Castellumberto proteste

Castell'Umberto, provincia di Messina. Più di 3 mila abitanti. E le barricate (del sindaco e di numerosi residenti) contro l'arrivo di 50 migranti in un ex agriturismo nel Comune a fianco (ma gli allacciamenti sono di competenza di Castell'Umberto).

Il primo cittadino del centro del Messinese ha tuonato di essere stato avvertito dalla Prefettura a giochi quasi fatti: "Violenza istituzionale". La sua lamentela ha anche dell'altro: la struttura sarebbe inagibile e morosa da anni su acqua e luce. Infine quella che pare l'evocazione della guerra tra poveri: "Nel nostro territorio abbiamo una serie di difficoltà e non si può chiedere solidarietà a una comunità che di solidarietà ha bisogno".

Mi soffermo su questa ultima affermazione per evidenziare (pochi lo fanno) che, salvo eccezionali casi di calamità naturali come alluvioni o terremoti, durante i quali effettivamente una intera comunità, senza distinzioni, viene messa in ginocchio all'improvviso, è difficile parlare di "solidarietà" per una "comunità", atteso che certamente anche a Castell'Umberto vi saranno gli indigenti e i ricchi, i disabili e quelli in piena forza, gli istruiti e uno o due analfabeti, i giovani e gli anziani non autosufficienti, gli occupati e i disoccupati. La solidarietà a pioggia è, forse, il modo peggiore di solidarizzare - e il meno onesto di chiederla.

Ma torniamo ai migranti. Il chiarimento prefettizio puntualizza che la struttura sarebbe stata invece agibilissima, che 25 dei 50 saranno presto ritrasferiti, che non c'era tempo per trovare una sistemazione per gli ultimi arrivi tramite l'apposito bando in vista del 24 luglio.

È il segno dei tempi: qualcuno s'affretta ad escludere il razzismo, ed in effetti la giustificazione addotta dal primo cittadino non pare di stampo discriminatorio. Il problema, come per la solidarietà, è che non è possibile generalizzare la motivazione dell'agire umano: i sociologi lo fanno, ma perdono molto tempo a limare i "tipi", come li chiamava Weber, o le categorie, insomma non è un lavoro a caso.

Catapultiamoci per esempio a gennaio 2017, a svariate centinaia di chilometri di distanza da Castell'Umberto. Siamo ora a Druogno, provincia del Vco, dove il sindaco (in scadenza, tra l'altro) lamenta che arriveranno 20 migranti in un Comune di poco meno di mille (ma, s'affretta a precisare il primo cittadino, il centro principale, frazioni escluse, ne ha poco più di 400).

Contrariamente a Castell'Umberto, la cosa si viene a sapere prima. Anche se per voci di paese che parlano di 40 arrivi. La prefettura, poi, smentisce un arrivo imminente. Di "violenza istituzionale" non v'è dunque traccia. Diversamente dal resto del Paese, l'accoglienza non è gestita da cooperative ma dal Ciss Ossola, una struttura finanziata dagli stessi Municipi che fornisce anche servizi sociali "ordinari" proprio ai Comuni, in prevalenza sotto i mille abitanti ciascuno e "di montagna", con quel che ne consegue. Una struttura quindi esente almeno dalle polemiche sui "soldi alle coop" e sul "business dei migranti".

L'infuocata assemblea nel Municipio di Druogno, con la presenza anche del parroco che pare essere sulla linea della non accoglienza, si conclude con la promessa di bloccare la Statale che sale in valle se dovessero arrivare i migranti. Durante l'assemblea, la figlia del proprietario dell'ex albergo (che interviene per precisare che i posti massimi sono 20 e che c'è stato solo un contatto col Ciss) si sente dire: "Spero che violenteranno te". E su Facebook qualcuno, che abita a 50 metri dall'ex albergo, scrive: "Abito lì, ho due figlie e non li voglio".

Se non è (necessariamente) dettata dal razzismo l'opposizione del sindaco di Castell'Umberto, che a parole si fonda sulla non agibilità della struttura prescelta, è profondamente, assolutamente, vergognosamente razzista non volere migranti perché si hanno due figlie donne: è lampante che il leone da tastiera attribuisce alla presenza di qualche migrante un aumento del rischio di violenza sessuale nei confronti delle due figlie. Così, è assurdamente e vergognosamente indefinibile tant'è disumano l'augurio alla figlia del proprietario di essere stuprata da un migrante. E l'unico partito ad avere preso una posizione ufficiale per stigmatizzare il superamento della linea di demarcazione dalla protesta legittima al razzismo è stato Radicali Italiani. I partiti locali, primo tra tutti il Pd? Non pervenuti.

