salvini dimaio

Lo scoop dell’Huffington Post sul “Programma” del Governo Lega-M5S può apparire sorprendente solo a chi pensi che la demagogia politica sia un abito di scena elettorale che possa essere pacificamente dismesso dopo la rappresentazione, per restituire al dibattito istituzionale i suoi interpreti in abito civile e civilizzato.

Solo chi pensi che nella politica contemporanea l’oligofrenia collettiva, moltiplicata in intensità e dimensione da una comunicazione replicante, possa mutarsi miracolosamente in “saggezza”, appena rimessa alle liturgie di palazzo, poteva illudersi che i voti presi contro Bruxelles producessero una politica eurocompatibile e che il committente moscovita del successo populista non avrebbe riscosso il premio della puntata riuscita.

Invece sta succedendo esattamente quello che doveva succedere e che i pochi non pazzi, non ciechi, non stolti e soprattutto non ipocriti tra i chierici della cultura italiana avevano detto e previsto. La vittoria dello sfascio porta solo al governo dello sfascio. Se vince l'impossibile, questo non diventa possibile, ma politicamente obbligato, con l'annesso bagaglio di alibi per chi non può, pur volendo, realizzarlo. L’eccitazione popolare dirottata dalla disputa politica alla rabbia antipolitica e dal sogno di una qualsivoglia rivoluzione a quella di una vendetta purchessia trascina anche i tribuni della plebe nel tumulto della massa. Non è solo l’Italia a essersi democraticamente consegnata prigioniera a Salvini e Di Maio. Anche Salvini e Di Maio sono prigionieri di se stessi e del genio cattivo che hanno fatto uscire dalla lampada e sono costretti a alzare il prezzo per dimostrarsi all’altezza della voce del popolo e dello “spirito della storia”.

Se era prevedibile quest’esito, ne sono ampiamente prevedibili anche gli sviluppi. Il programma di sogni e incubi che Lega e 5 Stelle stanno assemblando non serve per governare, ma per precostituire l’alibi del non governo. È proprio la sua natura programmaticamente eversiva e la sua impraticabilità politica, finanziaria e costituzionale a conferire a Salvini e Di Maio una sorta di immunità. Plebiscitando l’impossibile il popolo ha manlevato i suoi alfieri dalla responsabilità del fallimento. È un'operazione politicamente barbarica, ma psicologicamente raffinata.

Se Mattarella, come è possibile, li fermasse dalle stanze del Quirinale impedendo loro di trasferire le tende a Palazzo Chigi; se e quando in ogni caso il Capo dello Stato si opponesse a provvedimenti dell’esecutivo senza copertura e senza costrutto; se e quando le istituzioni europee o i mercati internazionali facessero scattare l’allarme sui conti pubblici o sulla fuga unilaterale dai trattati da parte di un paese fondatore dell’Ue… In tutte queste circostanze Di Maio e Salvini trarrebbero la conferma di quel complotto contro l’Italia che hanno venduto ai cittadini come la causa dei loro mali.

Insomma, si illudeva chi pensava che dopo il voto i due capipolo premiati il 4 marzo iniziassero, più o meno, a governare “normalmente”. Si illude chi pensa che il fallimento alle porte – tra sette giorni o sette mesi – di per sé potrà liberare l’Italia dal sortilegio antipolitico. Non sarà il fallimento a svelare il bluff, come nella Milano del 1628, raccontata dal Manzoni ne I Promessi Sposi, non era bastata la prova della scarsezza di grano a persuadere gli assaltatori dei forni che dietro la penuria di pane e il suo prezzo crescente non ci fosse un complotto dei fornai.

@carmelopalma