turchia hdp

Prima del 1945 la Germania non era mai stata un paese democratico, compatibilmente con ciò che si intendeva per “democrazia” nella prima parte del secolo scorso, l’ordinamento di paesi come gli Stati Uniti, la Francia e la Gran Bretagna.

Ovvero, lo era stata nel periodo tra il 1918 e il 1933, dopo la fine della prima guerra mondiale, un periodo poco fortunato noto come “Repubblica di Weimar”, durante il quale la democrazia era stata utilizzata dai tedeschi per consegnare i pieni poteri ad Adolf Hitler. Prima di allora l’esercito era l’istituzione che garantiva la tenuta dell’unità territoriale dell’impero, e un minimo di stato di diritto al suo interno.

Seppure le analogie tra la Germania di allora e la Turchia di oggi siano notevoli - anche la Turchia aveva nell’esercito le fondamenta del potere kemaliano, e anche in Turchia la democrazia è stata appena utilizzata per consegnare i pieni poteri a un satrapo - la premessa non serve a dimostrare che se dieci anni fa l’Occidente avesse investito sulla Turchia democratica come aveva investito nel secondo dopoguerra sulla Germania (ovest) democratica, oggi avremmo una Turchia felicemente e democraticamente incamminata verso un destino luminoso di pace e prosperità. Non abbiamo alcuna controprova, e le differenze tra i due paesi restano tali da impedire qualsiasi azzardo del genere.

La storia della Germania tra ‘800 e ‘900 però è utile in riferimento a un teorema che ha trovato nuovo vigore dopo il referendum turco, secondo il quale la democrazia, le libertà economiche e civili e lo stato di diritto sarebbero “non esportabili” al di fuori delle Colonne d’Ercole dell’Occidente per come lo conosciamo oggi. L’Occidente stesso sarebbe delimitato in uno spazio geografico ben definito, e “definitivo” nel tempo, e il fallimento delle Primavere Arabe (velleità democratiche spontanee) e delle guerre nella regione tra Siria, Iraq e Afghanistan (esportare la democrazia con la guerra) dimostrerebbero questo assunto, che oggi verrebbe confermato in via definitiva dalle vicende turche. Meglio sarebbe quindi, per noi occidentali, rinchiuderci nella nostra isola felice al di qua della diga e pensare a preservare le nostre istituzioni e le nostre libertà, piuttosto che covare vane speranze sul mondo intorno a noi.

In realtà i confini dell’Occidente - ovvero di quel sistema di valori civili illuministici, libertà economiche e istituzioni politiche democratiche che siamo soliti chiamare “Occidente” - non sono mai stati né definiti né definitivi. L’Occidente era collocato, alla fine dell’800, a ovest del Reno, e il Reno era una linea di demarcazione che separava civiltà diverse - diverse per valori e modelli istituzionali - e per gran parte della loro storia violentemente contrapposte. Una linea di demarcazione che si è spostata dopo la Seconda Guerra Mondiale lungo la Cortina di Ferro a seguito non di un accidente storico, ma di una scelta precisa e tutt’altro che scontata, ovvero quella di condurre al di qua di quel confine ideale nazioni quasi vergini alla democrazia - Italia, Germania, Giappone - responsabili della carneficina orrenda degli anni immediatamente precedenti.

Se all’epoca si fosse tenuto, tra i cittadini delle nazioni vincitrici della guerra e di quelle vittime della barbarie nazista, un referendum sull’opportunità di investire ingenti risorse politiche e finanziarie sulla ricostruzione economica, infrastrutturale e civile della Germania, alla sua “inclusione” nel consesso delle nazioni civili, avrebbe prevalso un No corale, probabilmente superiore al No con cui oggi risponderemmo all’ipotesi di una Turchia europea. Avrebbe prevalso il desiderio di rivalsa e di esclusione che aveva portato le nazioni vincitrici della prima, di Guerra Mondiale, a imporre condizioni insostenibili e umilianti a quel che restava degli imperi sconfitti.

E’ stata fatta invece una scelta consapevolmente diversa, inclusiva e coraggiosa, tutt’altro che scontata - certo, incentivata dalla necessità di resistere all'imperialismo sovietico - che ha spostato per la prima volta verso est il confine orientale dell’Occidente, prima che il crollo del blocco comunista lo portasse ancora più in là, dove si trova oggi, lungo il Bosforo e il Mar Nero. Per quale ragione dovrebbe essere destinato a non muoversi più da lì?