grillo porta porta

La discussione sui costi della politica (intesi nel senso del finanziamento diretto dei partiti e delle loro rappresentanze istituzionali e degli emolumenti degli eletti) parte da un presupposto storicamente falso. La loro esplosione è un prodotto post-Tangentopoli e post-referendum sul finanziamento pubblico dei partiti. Gli italiani tolsero nel 1993 alle forze politiche 82 miliardi di lire, per vederglieli restituire da parte dei massimi beneficiari dell’ordalia manipulistista (leghisti, post-comunisti, berlusconiani, dipietristi…) in misura incommensurabilmente superiore: in media 250 milioni di euro l’anno, per i successivi vent’anni, a titolo di “rimborso elettorale”.

Non è stato un eccesso di politica a decretare il successo dell’antipolitica. Il “dimettetevi tutti” non è la risposta “immunitaria” all’infezione del parassitismo politico, ma è il rovescio della stessa (cattiva) moneta. La retorica della questione morale non ha spazzato via, ma velenosamente nutrito l’ipocrisia di leader e partiti ormai rassegnati a parlare la lingua della menzogna e a far fronte nell’ombra alle proprie necessità. Esibizionismo e dissimulazione, doppia morale e doppia verità. Anche i grillini, ovviamente, ci stanno dentro in pieno, perché queste sono le regole del gioco. Scontrini on line, restitution days, ma incassi mensili dei “portavoce” del tutto analoghi a quelli dei normali “politici”.

In Italia non è possibile parlare seriamente del ruolo e dello statuto delle forze politiche, questione "quattrini" compresa, perché chiunque voglia parlarne seriamente rischia, come minimo, l’impopolarità e il sussiegoso sospetto della stampa perbene, ovvero di quel pezzo di "Casta" che con la retorica della “Casta” ha chiamato l’arrivo degli sfasciacarrozze. Se la politica, la rappresentanza parlamentare, il mestiere complicato del consenso e del governo è - nella vulgata - "merda", allora è inevitabile che merda diventi nella sua mediocrità quotidiana.

Ci sarebbe appunto il precedente di Tangentopoli, con l’icona di Batman Fiorito, che vent’anni prima di prosciugare i conti del gruppo forzista alla Pisana per soddisfare in modo sfacciato le goloserie più personali tirava monetine davanti al Raphael. Ma è un precedente non-racontabile nella neo-lingua antipolitica, cui anche la politica ufficiale sembra essersi arresa. Il rapporto profondo e spirituale tra il moralismo e l’invidia sociale trova in Italia molteplici incarnazioni: nella “lotta” alla corruzione, all’evasione fiscale, al fannullonismo, alle soperchierie quotidiane. Tutti mali di cui in Italia tutti si sentono vittime e nessuno responsabile e neppure partecipe; tutti mali di cui è comodissimo eleggere la politica a sentina o a metafora.

Come era prevedibile, l’abolizione del finanziamento pubblico, decretato dal governo Letta, non ha affatto rilegittimato i partiti e di sicuro non ne ha incentivato l’auto-riforma. Eppure, quello dei partiti come mezzi di produzione di idee e di classe di governo è un problema gigantesco e assolutamente strutturale, perché se si prova ad alzare gli occhi dai cedolini delle indennità e delle diarie parlamentari si dovrebbe vedere che l’Italia è di fatto l’unico grande paese europeo privo di un sistema politico, l’unica democrazia occidentale che si regge, quasi per intero su partiti personali o usa-e-getta, con una sola eccezione – quella del PD – che forse neppure sopravvivrà al referendum costituzionale.

Anche l’ultimo mese di campagna referendaria correrà quindi lungo il binario dell’ipocrisia anti-politica. In questa settimana, la proposta “taglia-stipendi” del M5S troverà in Parlamento opposizioni forse più oneste, ma altrettanto corrive. È realistico pensare che chi vincerà questa battaglia – chi darà l’idea di tagliare più teste e svuotare più tasche di politici, portaborse ecc. ecc. – uscirà il 5 vincitore dalla battaglia delle urne. Ed è comprensibile la risposta di Renzi, che ha nell’immediato il problema di vincere il referendum e che del mood antipolitico è stato un interprete assolutamente disinibito e quindi (forse) ancora credibile. Ma tra i tanti problemi che il 5 rimarranno comunque irrisolti, quello del perché si sarà vinto o perso questo referendum – l’utopia e la truffa ideologica della democrazia no-cost – rimarrà il più complicato da risolvere e da gestire anche in futuro.

@carmelopalma