nelle assemblee rappresentative sia imputabile ad una semplice questione numerica o al solito romanzato atteggiamento "corporativo" dei maschi italiani, siano essi politici o elettori? Prendiamo ad esempio l'ultima consultazione elettorale svoltasi con le preferenze: le elezioni regionali in Sardegna del 16 febbraio scorso, che hanno visto l'elezione di quattro donne su sessanta consiglieri regionali.

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Lasciando da parte le considerazioni sul forte astensionismo che ha comunque riguardato in parti uguali uomini e donne, notiamo che il totale di 774.939 voti espressi si divide in una sostanziale parità tra i votanti di entrambi i generi (388.149 uomini e 386.790 donne), distribuiti su 27 liste per un totale di 1506 candidati di cui il 38% rappresentato da 567 donne.

Ma quante preferenze hanno raccolto le candidate sarde?
 Escludendo la platea dei votanti uomini ("maschilisti sciovinisti che votano solo per altri uomini", direbbe qualcuno) ci aspetteremmo di assistere al concretizzarsi, ancor prima dell'imposizione rosa, di una forte solidarietà femminile, e invece si palesa nella spietatezza dei numeri la realtà dei fatti: a fronte di 368.790 votanti donne, le preferenze accordate alle candidature rosa sono state 86.721, pari al 13% del totale dei voti espressi. Inoltre tra i candidati che hanno ricevuto più di mille preferenze personali troviamo solo 12 donne contro 134 uomini.

Se fosse stata imposta la parità di genere tra gli eletti, le trenta donne più votate in Sardegna avrebbero occupato la metà dei banchi nel Consiglio regionale (che si compone di 60 seggi in totale) con 35.731 voti complessivi, rappresentando poco meno del 5% della totalità dei voti espressi e neanche il 10% del totale delle elettrici.

Democrazia? Rappresentanza? Sensibilità? Ideologia! Ciò che sorprende ancor di più è la ripartizione delle singole preferenze tra liste e coalizioni. Se infatti il "progressista e femminista" centrosinistra ha candidato 231 donne in undici liste, mentre il "conservatore e maschilista" centrodestra ne ha inserite 141 in sette liste, le preferenze rosa del centrodestra, considerato anche il numero minore di candidate e di liste, superano di gran lunga quelle attribuite del centrosinistra: 34.781 per le donne del centrodestra contro 32.824 per quelle del centrosinistra, che pure ha vinto le elezioni.

Se poi mettiamo a confronto, nella contrapposizione tra favorevoli e contrari alle quote rosa, il favorevole PD e la contraria Forza Italia, i dati che emergono sono tanto disorientanti quanto esilaranti: mentre le preferenze incassate dalle 21 candidate azzurre ammontano a 16.083, pari al 13% dei voti complessivi di lista, quelle incamerate dalle pur numericamente maggiori 23 candidate democratiche si fermano a 12.594, pari all'8% dei voti totali incassati dal PD; se Forza Italia piazza la sua candidata più votata, Alessandra Zedda (5.313 voti), al quinto posto su 1506 candidati e terza in assoluto tra i forzisti, per trovare la prima donna del PD, Daniela Forma (2.526 voti), occorre scendere fino alla posizione numero 43 (ventiduesima nel PD).

Se l'anti-quote rosa Forza Italia si aggiudica la palma d'oro della donna più votata nei collegi di Cagliari (Zedda) e Sassari (Laura Giorico), il PD conquista Nuoro (Forma); per trovare la democratica più votata nel collegio di Cagliari occorre scendere fino all'undicesimo posto nella lista PD. Mentre a Sassari tutte le quattro candidate democratiche, su una lista di dodici, si trovano nelle ultime quattro posizioni con 795 preferenze complessive su 36.819 voti di lista, le altrettanto quattro candidate forziste raccolgono 2.956 su un totale di 24.560 voti di lista berlusconiani.
 Non è andata meglio all'egualitarista SEL che, pur avendo ripartito pariteticamente le candidature nella circoscrizione sassarese (sei uomini e sei donne), vede le vendoliane in blocco tra il settimo e il dodicesimo posto.

Insomma, dall'analisi del voto sardo emerge, oltre l'evidenza che le donne non votano le donne, il paradosso degli elettori di centrodestra che votano più donne di quanto non facciano quelli del centrosinistra.