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Caro Professore (per me resta innanzitutto tale, avendo avuto la fortuna di conoscerla sui banchi dell'università), oggi, con un’intervista al Corriere della Sera, si è schierato apertamente per il No al Referendum Costituzionale. Sono stato un appassionato sostenitore in Parlamento del suo Governo e resto convinto che quell'esecutivo fu coraggioso ad impedire il tracollo del Paese (molti che con me ne votarono tutti i provvedimenti oggi li rinnegano, della serie "finita la festa, gabbato lo santo"); poi sono stato un candidato non pentito (come altri sembrano) della lista Con Monti per l'Italia. Per questo la sua decisione mi colpisce e mi interroga e mi sento in dovere di una risposta. Perché, in dissenso da lei, voterò Sì con convinzione.

A differenza di altri che motivano il No con sofisticati e a volte eterei distinguo di ordine costituzionale, lei concede che la Costituzione riformata sarebbe "leggermente migliore della precedente". Il mio giudizio è decisamente più generoso ma, siccome è evidente che il meglio è nemico del bene, vorrei lasciare il merito della riforma di cui condividiamo con accenti diversi il segno "più" e venire alla ragione del suo No, cioè le modalità di ricerca del consenso del Presidente del Consiglio e della sua maggioranza e, in definitiva, la sua politica economica troppo accondiscendente. Potrei cavarmela dicendo, come penso, che la guida di Padoan e Calenda nei principali dicasteri economici è tutt'altro che disattenta ai temi della disciplina finanziaria e delle necessarie riforme strutturali, che molti oppositori di questo governo - come, per ragioni analoghe, anche del suo - imputavano e imputano alla cosiddetta "dittatura di Bruxelles". Comprendo comunque le ragioni delle sue preoccupazioni e dei suoi caveat.


Torno però al referendum. Il suo No è dunque onestamente tutto politico e di prospettiva per l’Italia. E qui il mio dissenso è profondo, perché se è in gioco il futuro del Paese e non il merito della nuova Costituzione, la scelta non può essere neutra: a fronte della sconfitta politica del fronte del Sì, vi sarà la vittoria di quello del No. Tertium, politicamente parlando, non datur. E se la preoccupazione è che l'azione della maggioranza e del Presidente del Consiglio non sarebbe sufficientemente consapevole delle necessità di riforme strutturali, controllo dei conti con occhio al debito e spirito di coesione europea, non ci si può non interrogare su quale visione dell'Italia e della politica abbiano le opposizioni che uscirebbero vittoriose con il No. È infatti evidente che a vincere non sarebbero le personalità, anche di grande autorevolezza, che si sono espresse per il No, ma le forze politiche che quel No capitalizzeranno sul piano politico ed elettorale. E saranno Grillo, Salvini, Meloni, forse Berlusconi con Brunetta e, a sinistra, qualcuno che proverà ad emulare Sanders o Corbyn, certo non Clinton o Blair.

Avranno vinto quelli che vogliono uscire (con o senza referendum) dall'Euro, non "correggere" ma "asfaltare" la legge Fornero - se non direttamente la sua autrice - istituire il reddito di cittadinanza senza neppure spiegare come condizionarlo e come finanziarlo, bocciare senza se e senza ma il Ttip, il cui negoziato il Governo italiano sta energicamente difendendo a Bruxelles. Che a suo avviso questo non influirebbe sulle decisioni degli investitori internazionali mi conforta, anche se continuo a vedere dei rischi.


A questo vorrei aggiungere il tema centrale dei migranti, sul quale Renzi ha il merito indiscutibile di avere fino ad oggi controbattuto con efficacia alla narrativa xenofoba dell'invasione, che alimenta il successo politico di molti in Europa e in Italia: con il No incasserebbero i sostenitori delle politiche di Orban, non quelli della Merkel; nel nuovo bipolarismo vincerebbero quelli dei muri, non quelli dei ponti; quelli del "chiuso", non quelli dell'"aperto".


Se, quindi, il suo No è motivato dalle conseguenze politiche, in rispettoso ma netto dissenso penso che con la vittoria del Si si manterrà la rotta verso l'Europa e l'interesse delle generazioni future, pur con qualche “strambata” ritenuta necessaria dal capitano per mantenere il vento in poppa nella gran tempesta trumpista e lepenista. Con il No, invece, festeggeranno coloro che vogliono cose opposte a quelle che continuiamo e continueremo a condividere.

@bendellavedova