renzi berlusconi

La sintesi del voto amministrativo è: ha straperso il M5S, ha perso il centrosinistra e ha vinto il centrodestra. Questa sintesi, però, per quanto veritiera, non dice assolutamente nulla dello scenario politico nazionale, in cui, stante il sistema elettorale proporzionale di lista dei due Consultelli e la realtà delle relazioni interne ai campi del centrodestra e del centrosinistra, oggi non sarebbe ripristinata, come molti si illudono, una dinamica bipolare, né consolidato il quadro tripolare del voto amministrativo, ma si scatenerebbe una guerra "tutti contro tutti" dagli effetti politicamente entropici.

In quello scenario, a tutt'oggi - con queste forze e volontà in campo e queste geometrie elettorali - l'unico governo potrebbe nascere dall'accordo tra PD e FI, con eventuali apporti centristi, sempre che i numeri lo consentano. La sola alternativa sarebbe quella di un governo M5S - Lega, una sorta della prosecuzione dello scambio che, come a Genova, ha visto nei ballottaggi gli elettori grillini premiare i candidati leghisti contro quelli "di sistema" del centrosinistra. In ogni caso né il centrodestra né il centrosinistra, allo stato dei fatti, esistono come soggetti politico elettorali nazionali. Se da una parte una sostanziale convergenza ideale (vittimismo, cattivismo, protezionismo, nazionalismo e vandalismo retorico), si scontra con una evidente contrapposizione di interessi (Berlusconi non può né vuole farsi comandare da Salvini e Meloni, e gioca a differenziarsene solo "stilisticamente"), dall'altra parte le divisioni sono politicamente più vere (il PD prova, e non sempre riesce, ad affrancarsi dal conformismo di sinistra), ma ancora più difficili da impacchettare in un’unica confezione, fosse pure meramente formale.

Sul piano nazionale come su quello locale, il vero vincitore rischia davvero di essere Berlusconi, non per qualche straordinario recupero elettorale (ha in termini percentuali meno dei due quinti dei voti che aveva alle politiche del 2008 e in termini assoluti probabilmente anche meno), ma per una pura rendita posizionale. Fermo lì in mezzo, con il gruzzoletto di voti che gli è rimasto, e con la ragguardevole potenza di fuoco mediatica disponibile, a fare il cattivo o il buono, il lepenista o il moderato, a seconda delle convenienze, Berlusconi è a tutti gli effetti il vero "centro del sistema". Non ha nessuna intenzione di raddrizzare il percorso di un centrodestra estremistico e demagogico, ma di lucrare sulla propria disponibilità a farsi, per l'occasione, "responsabile". Per due volte (Monti e Letta), ha sostenuto per convenienza governi di grande coalizione per sgusciarne fuori quando pensava ne fosse finita (per lui stesso) l'utilità. Si appresta a fare la stessa cosa nella prossima legislatura.

Il tripolarismo politico italiano si conferma così una somma di tre diverse ma convergenti debolezze. Tre campi politici angusti, due dei quali puramente "virtuali" e nessuno abbastanza grande per vincere, né abbastanza forte per governare. Tre "insufficienze" dissimulate da una boriosa rivendicazione di "autosufficienza", con un Cavaliere in mezzo, non sufficiente nemmeno a stesso, ma necessario a chiunque voglia fare un governo senza i 5 Stelle.