Aula Senato

C’è sempre qualche buona ragione per criticare una legge elettorale; naturalmente ce ne sono molte anche per criticare la legge Rosato. Ma se questa legge non fosse stata approvata, non ne sarebbe rimasta in vigore una migliore. L’Italia sarebbe andata alle elezioni con un sistema disordinato e casuale, frutto delle due distinte mutilazioni, operate dalla Consulta, di due diversi sistemi elettorali.

Dal punto di vista pratico, la legge approvata rende, almeno teoricamente, contendibile la maggioranza dei seggi da parte della coalizione o del partito più votati. Con la legge precedente si sarebbe arrivati all’esito, pressoché scontato, di un tutti-contro-tutti che non avrebbe solo reso improbabile la formazione di un qualunque governo, ma avrebbe anche reso illeggibile il risultato delle urne. Ci sarebbero state le coalizioni, al Senato, ma non alla Camera. Ci sarebbe stato un potenziale premio di maggioranza, a Montecitorio, ma non a Palazzo Madama. Tutti i senatori sarebbero stati eletti con le preferenze, ma alcuni deputati sì e altri no. Gli sbarramenti sarebbero stati del 3% alla Camera, ma dell’8% al Senato. E soprattutto non ci sarebbe stato alcun collegio uninominale, l’unico sistema di elezione democraticamente plebiscitato dagli elettori italiani, ormai quasi un quarto di secolo fa.

Sarebbe stato meglio avere un quota più elevata di collegi? Lo penso anch’io, ma penso che sarebbe stato peggio non averne nessuno. Avrei più volentieri votato il ritorno alla legge Mattarella, ma questo è un passo avanti rispetto a un sistema di voto primo-repubblicano fondato sulla compravendita legale (via spesa pubblica) o illegale (via spesa privata) delle preferenze. Peraltro, le preferenze sono utilizzate da un’assoluta minoranza di elettori e sono, dal punto di vista tecnico, il sistema di elezione meno rappresentativo, perché consentono con pochi migliaia di suffragi personali, pagati però a caro prezzo, di accaparrarsi la rappresentanza di centinaia di migliaia o addirittura di milioni di elettori.

Sarebbe stato meglio un sistema alla francese, con il doppio turno di collegio? Anche questo sarebbe stato meglio, probabilmente, così come l’elezione in quota proporzionale dei migliori perdenti nei collegi uninominali. Ma sarebbe stato decisamente peggio rimanere intrappolati in un sistema iper-proporzionalistico, dove la soglia del 40% del premio di maggioranza - alla Camera e solo alla Camera - avrebbe funzionato da incentivo alla frammentazione o a un uso ricattatorio del potere di coalizione.

Sarebbe stato meglio approvare questa legge senza la fiducia? Sì. Chiarito anche che la Consulta ha ribadito la legittimità costituzionale della fiducia sulle leggi elettorali, sarebbe stato meglio non metterla. Ma ancor meglio sarebbe stato da parte dei gruppi parlamentari che si ergevano a difensori della democrazia e della responsabilità dei parlamentari, evitare di richiedere il voto segreto: decidere sul sistema elettorale non è una “questione di coscienza”, ma esprime un preciso orientamento politico-istituzionale; votare sui criteri di selezione degli eletti non significa votare sulle persone e sulla loro libertà, ma sulle regole e sul funzionamento delle istituzioni. Che, poi, ad aver chiesto il voto segreto siano quanti chiedono di istituire il vincolo di mandato per deputati e senatori è stato semplicemente grottesco. Comunque, se era legittimo chiedere il voto segreto, è stato legittimo chiedere il voto di fiducia. Tutto rientra nel confronto o nel tatticismo politico-parlamentare, non nello scontro tra democrazia e non democrazia.

L’aspetto più problematico di questa legge - ed è curioso che nessuno l’abbia sollevato nel dibattito parlamentare - è l’enorme soglia di accesso alla competizione elettorale per le forze politiche che non fanno riferimento a gruppi parlamentari e dunque non dispongono dell’esenzione dalla raccolta firme. Cinquantamila firme da raccogliere in una settantina di collegi diversi, con procedure barocche, rischiano di essere un “muro” burocraticamente insormontabile.

Questa, comunque, è una legge elettorale; prima non ce n’era nessuna. E tra le molte che l’Italia ha sperimentato sul piano nazionale e locale nella travagliata storia della Seconda Repubblica, la legge Rosato potrebbe rivelarsi tra le migliori.

@bendellavedova