Aula montecitorio

L'avvio della discussione della riforma elettorale presso la Commissione Affari costituzionali della Camera fotografa una situazione di sostanziale impasse. Non c'è alcuna maggioranza su nessuna proposta di modifica dei due Consultelli licenziati dalla Corte Costituzionale e attualmente in vigore: il primo, quello della Camera, ottenuto cancellando dall'Italicum il ballottaggio, e il secondo, per il Senato, conseguente all'abolizione del premio di maggioranza, senza soglia minima, e delle liste bloccate dal cosiddetto Porcellum.

La proporzionalizzazione della legge elettorale, che comporta significativi rischi di governabilità in un sistema politico tripolare "paritario" (PD, M5S e destra forza-leghista più o meno si equivalgono), non è stata una scelta politica - è tutta farina del sacco della Corte Costituzionale - ma è diventata una trappola politica da cui è difficile, oggi, immaginare l'uscita.

Il relatore della legge elettorale, Mazziotti, che è anche Presidente della Commissione Affari costituzionali, è stato quindi costretto a presentare un testo base minimale, che uniforma, secondo gli auspici del Capo dello Stato, le leggi delle due camere sulla base dell'ultima sentenza della Consulta. Una scelta "tecnica" al momento obbligata, che consente di avviare la discussione, l'esame delle proposte alternative e la verifica della formazione di eventuali maggioranze su di esse.

Nel testo base del relatore vi è però anche una serie di norme di assoluta novità e buon senso, che rispondono a un problema ripetutamente sollevato, in particolare dai radicali, sulla natura intrinsecamente "anticoncorrenziale" della legislazione elettorale, nella parte relativa alla presentazione delle liste e delle candidature. Oggi, ad esempio, per presentare candidati alla Camera sono necessarie ben 1500 firme per ciascuno dei 100 collegi plurinominali in cui si suddividono le circoscrizioni regionali (per Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta valgono norme speciali).

Questo significa che una forza politica per essere presente sulle schede per la Camera dovrebbe raccogliere almeno 160 mila firme autenticate da figure (notai, cancellieri, dipendenti di comuni e province e consiglieri comunali e provinciali), che per legge non sono affatto tenute a svolgere questa funzione per chiunque richieda la loro collaborazione. Per il Senato, a legislazione vigente, le firme necessarie sono di meno, ma anch'esse cospicue, circa 65 mila.

Inoltre, le forze politiche che hanno gruppi parlamentari costituiti nella legislatura in via di scioglimento - e che in genere coincidono con quelle che hanno eletti negli enti locali: autenticatori autorizzati, ma indisponibili ad aiutare partiti concorrenti - godono del diritto di esenzione dalla raccolta firme. Le firme - tante e tecnicamente non raccoglibili - sono dunque un'incombenza che riguarda, di fatto, solo i soggetti extra parlamentari.

Esiste dunque, per usare un gergo antitrust, una quasi insormontabile barriera all'accesso al mercato elettorale, che premia in modo ingiustificato gli incumbent. Nel testo base presentato dal relatore Mazziotti per risolvere questo problema - che costituisce un vero e proprio vulnus democratico - si introducono correttivi assolutamente razionali. Il numero delle firme è sensibilmente ridotto (da 300 a 500 a collegio, per la Camera) e riportato a una proporzione ragionevole con le dimensioni demografiche dei collegi. Inoltre è prevista la possibilità di sottoscrivere liste e candidature con la firma digitale o la firma elettronica qualificata ed è consentito alla liste elettorali di indicare ai sindaci o ai presidenti dei tribunali competenti per territorio i propri incaricati delegati all'autenticazione delle firme. Non si darà più il caso, increscioso ma comune, di forze che non si presentano alle elezioni non perché manchino di sostenitori, ma perché prive di autenticatori "di partito".

Ci si augura che queste norme sopravvivano, quali che siano le modifiche del testo base che saranno votate in Commissione e in Aula alla Camera, e che la prossima legge elettorale veda tutte le forze politiche - le vecchie come le nuove - potersi finalmente confrontare ad armi pari. Il fatto che quasi nessuno abbia apparentemente notato o pubblicamente commentato queste innovazioni non ne rende purtroppo pacifica l'approvazione.

@carmelopalma