Alcuni però notano che nemmeno questo è sintomo di sentimenti razzistici, bensì di avversione al caos in cui siamo immersi da anni. Sul caos hanno ragione: l'Italia non riesce in due o tre anni a implementare un sistema rapido per l'analisi delle domande d'asilo, di più: non riesce, in due o tre anni, ad accordarsi in modo decente coi partner europei per razionalizzare le operazioni di salvataggio umanitario e di accoglienza in tutto il continente. Non fa alcuna proposta seria su quello che molti chiamano "Piano Marshall per l'Africa", spesso evocato ma lasciato indeterminato.

Meno ragione hanno sulla natura di questi sentimenti. È certamente xenofobo per etimologia ("impaurito dallo straniero") colui che su Facebook scrive: "Fanno paura". E razzista colui che imputa allo straniero migrante, di per sé, un maggior rischio di stupro per le sue figliolette. È razzista colui che teme che una località turistica possa essere danneggiata nell'immagine in quanto vi saranno migranti. Costoro sono razzisti perché attribuiscono una differenza d'intenzioni e di comportamenti a partire da una tipologia basata sul colore della pelle e/o sulla provenienza. Tra loro, molti meridionali che vivono al Nord, che accusavano giustamente di razzismo i settentrionali diffidenti nei loro riguardi.

La realtà è che - grazie ad accordi locali, sempre possibili, e da ultimo al decreto Minniti che cerca di superare la limitazione alle possibilità lavorative per i richiedenti asilo - vi sarebbero molte, splendide "cose da far fare" agli stranieri migranti richiedenti asilo, intanto che li abbiamo. In una località turistica, ad esempio, c'è sempre qualcosa da fare: la pulizia delle spiagge, quella dei sentieri, la risistemazione di un monumento di paese e così via.

Ma più ancora, dovremmo tutti approfittare dell'occasione per approfondire la conoscenza reciproca. Noi, per esempio, dovremmo incominciare ad ascoltare i (terribili) racconti dei viaggi compiuti dai migranti lungo il continente africano, per comprendere che le vere vittime del fenomeno migratorio non siamo noi che ce li troviamo sul territorio, ma loro stessi, che affrontano un viaggio disumano (pieno di violenza, sopraffazioni, torture, stupri) che nessuno affronterebbe se non fosse costretto dalle sue condizioni di partenza.

Allo stesso modo, ai migranti che arrivano nei nostri Comuni dovremmo in primo luogo mostrare il nostro patrimonio culturale e paesaggistico, raccontare le nostre storie e la nostra Storia, farli sentire parte di un progetto che non si limita a due o tre euro al giorno e un pasto caldo. Farli sentire amici e farci percepire amici.

È evidente che il tema non si chiude così. È ad un livello ben più generale che vanno risolte le criticità legate al fenomeno. Quanto accogliere, perché accogliere, dove accogliere, come accogliere: tutti argomenti da affrontare a Roma e a Bruxelles. Così come il sopra citato "Piano Marshall per l'Africa", in ritardo di oltre trent'anni (e in pieno "secondo colonialismo" d'impronta cinese). Così come l'opportunità di riaprire finestre legali d'ingresso in Italia per chi cerca lavoro.

Ragionando laicamente sulle effettive opportunità e vantaggi per noi e per i Paesi d'origine, senza inseguire paure irrazionali che servono soltanto ad acchiappare qualche voto e senza rinunciare ad una narrazione che, con evidente timore, gli altri definiscono ora "buonista", ora "immigrazionista", ed è invece realista e concreta.

PS
Per dovere di cronaca. Il sindaco di Druogno, nel giugno 2017 dopo pochi mesi dall'episodio citato, è stato rieletto. Essendo l'unico candidato doveva vedersela col quorum del 50%. Ma i voti effettivamente arrivati a lui sono stati inferiori al 50%. Se non ci fossero stati elettori che si sono recati al seggio per annullare la scheda o lasciarla bianca, non sarebbe stato rieletto. Come a dire, la voce grossa sugli immigrati evidentemente non è così pagante alle urne.