Dai mille sportelli di Antonveneta al progetto di banca online, la parabola di MPS è solo un esempio di come le banche stanno cambiando paradigmi e prospettive. Cercando di salvare il salvabile, per non morire. 

Anche i bancari hanno un cuore ma di questi tempi è sempre più difficile sentirlo battere. La categoria si trova proprio al centro della tempesta perfetta. Da una parte i banchieri - che pretendono budget irraggiungibili con pressioni commerciali esasperanti e nel frattempo tagliano, prepensionano, suggeriscono scivoli  - dall’altra i clienti che ormai vanno in banca con un nodo alla gola o pronti alla guerra per il fido da conquistare.  Nel mezzo loro, sepolti dai tabulati inviati dagli uffici marketing che dettano chi chiamare, a che ora e per quale prodotto. Lo stress da performance è alto. Stare in prima linea a fare da scudo o sentirsi come un operaio alla catena di montaggio del credito logora. Soprattutto chi ha conosciuto i fasti del passato, le 15 mensilità, gli orari ridotti, le gratifiche natalizie, le iscrizioni a fondi pensione generosi e circoli sportivi esclusivi. Non è mica facile vivere e lavorare così. Col mal di banca allo sportello. E con la concreta eventualità di diventare una categoria a rischio di estinzione.  A meno che la specie non si evolva. Perché nulla sarà più come prima nel sistema del credito, il processo è irreversibile. Ma i segnali di quello che verrà dopo non mancano, fortunatamente.

C’è chi una banca se l’è inventata. Come Andrea Orlandini, presidente di Extrabanca oggi controllata dalla Sator di Matteo Arpe. Tutto comincia quando l'azienda in cui lavorava Orlandini viene acquisita e, in sole quarantott'ore, si paralizza completamente. Deve cercare di ricollocare i suoi collaboratori e se stesso. Per i primi una serie di telefonate è sufficiente in quanto si tratta di elementi di qualità, giovani e non problematici. Per lui è più difficile, i risultati conseguiti in passato non sono garanzia di un posto futuro anche perché in Italia vige la regola secondo cui “B players hire only C players”, ovvero “giocatori di serie B assumono solo giocatori di serie C” al fine di ben figurare e non sentirsi insidiati da persone più capaci di loro. Orlandini sta fermo un anno, poi gli viene l’idea: costruire una banca dedicata agli immigrati dal momento che quelle esistenti non sono interessate o attrezzate a offrire loro servizi finanziari. È sicuro che il fenomeno dell'immigrazione sia un fattore cruciale di cambiamento dell'Italia destinato a durare almeno venti o trent'anni. La grande sfida è quella di rivolgersi alle 176 comunità di stranieri residenti in Italia. 
 
Oggi Extrabanca ha già due filiali a Milano e Brescia. E qualche mese fa ha aperto a Prato, puntando a fare il pieno tra i confezionisti cinesi (il target è contare 1.200 clienti entro fine anno). Nessun bancone con vetri e sportelli ma spazi dove i clienti potranno sedersi e interloquire con l’operatore nella propria lingua madre. Non solo, La filiale è aperta dalle 9 alle 19 sabato compreso, ma viste le abitudini locali si pensa a introdurre un orario 10-20. Entro la fine dell’anno verranno aperte anche una seconda filiale milanese, quindi a Roma e Bologna. Ma si pensa già anche a Firenze, Verona, Genova, Torino Modena e al Nord Est.
 
C’è anche chi ha fatto di necessità virtù. Come il Monte dei Paschi che si sta giocando l’ultima carta per evitare la nazionalizzazione. Colpa dei guai in cui si è ritrovata per espiare il peccato originale dell’acquisto di Antonveneta costato nel 2007 oltre 10 miliardi.  È il prezzo per uscire dall’isolamento, si disse allora. «Mps passa da 2000 a 3000 sportelli insediandosi nelle ricche regioni del Nord, indicate da sempre come il tassello mancante», si leggeva sui principali quotidiani.  Mentre l’ex presidente Giuseppe Mussari – oggi al centro delle note vicende giudiziarie – sbandierava l’operazione che aveva portato il Monte a diventare la terza banca italiana: «È una bella partita, la vinceremo e trarremo tutto il valore per cui abbiamo pagato», furono le sue parole pochi giorni dopo l’annuncio del blitz. Oggi Antonveneta è stata incorporata nel gruppo senese che conta di tagliare altre 200 filiali da aggiungere alle 400 per le quali era già stata decisa la chiusura (molte delle quali proprio a Nordest). E i nuovi vertici sono stati costretti a cambiare completamente rotta. Il nuovo piano di ristrutturazione da presentare all’Unione Europea fa perno anche sul progetto di banca online che rientra appunto fra le mosse di alleggerimento che devono essere varate dal Monte per quello che riguarda il numero di strutture, filiali e uffici. E ha già un nome: Widiba, acronimo di WIse (saggio), DIalog (dialogo), internet Banking (banca digitale). L’intenzione è fare concorrenza ai vari YouBanking, Fineco, CheBanca!, IWBank, Webank, istituti che offrono conti correnti online a zero spese. Non si tratta solo di abbattere i costi ma anche di entrare in un nuovo mercato dove ci sono logiche diverse rispetto alla banca tradizionale. Soprattutto rispetto al Monte dei Paschi che, ormai è evidente, se non cambia muore.

In questo nuovo mondo non servirà solo personale giovane che sia attivo sui social network, tenga in ordine le vetrine e in funzione i Bancomat. Servirà soprattutto l’esperienza dei “vecchi” direttore di filiale, di chi conosce i clienti per nome, di chi sviluppa nuovi affari guidando in provincia per vedere le nuove gru e i capannoni, di chi giudica il rischio di credito senza avere bisogno di sistemi di scoring. Perché nel nuovo mondo si dovranno correggere le distorsioni del passato con gli strumenti del futuro. E di un sistema che ha polarizzato le proprie gestioni aziendali più sull’immediatezza dei risultati che sulla durata degli investimenti, più sull’esaltazione delle specializzazioni professionali esterne che sul valore intrinseco del proprio personale interno. Quello che un tempo si chiamava il capitale umano.