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"Flop del reddito di base in Finlandia": hanno titolato così molti giornali, non solo italiani, su una policy che ha suscitato molto interesse nel mondo e soprattutto in Italia, visto il successo culturale ed elettorale del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento Cinque Stelle.

Abbiamo voluto capirne di più intervistando Markus Kanerva, consigliere del Primo Ministro finlandese Juha Sipilä, in carica dal 2015 e presidente del Partito di Centro Finlandese dal 2012. Markus Kanerva è il fondatore del think tank finlandese Tänk, da cui è nata l’idea del reddito di base.

Due premesse doverose:

1) la Finlandia conta 5,5 milioni di abitanti, più o meno quanto Emilia Romagna e Trentino Alto Adige insieme. Nel 2017, il PIL è cresciuto del 2,7 per cento nel 2017 (2,1 per cento nel 2016). In termini reali, il reddito nazionale è salito del 3,4 per cento. Il debito pubblico è pari al 63,2% del Pil, praticamente meno della metà di quello italiano.

2) Il reddito di base finlandese è una sperimentazione che coinvolge, random, 2000 persone, né studenti, né pensionati. Partecipano infatti al programma persone di età compresa tra i 25 e i 58 anni che nel novembre 2016 hanno percepito una forma di indennità di disoccupazione. I 2000 percepiscono mensilmente, da gennaio 2017 alla fine del 2018, un reddito di base pari a 560 euro, esente da imposte.

 

Come nasce il reddito di base finlandese?

Il nostro esperimento – perché tale è, non esiste il reddito di base in Finlandia - nasce dal lavoro del think tank finlandese Tänk. Da qui il premier ha adottato l’idea di sperimentare il reddito di base che ha incluso poi nel programma strategico del governo. Per preparare l’esperimento è stato formato un gruppo di ricerca di specialisti che ha dato raccomandazioni al governo su come condurre la sperimentazione.

 

Qual è il sostegno politico a questa sperimentazione?

In realtà non molto forte. Il governo in Finlandia è sostenuto da tre partiti. Il Partito di Centro è stato per decenni a favore di una sorta di reddito di base. Il Partito di Coalizione Nazionale è piuttosto diviso all’interno, alcuni sono a favore, altri contro. Il terzo partito, Futuro Blu, nato dalla scissione tra i populisti dei Veri Finlandesi, non ha un’opinione consolidata. Il loro presidente ha comunque commentato la proposta in maniera piuttosto negativa. I Verdi e l’Alleanza di Sinistra stanno sostenendo molto l’idea del reddito di base, mentre i Socialdemocratici e i Cristiano Democratici sono contro. Neutrale invece è la posizione del Partito Svedese, ma è più un no che un sì. Il tema è stato usato in campagna elettorale solo dai Verdi, ma non è un gran tema.

 

In Finlandia si voterà nel 2019. Pensa che la proposta di un reddito di base sarà in grado di spostare voti? Sarà un tema al centro delle prossime elezioni?

Non credo. La Lega Verde e l’Alleanza di Sinistra la inseriranno nel loro programma come sempre. Forse sentiremo qualche breve discussione nei dibattiti, ma non sarà un grande tema, né credo che i finlandesi cambieranno il voto al partito seguendo questa proposta. Sicuramente il tema al centro del dibattito sarà la riforma del sistema di welfare, ma ci saranno altre proposte. Quest’esperimento ha comunque “obbligato” i partiti a essere un po’ più concreti nelle loro idee.

 

Da quale situazione sociale nasce quest’idea?

Una delle principali ragioni è stata quella di trovare nuovi modi per incoraggiare i disoccupati ad accettare lavori part time o con bassa retribuzione. Infatti i disoccupati che non accettano un lavoro part time, rischiano di prendere meno soldi al mese visto che i loro vantaggi da disoccupati vengono tagliati. Nel nostro esperimento, infatti, i disoccupati continuano a ricevere il salario di disoccupazione (560 euro al mese), ora chiamato reddito di base, anche se iniziano a lavorare part time o full time.

 

Molti oggi parlano di fallimento del reddito di cittadinanza in Finlandia. Ci spiega meglio?

All’inizio il nostro piano era di includere altri gruppi, non solo i disoccupati. Purtroppo non sono stati stanziati altri soldi, ma non c’è mai stato un vero piano per continuare la sperimentazione dopo i due anni.

 

Questo significa che il reddito di base non è una priorità nell’agenda politica finlandese?

Certo, non sembra che lo sia. Anzi sono stato personalmente sorpreso che il nostro governo abbia avviato la sperimentazione.

 

Cosa pensate dell’attenzione internazionale a questa vostra sperimentazione?

È stato molto interessante e ci ha fatto piacere essere visti come una nazione progressista, ma ci sono stati molti fraintendimenti sulla natura del nostro esperimento. Per esempio, molti pensano che una sperimentazione positiva potrà portare all’implementazione del reddito di base. Beh, noi non sappiamo ancora i risultati della sperimentazione che comunque ci dà solo un quadro parziale di un sistema di welfare basato sul reddito di base.

 

In Italia è stato ideato il reddito di inclusione. Una misura contro la povertà rivolta alle famiglie e legata a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà. Che ne pensa?

Mi sembra una buona idea perché sostenere persone che non hanno soldi può davvero aumentare le loro capacità cognitive e aiutarle a prendere migliori decisioni. Ma questo non è il reddito di base perché è rivolto solo a persone in condizione di povertà e prevede un requisito: quello di cercare attivamente lavoro.