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Con il Labor Day del 5 settembre scorso è partita ufficialmente la campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti: il primo passaggio importante sarà costituito dal dibattito televisivo che si terrà il 26 settembre.

Nel frattempo però, durante le commemorazioni dell’11 settembre, è avvenuto uno di quegli eventi che nel corso di una campagna elettorale presidenziale possono modificare i rapporti di forza tra i due candidati: il malore di Hillary Clinton e il modo nel quale è stata gestita la notizia hanno rafforzato una serie di dubbi nei confronti della candidata democratica, che è accusata di scarsa trasparenza (basti pensare al caso delle email) e per molti americani risulta poco degna di fiducia.

L’attenzione verso la salute dei candidati non è una novità (nel 2008 Obama e il suo rivale McCain dovettero rilasciare un corposo dossier sul loro stato di salute), ma in questa elezione può essere ancor più significativa, vista l’elevata età di entrambi i candidati. Inoltre Hillary Clinton si è finora sempre rifiutata di rendere pubblica la sua cartella clinica anche dopo una serie di episodi avvenuti durante il suo mandato da Segretario di Stato. Questo ha lasciato ampio spazio a teorie e indiscrezioni su presunte gravi malattie, fatte circolare nei mesi scorsi da siti di estrema destra e riprese dallo stesso Trump.

Ma perché è cosi importante conoscere lo stato di salute dei candidati? La carica presidenziale non prevede un ritorno alle urne in caso di malattia invalidante o morte del presidente in carica: è il vicepresidente a subentrare e a condurre la nazione fino alla scadenza del mandato. Ma è soprattutto la politica del Ventunesimo secolo che richiede ai candidati di dimostrare dinamismo, entusiasmo ed energia, poiché essi, come ha sostenuto il famoso pubblicitario Séguéla nel suo ultimo libro dedicato alla comunicazione politica, “sono diventati virtù irrinunciabili del potere”. Il presidente è anche il capo delle forze armate e la sua forza simbolizza la forza della nazione.

La personalizzazione del sistema politico americano mette al centro i candidati e negli ultimi decenni l’attenzione dei media e degli elettori ha toccato sempre più tutti gli aspetti della loro vita: famiglia, vicende personali e professionali, dichiarazione dei redditi, informazioni medico-sanitarie, relazioni extraconiugali. Basti pensare a quest’ultimo aspetto: i media erano a conoscenza delle molte relazioni extraconiugali di John Kennedy, ma non ne fecero menzione; al contrario, trent’anni dopo, Bill Clinton rischiò di vedere distrutta la propria candidatura alla presidenza da una serie di scandali legati a presunte amanti (pochi anni prima la carriera dell’astro nascente democratico, Gary Hart, era stata distrutta per una relazione con la segretaria).

La differenza tra Gary Hart e Bill Clinton fu probabilmente la gestione della notizia: Hart negò la notizia e quando fu evidente la relazione, gli americani non gli perdonarono di aver mentito. Clinton si salvò andando in televisione insieme alla moglie per ammettere che, in passato, il loro matrimonio aveva avuto delle difficoltà, ma che ora la loro relazione era salda. Durante la trasmissione 60 Minutes della CBS dichiarò: “Ho riconosciuto di aver provocato dolore nel mio matrimonio. Penso che la maggior parte degli americani che ci vedono questa sera capirà quello che stiamo dicendo, se ne renderà conto e sentirà che siamo stati del tutto sinceri”.

Bill Clinton dimostrò intelligenza emotiva e gli americani capirono, rispettando l’ammissione di una debolezza umana, considerarono la questione come un fatto privato tra lui e la moglie e rinnovarono la fiducia al candidato democratico che poi vinse le elezioni primarie e, in seguito, divenne presidente. Quell’episodio fu la riprova di quanto la capacità di gestione della propria immagine e l’abilità di comunicare ed entrare in sintonia con gli elettori siano fondamentali. Hillary non ha sicuramente la capacità empatica del marito, e continua a commettere gravi errori che rafforzano i dubbi su di lei.

Il problema per Hillary non è strettamente la polmonite, ma aver nascosto la notizia e negato finora l’accesso alla sua cartella clinica. Nuovi episodi potrebbero avere effetti devastanti sulla sua campagna. Hillary soffre di trombosi venosa profonda, che consiste nella formazione di masse di sangue coagulato nelle vene. Queste ultime, se non trattate per tempo, possono ostacolare la circolazione del sangue con possibili gravi conseguenze (compresa la morte). Ci sono stati già diversi episodi, ma il più grave è stato il coagulo alla testa scoperto nel 2012, in seguito ad una caduta che aveva provocato una commozione cerebrale. Dopo la convalescenza Hillary dovette portare degli occhiali e dichiarò di vedere doppio di tanto in tanto. Anche in quel caso le notizie sulla sua salute furono diffuse in modo incompleto e con grave ritardo, fatto molto grave dal momento che si trattava della responsabile della politica estera americana.

Se non vuole pregiudicare le sue possibilità di vittoria, Hillary Clinton dovrà modificare il suo rapporto con la stampa per mettere a tacere le voci di gravi malattie che sono riprese con forza e per recuperare la fiducia di molti elettori. Altrimenti la frase di Churchill “una bugia può fare il giro del mondo, mentre la verità sta ancora cercando di infilare i pantaloni” potrebbe assumere un particolare significato in questa campagna condotta da due candidati estremamente deboli.